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mondo granata
Cesena è una trasferta da orticaria. Quei non colori, quella filojuventinità mai celata provocano forti allergie nei tifosi granata. Statisticamente il Dino Manuzzi è un campo difficile, dalla tradizione negativa. Proprio per questo motivo, preferisco esorcizzare la cattiva sorte che accompagna i nostri in terra romagnola ricordando una partita che segnò la svolta nel primo campionato dell’era Cairo. La gara si gioca a fine marzo 2006, di venerdì, in anticipo, per permettere la diretta televisiva sui canali pay-tv. Da subito, come sempre, appare una partita difficile. Ad inizio secondo tempo, il Cesena passa in vantaggio su rigore. Lo realizza il capitano Salvetti. Come volevasi dimostrare, l’equilibrio viene rotto da un episodio fortuito. Da questo momento succede però qualcosa che sempre più di rado ci ricorda quello che è stato il Toro. Accade che la squadra cambia marcia, si unisce, aggredisce gli avversari. Non ha timori di esporsi e chiude i bianconeri nella loro meta-campo. Pareggia il difensore Davide Nicola sugli sviluppi di una punizione. Non paghi, i nostri continuano a tenere in mano il gioco e raddoppiano poco più tardi con Luigi Martinelli, un altro difensore, che, non si sa per quali motivi, si trova isolato in attacco a tu per tu con il portiere avversario e lo scavalca con un goffo pallonetto. Un gol assurdo, ma significativo della caparbietà e del coraggio di una squadra tosta che nel frattempo era rimasta in dieci. L’arbitro, infatti, tra la rete del pareggio e quella del raddoppio, aveva espulso il serbo Lazetic per un fallo da doppia ammonizione. La tradizione di Cesena non si smentisce. Rigore contro e un uomo in meno proprio quando la squadra si stava risollevando, ma ciò non è bastato ad abbattere il Toro. Gli ultimi venti minuti sono di pura sofferenza. A fine partita, la vittoria si tinge di granata. E’ un’iniezione di fiducia che permette agli uomini di De Biasi di vincere sette degli ultimi otto turni di campionato. La vittoria di Cesena è stata una dimostrazione di forza di una squadra composta da uomini veri prima che da calciatori. Non stiamo parlando di una vittoria in Champions League, ma nel nostro piccolo vorremmo che tutte le partite si giocassero con la stessa volontà e determinazione.
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