mondo granata

Una giornata in Curva

Una giornata in Curva - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

La domenica mattina si dorme. Si dorme più che si può. E'l'unico giorno della settimana nel quale si può farlo, magari dopo l'uscita del sabato sera, della quale ci si ricorda soltanto la Bonne Esperance, o l’attesa per il tavolo da ping pong libero.Le 10, se possibile anche le 11.Quando ci si sveglia però, il pensiero vola istantaneamente verso l’impegno che la mente ti ha già ricordato.Sono già in ritardo, devo muovermi, devo sbrigarmi.Una doccia veloce e la voce di tua madre dalla cucina- Fai colazione o passi direttamente al pranzo?C’è una vena ironica che fingi di non sentire, anzi, controbatti con sarcasmo- Tutte e due insieme, devo fare in fretta.Lei lo sa già, neanche fosse la prima volta.Poi sbatti sul piatto un bel Long Playing, uno di quelli che puoi sentire a tutto volume, solitamente The Wall dei Pink Floyd.In modo tale che i vicini sappiano, in modo tale che il verbo si diffonda e che quell’oasi di arte invada anche territori che a prima vista ne sembrano così lontani.- Cosa ti metti per andare allo stadio? - è l’unica cosa che riesci a sentire prima che l’elicottero di The happiest days of our lives abbia la meglio sulla domanda materna.Lei alza gli occhi al cielo. Da quando si è messa ad ascoltare musica lirica, per te è l’inferno, ma oggi è domenica e non esiste Puccini che possa imporsi.I quattro Puccini del XX secolo, semmai, sono qui che stanno girando sul piatto, e che fanno parte del rito del Sabato del villaggio.Anche se è domenica.La serena ma agitata preparazione all’Evento.

 

Guardi fuori dalla finestra e vedi i tetti di una Torino amica. Lo stadio è da qualche parte laggiù, dall’altra parte della città.Fa freddo ma non dovrebbe piovere, pensi mentre le fette biscottate fanno a pugni col the.Il latte? Il latte sì, ti piace, soltanto che…Soltanto che non l’hai mai digerito, e non c’è bisogno di dire altro.Perché sai che dove andrai, non sarà un teatro con la corsia d’emergenza.Quindi fatti furbo e organizzati per evitare di stare male.

 

Un panino imbottito con il petto di pollo impanato dentro.Ti rimarrà sullo stomaco, ma è una cosa che adori. Mentre mangi guardando l’ora, lo sguardo ti casca sul libro verde, abbandonato sul divano almeno dal pomeriggio prima.- Oh mamma mia! - pensi. Te ne eri completamente dimenticato. Il libro di Latino.Ancora non hai capito a cosa ti servirà il Latino e qualcosa ti dice che non lo capirai mai.Il giorno dopo però hai un buon 50% di possibilità di essere beccato da quella bastarda e non hai studiato un accidente, ti mancano ancora 60 pagine e, per quanto ti racconti delle balle, SAI BENE che non ti basterà leggerle una volta per capirle.Ma sì, studierai al ritorno a casa, ovvio.L’hai già fatto tante volte, no?Hey? Rispondi, sii sincero?L’hai già fatto tante volte, no? Magari guardando 90° minuto, vero?Perché non rispondi?

 

- Cosa metti oggi? - chiede ingenua tua madre.Il giubbotto nero Fa l’aria da duro e incazzato col mondo. Incazzato con tutti meno che col Toro.Il foulard va annodato qui, sull’asola della spallina… poi quella azzurra del Gruppo Anti Juve legata in vita… e poi la storica, quella che hai comprato il 27 ottobre 1983, quella che magari potresti portare in giro per 30 anni e ancora non lo sai.Una striscia bianca con scritto FORZA TORINO e due strisce granata che corrono lungo tutta la lunghezza.La passi attorno al collo con cura, poi la incroci e la ripassi dalla parte destra.Stringi ed è annodata all’altezza del petto.Potresti anche sembrare Rambo, ma arriverà di lì a poco e sinceramente non tieni troppo a sapere chi sia.

