mondo granata

Ventura Highway

Ventura Highway - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

I lettori di Toro News hanno una particolare fortuna: tutte le settimane, ogni venerdì, sanno che potranno godere di un nuovo racconto delle "Istantanee" di Mauro Saglietti. Per molti è un momento da gustare con calma, per cui, ci dicono, la stampano in ufficio per leggersela a casa; per altri, significa rubare un po' di tempo al lavoro... Tempo ben speso.

E' un onore per la nostra testata raccogliere la mai sopita ispirazione di Mauro. Uno dei suoi racconti gli è valso il premio "Sergio Rossi" 2007, Concorso di Letteratura Granata. E ora, siamo a 100: venerdì leggeremo la centesima Istantanea. Per avvicinarci a quest'occasione, nei tre giorni precedenti riproponiamo uno dei 99 pezzi fin qui pubblicati, scelti dall'autore. Cui auguriamo altri 100 (e anche più) di questi racconti, e che possiamo continuare a lungo a godere delle sue parole granata.

 

- Ne ho abbastanza! Ti dico che questa è una squadra maledetta! Sempre così! Sempre così! Tutte le volte la stessa storia!- Papà, calmati ora. Pensiamo ad andare via…- Non mi calmo un accidente! – ruggì l’uomo – Come è finita poi?- …4-2 – rispose sconsolata la figlia – Ha segnato Abbruscato…- Grunf! Puoi capire! Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! Lo sapevo che non dovevo venire! Hai insistito tanto, hai rotto le scatole alla morte e io mi sono lasciato convincere….- Ma papà! Sei stato tu a chiedermi di venire, a dire che eri troppo vecchio per andare a Mantova da solo….- …Avresti dovuto fermarmi. Me lo sentivo! C’era troppa euforia, troppa! Ricordati, è questa è una regola assoluta: quando c’è troppa euforia attorno al Toro, la sconfitta è nell’aria, inevitabile. Non siamo capaci a gestire queste situazioni…- Però potevi dirmelo che te ne andavi così di colpo! Che ne sapevo io? Mi hai fatto prendere uno spavento! Ti ho cercato per tutte le gradinate pensando che stessi di nuovo male! Quando te ne sei andato? Sul 4-1?Stefy conosceva troppo bene il padre e le sue stravaganze. In realtà non si era stupita per niente. Si era però preoccupata che il cuore del padre potesse fare altri scherzi. Andare a Mantova era stato un rischio.- Non mi ci far pensare – disse l’uomo, mentre cercava di uscire dal parcheggio, nelle vicinanze dello stadio - Andiamocene da questo posto – proseguì – Hai visto che razza di tifosi? E noi che gli abbiamo anche dato questa soddisfazione…! E’ sempre così! Era ovvio! Questa è sempre stata una squadra che ti porta alle soglie del paradiso, che ti fa vedere una bella tavola imbandita e poi non ti invita a pranzo. Quante volte è successo? Quante? – la filippica dell’uomo non accennava a placarsi - Quante finali di Coppa Italia, quante eliminazioni ai rigori, pali che non ti fanno vincere una finale… Ora basta, mi sono rotto, mi sono stufato. Domani parto.- Eh? Scusa? Ma dove parti? C’è ancora il ritorno, no? Vedrai che ce la faccia…- Non me ne frega niente del ritorno. Ora basta. Non ho più voglia di illudermi, di andare lì per vedere il settore ospiti che esulta. Stop davvero. E’ una vita che voglio farlo e domani lo farò. Punto e basta.Stefy sapeva che i dopo partita di suo padre erano memorabili. Quella volta però l’esasperazione sembrava non voler scemare. - E dove vorresti andare? Così tanto per sapere… - disse sorridendo- In Irlanda, ovvio.- Perché, non te l’ho mai detto? …Forse no…. Ora che ci penso forse no…- Io non ci capisco più niente…senti, perché non ci fermiamo lungo la strada a bere una bella birra? Così almeno mi racconti tutto e non pensiamo al Mantova…- Mi berrei una pinta di cicuta piuttosto…! Va bè, mettiamo quanti più chilometri possibile tra noi e questa gente, però!

Il ristorante dell’Autogrill era chiuso da qualche ora. Il bar lasciava invece a disposizione qualche posto a sedere nella tavola calda, dove si alternavano avventori dagli sguardi spenti come fantasmi. Molti erano tifosi di ritorno da Mantova. Un boccone che era davvero duro da ingoiare, per giunta indigesto.- Questa gente non merita tutto questo. – disse l’uomo - Sono stufo di assistere a queste scene. Basta, non sto scherzando. Domani me ne vado sul serio… Tra l’altro è tardissimo… domani dovrai studiare, no? Non hai l’esame a breve?- Sì, ma non ti preoccupare. Preferisco rimanere qui a parlare. E poi c’è la birra da finire, anzi, l’acqua tonica… Tu piuttosto, non sei stanco?- Io? Tanto sono gli ultimi mesi… con tutti i giorni di ferie che ho! E poi sono felice di non vedere quella gente. Telefonerò al mattino presto. Spero solo di trovare un biglietto aereo già disponibile per domani….- Ma papà, cos’è questa storia? Dove vuoi andare? Non farmi stare in pena…!- In Irlanda, te l’ho detto…- Qui diamo i numeri! In Irlanda a fare cosa? Dove vuoi scappare?- Io non scappo… sono già fuggito… tanti anni fa. Almeno, questo è quello che ho creduto per molti anni…- Scappato da chi? Mi vuoi spiegare?- da Molly. Da Molly Best.- Eeeeh? Chi?- Senti, io mi faccio un’altra birra, così ti racconto tutta la storia e almeno non pensiamo a questa dannata partita. Offro io.

