mondo granata

Una ragazzina allo stadio

Redazione Toro News
di Silvia Lachello

Sabato 14 febbraio 2009. Caro Diario,sono tornata. Il viaggio è stato lungo, pieno di tensione e - meraviglia! - si è trasformato in un lungo momento di ilarità. Hai presente quando ti capita di vivere con un punto di domanda grosso come un palazzo sopra la testa per circa due mesetti? Mentre intorno e dentro si scatenano voci incontrollate ed incontrollabili? Mentre tutto sembra star per crollare? Poi arrivi alla fine del viaggio e scoppi a ridere, a ridere di cuore, a ridere così tanto che riscopri l'esistenza di muscoli addominali che giacevano addormentati da secoli.Aaaah, il potere della risata... è grande.Ti domandi anche perché accada a te, proprio a te, di dover penare così tanto per esistere, solo per esistere e poi pensi ad Ulisse ed al suo lungo viaggio per tornare a casa ed in fondo tutto assume contorni più semplici: non hai dovuto affrontare naufragi, ciclopi, dei  invidiosi, maghe.In verità li hai affrontati come fai da sempre ma fa lo stesso.E visto che già tanto si è detto e non mi piace parlare del Nulla voglio raccontarti una storia che, nella mia piccola vita, è già diventata mito.Quindi faccio qualche passo indietro e torno a settembre, lo scorso settembre.Toro contro Lazio, guarda che combinazione... non importa come finì: quella partita, nonostante tutto, portò con sé un dono prezioso.La partita di questa sera mi è piaciuta di più, decisamente.Ti dicevo del dono prezioso: vado a raccontartelo. 

Lunedì 29 settembre 2008

Caro Diario,ieri sono andata allo stadio con la Stefi, come al solito.Che bello andare alla partita a fine settembre: il sole è ancora abbastanza caldo ma l'aria inizia ad essere frizzantina.Che brutto uscire dallo stadio dopo una partita del genere.Abbiamo giocato contro la Lazio e contro l'arbitro, abbiamo assistito ad uno spettacolo indecoroso in campo.Mai mi era successo di urlare a gran voce ad un mio giocatore di non tirare un rigore assegnatoci per pietà.E di doverlo urlare di nuovo, pochi secondi dopo.Un'assurdità.

Vabbe'... ieri però avevamo un'ospite speciale con noi: la Nonna Olga.Ebbene sì, finalmente ce l'abbiamo fatta. La Stefi ed io stavamo cercando l'occasione giusta per portare la Nonna alla partita e l'abbiamo trovata: una giornata d'inizio autunno, quando tutto si fa più colorato.

Decisa la data è partita la macchina organizzativa.

Prima missione: trovare il biglietto. Una rapida consultazione con alcuni fratelli di fede ed ecco un biglietto tutto per la Nonna. Missione compiuta.

Seconda missione: abbigliare la Nonna. Giustamente voleva evitare di soffrire il freddo ed anche il caldo e contemporaneamente voleva indossare la sua maglietta granata. E dopo vari esperimenti si è deciso per un bel maglioncino di lana calda. La maglietta SOPRA al maglioncino. Così, per ribadire. Missione compiuta.

Terza missione: far vedere, purtroppo solo da fuori, i ruderi del Fila alla Nonna. E mentre percorrevamo lentamente in auto via Tunisi, via Spano, via Giordano Bruno ed infine via Filadelfia (nonostante la via vada a 'scontrarsi' con il Comunale è bello vedere come si lancia, infinita, verso le montagne), la Nonna scuoteva la testa, intristita. “Che malinconia...”, diceva, con quella O che in piemontese diventa U risultando in un MALINCUNIA che sa di dolore intimo ed difficile da esprimere. Missione (sigh) compiuta.

Quarta missione: parcheggiare vicino allo stadio. Ma qui il problema non si poneva... si sa: la Stefi trova parcheggio dove vuole (santa donna benedetta). Missione compiuta.