 

L’amico di sempre ti aspetta alla fermata del tram.- Sei in ritardo di 10 minuti, qui finisce che non riusciamo ad arrivare al nostro posto.Non dici niente perché in effetti ha ragione. E’ mezzogiorno e dieci, ma dovresti essere lì già da un pezzo. Ci vorranno 30 minuti buoni per arrivare a destinazione, avranno già aperto i cancelli…La sagoma arancione del tram numero 10 supera la curva di via Sospello e imbocca via Chiesa della Salute. Attorno a te c’è già un drappello di ragazzi con addobbi granata e bandiere arrotolate attorno alle robuste aste.Qualcuno, isolato, aspetta in fondo alla vettura, anche se siamo soltanto alla quarta fermata dopo il capolinea.Il tram sferraglia acido con te seduto rivolto verso il centro della vettura, non certo allineato ai sedili.Ti senti più giusto così, più figo, con l’abitudine a tirare su le maniche di qualsiasi cosa tu abbia indosso, abitudine che forse non ti abbandonerà più per tutta la vita.Vivi di stupidaggini, ma quelle stupidaggini per te sono importanti.

 

La mente vola mentre il tram sfracassa e tu vorresti che quella gloriosa caffettiera si mangiasse la strada assai più velocemente.Vedi l’amico preoccupato - Che hai? - gli chiedi?Sogghigna sarcastico, poi tira fuori dalla tasca una serie di fotocopie spiegazzate. Sono tratte da un’antologia.- Domani mi becca senza speranza - ti spiega - e non ho studiato un cazzo. Allo stadio, costi quello che costi, appena arriviamo devo studiare. E magari anche nell’intervallo.Ti giri verso il centro della vettura senza rispondere e cercando di trattenere le risa.Ne hai visti tanti che partirono per studiare allo stadio e poi furono trombati, non in senso buono.Tu per primo.Ma sì, è giusto così, il gioco delle parti è anche questo. Fingere e mentirsi, rassicurandosi.- Le hai parlato poi? - cambi discorso sapendo bene che la faccia preoccupata dell’amico non era soltanto dovuta a Ugo Foscolo.Lui ha un piccolo gesto di stizza, che gli riesce ad arte. Non vedeva l’ora di parlarne. Deve aver tenuto tutto dentro per un po’.- No… non ho trovato il coraggio. Io la guardo, lei mi guarda… e gli intervalli passano così. Magari domani sarà la volta buona.Il tuo braccio è distrattamente appoggiato alla spalliera del sedile con fare da uomo vissuto. Quasi non ci fai caso.Eh sì, sospiri, chi non ha una persona alla quale non ha osato neanche ancora dire “Ciao”?Una persona che, non vuoi ammetterlo, ti ha rimbombato nei pensieri e nelle cellule lasciate sgombre dal Toro, in quei giorni.Quanto vorresti che fosse lì con te, sul tram,. Quanto vorresti che ti vedesse e ti ammirasse…Quella stessa persona della quale ti stai innamorando, ben dopo che ti sei innamorato dell’innamoramento stesso.Non ci penserai.Per almeno tre ore non ci penserai.Il Toro, lo stadio, la Maratona, è anche questo.Le preoccupazioni, le ansie, non entrano.Stanno fuori.

 

- Non ho il biglietto - dice il tuo amico improvvisamente.- E me lo dici adesso? - sgrani gli occhi- Non sono riuscito a prenderlo in prevendita… ho paura che stavolta o lo trovo dai bagarini, o devo finire nei Distinti. In Filadelfia mai! Oggi sarà pieno degli altri.Scuoti la testa mentre il tram si lamierizza verso Porta Susa, dove salgono una gran quantità di tifosi, che ti costringono a stare seduto in modo normale.Dai, maledetto, dai, dai… - pensi sottovoce. Una svolta a sinistra e poi una a destra.E poi, da Corso Tazzoli in avanti, tutto sarà dritto.Fino alla Maratona.La intravedi dai finestrini, ma potessi saresti sceso ben prima per poterle correre incontro.

