Non parliamo più di vittorie a tavolino, di ricorsi e controricorsi, ma ricordiamo un momento amarissimo della storia granata che nel piccolo del mio nucleo famigliare fece sbocciare un nuovo amore: la passione di mia nonna per il Torino (era nel suo destino che si innamorasse del russ cume ‘l sang, passionale com’è e soprattutto dal momento che nacque nel 1927, anno del primo scudetto granata, poi ingiustamente revocato) Azz…, mi ero ripromesso di non parlare più di ricorsi e giustizia sportiva. Lasciamo perdere, ma rievochiamo cosa successe in quella soleggiata domenica del 2 aprile 1989. Al Comunale si giocava Torino-Pescara, entrambe le formazioni lottavano per non retrocedere. Se per gli abruzzesi poteva considerarsi un’abitudine, per il Toro rappresentava una novità e la pressione e l’ansia avevano fatto diventare il campionato in corso una tortura a fuoco lento. Splendeva il sole, dicevamo, e insieme ai miei genitori avevamo deciso di far visita ai nonni materni nel verde del Canavese. Avevo l’abitudine di giocare da solo in giardino con il pallone fingendo la telecronaca delle partite della domenica e pilotando a mio piacere i risultati, tra un dribbling e l’altro in mezzo alle rose. In sottofondo riecheggiava la voce gracchiante della radiolina sintonizzata su “Tutto il calcio minuto per minuto”. La partita del Torino, quella vera, aveva preso sin da subito una bella piega; Haris Skoro aveva portato in vantaggio i nostri dopo nemmeno un quarto d’ora. Il Toro sembrava potesse dilagare, attaccava e metteva sempre più alle strette la difesa del Pescara di Galeone. C’era un però: il portiere degli abruzzesi Gatta compiva miracoli su miracoli di fronte ai tiri dei nostri attaccanti. E secondo la legge del “gol mancato, gol subito”, era il Pescara a pareggiare con l’unico tiro della partita diretto verso la porta di Marchegiani. Il secondo tempo, ricominciava sulla stessa falsa riga del primo, sino a quando Leo Junior (il grande ex di turno nonché capitano del Pescara) atterrò Roberto Cravero in area. Il vecchio e il nuovo capitano che si scontrano a pochi metri dalla porta, da romanzo e da thriller. S’incarica della battuta proprio Roberto Cravero; alla radio la linea passa al Comunale di Torino. Mi fermo impietrito in giardino. I secondi che non passano mai e il pensiero che quella potesse era la volta buona per rilanciare le nostri sorti verso una salvezza tranquilla. “ Ecco Cravero che prende la rincorsa, tiro…. e Gatta para alla sua destra… Torino e Pescara rimangono ancora inchiodate sull’1 a 1..linea all’Olimpico di Roma”Scoppio a piangere a dirotto, inconsolabile e frustrato dalla delusione, sempre più cosciente che non è l’anno buono. Sono adolescente, senza ancora tanta esperienza, ma la sensazione che provai in quei momenti era di ineluttabilità della nostra sorte sportiva che pareva ormai segnata. Rientro in casa dove mia nonna stava bevendo una tazza di the. Si spaventa, le corro in braccio dopo aver gettato nello sgomento tutti i miei famigliari che non capivano. Fu mio padre a intuire cosa stesse succedendo e a spiegare il tutto. Mia nonna, ancora 62enne, nella sua ingenuità pensò di consolarmi esclamando con il suo forte accento piemontese: “Oh mimì, ma tifa per una qualsiasi altra squadra, così non ti disperi più neh”. Smisi di piangere, la fulminai con lo sguardo, lei capì tutto nel silenzio di casa. Non proferii più una parola sino a quando terminò quel pomeriggio e ce ne tornammo a casa. Da allora non c’è momento in cui non mi chiede del Toro e di come sto. Rimase rapita da tanta folle passione.Grazie nonna, per l’amore tuo e del nonno, ma soprattutto per la tua splendida poesia su Valentino Mazzola che parla dal cielo a suo figlio Sandrino.
mondo granata