Quinta missione: percorrere il perimetro dello stadio (la strada è lunga) senza far stancare la Nonna. Nonna che per altro dà tanti punti quanto a sprint sia alla Stefi sia a me. Una donna d'acciaio. Secondo me le persone che mantengono curiosità nei confronti della vita si fanno più forti con l'avanzare del tempo. Eh sì, dev'essere proprio così... se no non si spiegherebbe la voglia bambina di un'ottantacinquenne di andare per la prima volta allo stadio. Di andare per la prima volta allo stadio a vedere il Toro. Il Toro!Sto divagando (sai che novità...). Percorrere il perimetro dello stadio, ti dicevo. Arrivate in fondo a corso Sebastopoli abbiamo cercato una panchina. Nonna Olga continuava a lamentarsi: “Chissà che cosa dirà la gente vedendo una vecchia come me con questa maglietta...”. E noi in coro: “Ma no, Nonna! La gente sarà solo contenta!”. E lei: “Ommmmimmmì! Guardate come mi guardano!”.Ed è stato lì che è passato un gruppo di sorelle e fratelli che ha ribaltato l'umore della Nonna.Attirati da quelle rughe di bellezza (poche rughe e tanta bellezza, a dire la verità) vicine alla maglietta granata, alcuni di essi hanno detto a voce alta: “Brava, Nonna, così si fa!” e lei si è illuminata di gioia.Basta veramente poco a rendere felice una persona, basta poco a rendere felice una persona che ha visto tante cose, che ha visto il mondo cambiare, che ha visto il Toro morire, che a dispetto di quella morte ieri era a vedere il Toro per la prima volta.Ma ritorniamo a noi. Ci siamo rimesse in marcia e siamo giunte ai tornelli. Missione compiuta.

Sesta missione: entrare e cercare un buon posto per la Nonna. E gira e sali e scendi... troviamo il posto. La Nonna si siede brandendo la bandiera. La Stefi ed io ci ripromettiamo di essere insieme allo stadio anche quando saremo rugose come la mummia di Tutankamon. Amicizia imperitura confermata e... missione compiuta.

Ottava missione: portare ancora la Nonna Olga allo stadio in futuro. Missione da compiere.

Aspetta un momento... manca qualcosa tra la sesta e l'ottava missione.

Settima missione: portare la Nonna Olga a vedere il Toro vincere. Toro, la Nonna tornerà allo stadio in primavera. Missione compiuta? Dai, per favore, Toro...

E così la ferita per una partita assurda è stata meno dolorosa, la Nonna Olga è stata magica anche in questo, ha ridimensionato una sconfitta trasmettendoci la sua felicità per aver realizzato un sogno. Ed anche insegnandoci, facendocelo toccare con mano, che non bisogna mai perdere la speranza, MAI.Voglio andare incontro al futuro del Toro con ancora più fiducia, facendola crescere di giorno in giorno, coltivandola con costanza, amando il Toro semplicemente perché il Toro è.

Il Toro è anche una ragazzina di ottantacinque anni e un pezzo che decide sia giunto il momento di andare a vedere la partita allo stadio, comunque vada. COMUNQUE VADA.

Ci sono giorni nella vita che andrebbero segnati sul calendario e celebrati al ricorrere della data.Io ho deciso di segnare il 28 settembre sulla mia Moleskine come “Il Giorno in cui Nonna Olga andò allo stadio per la prima volta”.Basterà leggere quella frase per riportare a galla tutte le emozioni, tutti i sentimenti.Un po' come quando capita di vedere e incontrare imprevedibilmente tracce di Toro dove meno lo si aspetta: in una bandiera granata in un'altra città, nell'appartenenza alla tifoseria da parte di un insospettabile al termine di un discorso casuale (ma se lo si ripercorre si capisce che il discorso sarebbe finito inevitabilmente lì), in un bimbo con un cappellino granata che spicca nell'oscurità di una miriade di cappellini bianconeri, nerazzurri, rossoneri.E a proposito dei colori testé menzionatli... ma son colori? Il bianco ed il nero non sono colori, il rosso e l'azzurro tecnicamente sì ma... boh, le strisce confondono.

Il granata no.Il granata ha un valore intrinseco ed univoco, non ammette sfumature, non ammette accostamenti, ha valore assoluto.Il granata è.

Grazie, Nonna Olga, per avermi dato una lezione.Grazie, Toro, per aver comunque reso felice la Nonna Olga.

Sì, devo smettere di chiamarla Nonna visto che non è MIA nonna ma la nonna della Stefi... ma per la proprietà transitiva degli affetti la sento un po' anche mia...

Poi ti devo raccontare meglio la storia del bimbo con il cappellino granata ma non adesso, non adesso...

Domenica 15 febbraio 2009

Caro Diario,quella era la mia piccola storia... sorrido ancora. Sorrido alla Nonna, sorrido alla storia, sorrido al Toro.E' liberatorio raccontare le piccole belle storie reali del proprio passato.Ridimensiona.Riconcilia.Restituisce alla mente ricordi accantonati.E non fa pensare, non più di tanto, ai danni provocati da certi punti di domanda.Si volta pagina per l'ennesima volta, magari ci si chiede “Perché sempre a noi?”, poi si fa un sorriso e via: ci sono ancora tante storie da vivere, raccontare, scrivere.Alcune devono ancora accadere: io ci sarò.