 

Non c’è bisogno di prenotare la fermata. Tutti, ragazzi e adulti, scendono lì. Chi per andare in Maratona, chi per infilarsi nei Distinti.Alzi lo sguardo.Maledizione, hanno già aperto i cancelli da un po’. Sono le 12:40 e siete in ritardo nero.Intravedi molte persone nell’ultimo scalino in alto, quello delimitato da una serie di tubi che fanno paura. Quelli per i quali, dopo molti anni forse, potresti chiederti come mai non sia mai capitato nulla.In mezzo alla Curva, tra i cartelloni pubblicitari non ancora abbattuti da Schachner con le sue conclusioni a porta vuota, campeggia lo striscione CLUB GRANDE TORINO - ALE’ ALE’ TORO.Originariamente Gli ALE’ erano uno solo, giusto nel mezzo dello striscione.Poi all’inizio degli anni ’80 nel mezzo della Curva, ultimo scalino, era stato installato un tabellone luminoso ad una riga, essendo praticamente defunto quello della Filadelfia, e lo striscione aveva dovuto essere tagliato.

 

Non c’è tempo per pensarci, la staticità del ricordo viene travolta dagli eventi e dalla gente che attraversa il corso.- Che facciamo? Provo dai bagarini al Bar Stadio…- Lascia stare quelli lì, vedrai che troviamo ancora qualcosa… Attraversiamo Corso Agnelli e Corso Sebastopoli. Le biglietterie sono sulla sinistra. 7000 lire un intero, 1500 un biglietto ridotti.C’è una lunga coda ed il tuo amico ci si infila.Sbuffi e te la prendi un po’ con lui.L’orologio della Maratona urla inesorabile che è l’una meno dieci.Lo stesso orologio sotto il quale puntualmente si dà appuntamento metà della tifoseria granata, senza trovarsi.Banchetti addobbati di granata vendono sciarpe e gadget, sciarpe prevalentemente in lana, maglie con i primi sponsor.Stringi al collo la tua e scacci il pensiero.- Non avrai altra sciarpa fuori di me.

 

Altri 5 minuti, poi il biglietto arriva.La Maratona ha tre grandi ingressi, incanalati da transenne che hanno l’età di Noè, sulle quali tuttavia la gente si siede quando è in attesa dell’apertura dei cancelli.Nel momento in cui ti metti in fila tra persone che scalpitano, la tua attenzione è attratta da un rumore lontano.Nel cielo sta sfrecciando un piper che trascina uno striscione pubblicitario della Renault.Già lo sai, farà qualche giro, per poi tornare nell’intervallo a far mostra di sé.La fila scorre, quelli più avanti che hanno oltrepassato i controlli stanno già mangiando l’antistadio leggermente in discesa, verso la Curva.L’abbonamento è una tesserina rettangolare che si apre come un libro.L’addetto alle tessere pinza il numerino corrispondente e tutto finisce dentro il portafoglio in stoffa granata con la scritta SWEDA.Poco più in là, due tifosi stanno discutendo con un altro addetto.- Ma… questo è un abbonamento dei Distinti…- Lo so… sia gentile, ci lasci passare lo stesso…L’altro sbuffa, pinza l’abbonamento e li fa entrare.

 

Ti perquisiscono, ancora non ti chiedono se fumi, tanto per te il problema non si porrà mai.Poi tu e l’amico scappate verso le scale, ma prima c’è da sottoporsi alla gimkana tra i venditori di materiale granata, che hanno solo quell’occasione da non lasciarsi scappare.- Ohu, la maglietta dei Giants!- Hey, fermatevi! Il foulard dei Fedayn!- La sciarpa degli Ultras!- La colletta per il derby, ohu!

Alla fine qualcosa ci scappa sempre, poi finalmente sono le scale, che mangi a due a due.Prima di imbatterti nella gente che è già entrata.

La scala sbuca alla destra della balconata Ultras, più o meno dove sono piazzati i Leoni, ma la prima cosa che vedi, è la gente in piedi al primo anello.Che nessuno chiama così. Quella è Maratona e basta, al limite parte inferiore e parte superiore, che cavolo.La parte inferiore è rialzata da un alto scalino, rispetto al passaggio che corre sotto le balconate.E’ la parte dello stadio dove non sono state piazzate le “barriche” di ferro per separare la folla, che invece abbondano nella parte superiore. La gente in piedi sullo scalino più alto, ti impedisce la visuale, ma a quel punto l’interesse tuo e dell’amico è soltanto quello di arrivare a destinazione.- Dai, muoviamoci.

Non è la seconda stella a destra, ma la prima scala a sinistra, quella della balconata Ultras.Manca un’ora e mezza all’inizio della partita, ma la zona è già abbastanza piena e sai che ci sarà da sudare per raggiungere gli amici.Di fianco, legati alle balconate, i tamburi attendono di recitare il loro ruolo da protagonisti, più in là, alcune enormi bandiere sono appoggiate nella balconata ancora libera.- Permesso..- Scusate…Sai che devi farti valere, strisciare addosso alle persone e sovente spingerle, se vuoi avere una possibilità di arrivare lassù. La gente però grida e inveisce. Ti volti cercando di mantenere l’equilibrio mentre ti sostieni su un piede solo.La squadra avversaria, in giacca e cravatta, è scesa sul terreno di gioco per sondare ambiente e terreno.- Merdeeeeeee - grida una ragazza vicino alle tue orecchie.- Bastardi! - è la cosa più carina che si intuisce tra i fischi.Cerchi di salire.Permesso, scusa, permesso.Molti ti guardano storto, vagli a fare capire che tu di solito sei lì da molto tempo prima e che solo questa volta sei arrivato soltanto con un’ora e mezzo di anticipo.Soltanto con un’ora e mezzo di anticipo.

 

Il campionario umano è incredibile, pensi mentre lo scavalchi.- Siamo qui!- Hey, fateli passare!!!- Ci siamo quasi.Saltellando e spintonando, beccandoci insulti e miserie, ce l’abbiamo fatta, siamo in mezzo agli amici.- Siete rimasti addormentati, cazzoni?- Fate con calma, eh? Col cavolo che ci stringiamo la prossima volta.Si sono stretti.Sei aggrappato alla barrica, in equilibrio instabile, appoggiato sul tuo amico, che prova a sedersi con fatica.Ci provi anche tu, ma il sedere poggia sui talloni, lo scalino dietro è occupato e davanti hai la barrica.Ma sì, prima o poi gli equilibri si sistemeranno, devi soltanto pazientare.Tanto qualcuno, con la Curva che si riempie, comincerà a dire - Ohu, alzatevi, coglioni! Non ci stiamo più!Una persona seduta occupa più spazio di una in piedi.Era elementare per quei 14000 della Maratona.

- Allora, ragazzi, avete da bere?- Sì, è già passato Capellone e ci ha lasciato la stecca di birre.Capellone è l’eroico venditore pelato che, assieme ad altri, si avventura con la sua cesta di vimini in Curva, calpestando la gente e ricevendo in cambio sbuffi e insulti.Non sai, non hai mai capito come possa farcela, come riesca a spostarsi, a maneggiare soldi, a compattare file stipate di persone.- Ramazzotti, Cognac, chi vuol bere? - il suo incipit- Capo… mi dai un cognac?- Qui! Un Borghetti!- Ohu, una birra.- Ho soltanto 500 lire me la dai lo stesso?

La birra allo stadio nove volte su dieci è calda come lasciamo perdere cosa. Ma sai che ha il sapore della libertà, della conquista del piacere di stare tutti insieme.E del godere del tempo che manca all’inizio della partita.

Molti tifosi avversari sono già arrivati, e la sequenza è sempre la medesima.Parte qualche fischio e poi via con i primi cori sfanculizzanti, che culminano nel TORO-TORO liberatorio. Questo quasi fino ad un’ora dall’inizio, quando è come se ci si assopisca, in trance, per ricaricare le pile.

La Curva si riempie alla svelta, dapprima la parte centrale, poi più lentamente quella laterale.Un’ora prima dell’inizio, è già piena.E’ il momento delle riflessioni, dei pensieri, del restare soli con se stessi prima della Grande Impresa.Il volto carico, neanche fossi tu a dover scendere in campo.Guardi il tuo amico, stretto tra un energumeno ed uno che sta fumando allegramente e ti chiedi che fine abbiano fatto le sue fotocopie.Poi scuoti la testa e pensi al tuo libro di Latino a casa.A una ragazza nei tuoi sogni che neanche conosci bene.No… questo è il momento in cui il tempo si ferma.Questo non può entrare qui dentro.Quella roba resta fuori.

 

Sai che in Maratona stai diventando un fumatore passivo.Non puoi fare a meno di respirare quella roba lì, anche se non hai mai toccato neanche una sigaretta in tutta la tua vita. Quella cosa che ha un odore tutto sommato gradevole, mille volte meglio delle sigaretta, ma che non respirerai mai direttamente.Ogni tanto scorgi delle ragazze in balconata o insieme a qualche fortunato.Le ragazze che frequentano la Maratona sono donne da sogno, hanno quel qualcosa in più che ti fa venire voglia di ribaltarle seduta stante.Voglia e basta, naturalmente. Lo sguardo si scambia complice tra ragazzi, pieno di sottintesi, mentre il tempo scorre.

 

Nessuno è seduto in Maratona.Neanche nella parte inferiore, neppure nel piccolo parterre che si trova sotto la balconata della parte inferiore.Non c’è posto per chi vuol sedersi, che infatti si accomoda in altri settori.Anche i Distinti stanno in piedi, a parte le zone laterali.In tribuna ci sono accoglienti seggiolini color legno, ma in rettilineo non si sfugge alla regola del “tutti in piedi”.Il tempo scorre, l’ansia cresce.Quanto manca? Mezz’ora.Dagli altoparlanti posti tutti intorno alla cancellata che delimita i settori dal campo di gioco, la voce del caratteristico speaker dall‘accento piemontese, inizia la sequenza pubblicitaria.

Alcuni li conosci a memoria, altre provengono dal passato, ma i jingle ti portano in un luogo rassicurante

 

Ma che paese, straordinario, è il paese dell’incontrario… dove sia non si sa!

Io lo so ma non lo dico!

Lo sguardo spazia sugli striscioni conosciuti, ognuno rigorosamente al proprio posto.ULTRAS, LA NOSTRA STORIA E’ GIA’ LEGGENDA, recita un enorme drappo che corre lungo la cancellata in basso a sinistra, in posizione perfetta perché venga ripreso dalle telecamere.In altro, tra gli impressionanti piloni dell’illuminazione svettano la bandiera della città e una bandiera granata, più in basso, nei distinti, striscioni dei Toro Club che arrivano da fuori, o dalla cintura, qualcuno addirittura in piemontese

 

Giacu e Pinin, tifus sempre del Turin!

 

Apri gli occhi, hai trovato una posizione di equilibrio, anche se il tipo davanti a te è talmente alto che ti impedisce una visuale completa del campo. Cominci allora a spingere lentamente verso sinistra, come stanno facendo centinaia di altre persone. Sai bene che cambierai quella posizione almeno altre cento volte, ma il terrore di non vedere il campo non ti abbandona.Quando manca un quarto d’ora all’inizio della partita, qualcosa succede.E’ come un ruggito, la curva si risveglia e le mani si alzano.Qualcuno, con lavoro che non ha mai rinfacciato col termine “sbattersi”, nei giorni e nella notte precedenti ha confezionato centinai di sacchetti pieni di coriandoli, che sono entrati in Curva in grandi scatoloni di cartone.E’ tutto un volare di sacchetti, dalla balconata, dove sono seduti i capi tifosi, ma anche dalla parte superiore della Curva.- A me! A me! - Qui, uno!- Anche a me!- Uno quassù.Si cerca di distribuire i sacchetti in modo da coprire più zona possibile.Ti torna alla mente la volta che la Curva è stata divisa in settori e sono stati distribuiti pennacchietti colorati, che la coloravano tutta.Non passa domenica senza che sia organizzata una coreografia diversa, sempre spettacolare, talvolta ironica.Mentre sei lì, hai la sensazione di far parte di un gruppo di persone dalla mentalità superiore per il solo fatto di essere del Toro. Persone che non se la prederebbero mai con un fratello, anzi, il solo fatto di essere lì, ti fa sentire importante, ti fa sentire parte di una fratellanza, ti fa andare oltre i tuoi stessi limiti.Lo sai bene e quanti lo sanno e lo hanno saputo.Puoi essere nessuno fuori, ma li dentro, per la miseria, sei il Toro!

 

L’elettricità attraversa l’aria e i corpi.Hai paura, cominci a sentirla.Guardi l’amico e cogli la stessa sofferta concentrazione.Non puoi più muoverti, non puoi scappare e forse senti di far parte di un qualcosa di più grande di te, spettacolo al quale tu sei comunque fondamentale.Hai paura di venirne sopraffatto, di non esserne all’altezza.Ma quell’incoscienza collettiva ti da la forza.

- Barovero, l’arbitro del vostro arredamento, vi offre la lettura delle formazioni in campo…La Curva si scuote, tutti sono pronti.A subissare di fischi gli avversari, ovviamente.Quando tocca al Toro, è motivo di prestigio che tutti e dico tutti gridino OLE’ ad ogni nome di calciatore.In basso i bandieroni sventolano sulla pista di atletica.I coriandoli stretti nelle mani, se c’è una coreografia, va innescata soltanto al via dei capi tifosi.I nomi, gli OLE’, i nomi, gli OLE’.Alla lettura del numero 11 scagli verso l’alto i tuoi coriandoli, gridando, prima di essere investito da una pioggia di carta.Tieni la bocca chiusa, ma sai che al ritorno a casa (e chi ci pensa?) troverai quei coriandoli ovunque.Anche nei posti meno accessibili.O quasi.

 

Se c’è una coreografia la si tiene bene alta nei dieci minuti, tassativi, che intercorrono tra la lettura delle formazioni e la discesa in campo dei giocatori.Gli occhi sono fissi sull’omone dai grandi baffi e dal basco, vicino al tunnel degli spogliatoi, che parte proprio dalla Maratona.Sarà lui, Cucciolo a dare il segnale.Si volta verso la Curva e scuote le braccia.Dall’alto vieni investito dal bandierone.

Mentre sei lì sotto, che scuoti le mani, in un atmosfera rimbombante, ti auguri di non dover essere mai costretto a spiegare di cosa si tratta a qualcuno che non l’ha vissuto.Ancora una volta.Perché non ne saresti in grado.Il fumo acre dei fumogeni penetra sotto il lenzuolo.Ti passi la sciarpa sul viso e ti tieni basso, cercando di respirare.Non è drammatico.E’ poetico.Quando il bandierone torna in alto, è già partita l’Aida.

 

Da una balconata un po’ più in là, qualcuno sta cercando di spiegare un nuovo coro tramite un megafono. E’ il massimo dell’elettronica in Maratona. Per il resto la sonorità è lasciata ai tamburi.Ripensi a quando è stato che hai perso la voce la prima volta in Curva.Solitamente capita verso la fine del primo tempo, ma questa volta dopo soli venti minuti, cominci ad esserne senza.Il Toro di solito attacca verso la Filadelfia, durante la prima frazione, ma questa volta avviene il contrario e l’apporto consueto della Maratona, con l’arrembante secondo tempo, sarà più difficoltoso.

Il tifo è incessante e va oltre i limiti dei giocatori.Un giocatore è uno scarsone di prima categoria.Eppure la Maratona sottolinea il suo incedere, incitandolo, facendolo andare oltre il proprio scarsume.Non ci sono tifosi girati a far cantare alla cieca.No, ci sono tifosi seduti a metà sulla balconata, in modo tale da guardare quello che sta capitando in campo, interpretandolo.Nessuno mai si sognerebbe di far partire cori a casaccio.Non è importante il cantare, ma quello che si canta.

Eccoli lì, i capi tifosi, che neanche conosci se non di fama.Ognuno col suo soprannome, simboli di una generazione fortunata e carismatica.Professionisti, posteggiatori abusivi, tutti alla pari in quel tempio.Tutti, intuisci, che saranno un giorno da ricordare.

 

0-0 alla fine del primo tempo, la gara è ostica e inciti i giocatori al momento del ritorno negli spogliatoi.Poi puoi tornare a sederti sui talloni, o a cercare una nuova birra, stanco come se avessi fatto una gara di mezzofondo. Tale è l’intensità delle emozioni, che spesso vorresti prolungare il quarto d’ora d’intervallo, rendendolo quasi infinito.

Il ruggito della Maratona all’inizio della ripresa, intimorisce.Ogni tackle è sottolineato da un’ovazione, ogni recupero palla, ogni gesto di grinta.Magari condito con un coro di incitamento verso quel giocatore.La Maratona interpreta la partita.Da Milano giungono belle notizie, la gobba sta prendendo una valanga di reti, i boati si susseguono.Ma il risultato non si sblocca.Ti senti stanco, ma devi fare un ultimo sforzo.Poi Schachner va via in contropiede, quando oramai non te lo aspetti.Si presenta solo davanti al portiere.No, non spacca un tabellone.Questa volta lo infila con un rasoterra beffardo.

 

Hai già descritto molte volte quel momento.Gol.Tre lettere.Non sai, mentre fluttui e cadi su altre persone, non immagini che nella tua vita ti ritroverai a spiegare, a dover spiegare molte volte a chi non c’era cosa sia stato.Come potresti spiegare un gol in Maratona?, pensi mentre ti aggrappi ad un instabile signore per non venire travolto.Nello stesso momento in cui un tifoso sconosciuto ti sta strattonando da dietro per urlarti gol, non soltanto con la voce ma con la mente e col cuore.Un rimescolamento, ecco cos’è.La casualità che ti spara improvvisamente in mezzo a gente che non conosci e che ti abbraccia.E tu abbracci loro.Ecco, se dovrai mai spiegare che cosa sia stato un gol in Maratona, dovrai usare queste parole.Anche se, ridi e lo sai, sarebbe un millesimo di quello che è stato realmente.

Il cuore pompa a mille, ritrovi gli amici, l’amico di sempre.Altri sono finiti più in là.Altri ancora sono troppo distanti e li rivedrai soltanto fuori o alla prossima partita.- Mio Dio, Mio Dio… - dice il tuo amico nel vociare boatesco che non smette.- Mio Dio… Gol! Mio Dio, Gol!!!! - ripeti con occhi spalancati, travolto trascinato da una corrente più grande di te, che ti fa comprendere l’unicità del momento.Non fai in tempo a pensarlo e parte l’Aida.Anche se tu non vuoi, salteresti lo stesso.E’ il resto della Curva a sollevarti. Un movimento all’unisono tra puzza di fumogeni e la gola che brucia per aver urlato a squarciagola senza essertene reso conto.

A due minuti dalla fine, punizione per il Toro dal limite.Tira Leo.Vedi la palla in fondo al sacco.Un boato.

 

SILENZIO

Dove pensi di trovare le energie, caro ragazzo, per continuare a gridare in questo modo?Sei sicuro di avere la forza per affrontare questo dono di cui qualcuno di immenso ti ha omaggiato?Ce la faresti a vivere tutto questo per tutta la vita?Oh, lo so, tu non mi ascolti, mentre galleggi sugli altri, con gli occhi fuori dalle orbite, il cuore che piange una felicità che non sai spiegare.E allora, goditi questo momento, ragazzo mio, goditelo fino in fondo, tu che sei e sei stato fortunato da poterlo vivere.Sappi però che in questo mondo le cose molto belle hanno un prezzo da pagare, è una legge della vita, non l’ho fatta io.Sei disposto a sopportare questo prezzo, che un giorno potrà farti sanguinare il cuore, invece di fartelo impazzire di gioia?Lo so.Tu non mi ascolti.Quanto vorrei che tu non dovessi mai ascoltarmi.Lo sai?Lasciamo ripartire la storia, dai.

 

E’ finita da poco.Il tram sferragliante ti aspetta sotto la Curva.Presto ritroverai il tuo libro di Latino, le fotocopie non studiate, il bisogno di affetto irrisolto.Non ancora però, ci sarà tempo per questo.Ti senti distrutto e ti abbandoni contro il vetro, mentre il giorno lascia spazio alla sera.Distrutto di una stanchezza giusta, che ti darà benzina per giorni, settimane.Anni.Il tuo amico ha lo stesso sguardo colmo di pienezza.- Secondo te un giorno ce ne andremo dalla Maratona?- Eh?- Sì… non sto scherzando. Questa cosa…. così bella… avrà mai una fine?Scoppi a ridere, incosciente e sicuro che non sei altro. La Maratona ha fatto crescere anche te. sorridi, anche se un'ombra di tristezza sembra avvolgerti mentre rispondi.- Non dirlo neanche per scherzò. Chi è, chi mai potrà portarci via tutto questo?

 

Dedicato a tutte le persone che sono nate, cresciute e diventate grandi in quella Curva. Mauro Saglietti

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