Era stato tanto tempo fa. Era la primavera del 1976. Lavoravo e studiavo Architettura, una delle mie tante strade sbagliate. Alla sera frequentavo il “Bit”, il vicino centro d’interscambio culturale di Italia ’61, dove si incontravano studenti provenienti da molte nazioni. Non ero malaccio allora, avevo i capelli lunghi, un po’ come adesso ma molto diversi… Incominciavo a dipingere solo allora, anche se di rado, e in compagnia facevo la mia discreta figura. Diciamo che mi divertivo quasi tutte le sere – fece l’occhiolino alla figlia.- Già dall’anno precedente frequentavo tre amici, ragazzi simpatici, si stava bene insieme. Devi sapere che erano anni… diversi, come posso spiegarti? Del resto non sono quasi mai riuscito a spiegarti nulla… tu non li hai vissuti. In un certo senso erano più liberi. Oggi la gente si ricorda soltanto degli “anni di piombo”, ha dimenticato le cose belle, la creatività… la voglia di stare insieme… la musica! In ogni modo ci frequentavamo in quattro durante quei mesi. Era una bella compagnia, oltre a me c’era Nino il meccanico. Veniva dall’Umbria, anche lui studiava e lavorava. Poi c’era una mia collega di studi, o di tempo perso, Paola. E infine c’era lei, Molly. Nome intrigante, vero? Non mi ricordo più se il padre fosse olandese e la madre irlandese o viceversa. Mi ricordo soltanto che arrivava dall’Irlanda. Non aveva né capelli rossi né lentiggini. Ma gli occhi azzurri sì… blu quasi, me li ricordo… - si fermò per bere una sorsata di birra.- Ti piaceva dunque…- E molto anche! Non avevo problemi con le ragazze, ma Molly mi paralizzava. Sarà anche stato perché con l’Inglese facevo pena… Lei si prese la briga di darmi qualche lezione durante i mesi invernali, ma a parte questo sembrava abbastanza indifferente alla mia presenza. Quante sere abbiamo trascorso insieme, noi quattro, a cantare, bere e ridere!Nino era un gobbaccio e quell’anno lo presi allegramente per i fondelli. Il Toro era sotto di cinque punti rispetto alla gobba, ma ebbe un recupero sensazionale e la superò. Che ridere se ripenso a quei momenti, alla domenica del sorpasso! Nonostante tutto Nino era un buon amico ed io cercavo di spingerlo verso Paola. Paola era bruna, meno solare di Molly, forse più scaltra e maliziosa, e sembrava preferire me. Lo stesso Nino forse era attratto da Molly, ma all’epoca non ci feci molto caso. – l’uomo fece una pausa - Mamma mia quanto fa schifo la birra in un autogrill. Questa è acqua sporca…! – diede un’altra sorsata con una smorfia di disgusto –Arrivò la primavera e Molly terminò il suo corso, non chiedermi di cosa. Da tempo ci aveva preannunciato che sarebbe ritornata a casa, definitivamente. Avrebbe cercato casa in Irlanda, i genitori vivevano in Olanda. Sulle prime diedi per scontato il momento della separazione, tuttavia poco per volta la nostra compagnia si riempì di tristezza. Io in particolare, senza farlo vedere, mi sentivo strano e… smarrito al pensiero che non l’avrei più rivista se non di rado. Si sa che cosa fanno tempo e distanza. Alle volte in lei mi sembrava di avvertire una sua simpatia nei miei confronti sospetta… come il fuoco che covava sotto la cenere, per farla breve.Avevo frequentato diverse ragazze, ma la compagnia semplice di Molly era una cosa particolare. Non aveva grilli per la testa. Il suo sogno non era fare soldi, voleva aprire un pub sulle coste irlandesi, tutto qui… Bè, facciamola breve, suppongo tu sia già stata innamorata, no? Quando hai conosciuto coso… come si chiama il tuo ragazzo? Brontolo? Eolo? Mammolo? –La figlia sorrise, pensando al suo fidanzato che lei soprannominava Pisolo” per via delle grandi ronfate. Conosceva bene la sensazione descritta da suo padre ed il racconto, fatto di pennellate forti sulla tela dei ricordi, la stava catturando. Lei non sarebbe mai stata in grado di esporre i suoi sentimenti con tanta spontaneità. Era distante anni luce dal padre, eppure gli sembrava di scoprire davvero un’altra facciata della sua personalità poliedrica. - Dieci giorni prima della partenza di Molly – proseguì l’uomo – decidemmo che ci saremmo regalati una bella vacanza premio e l’avremmo accompagnata in Irlanda…- Chi?- Tutti noi. Io, Nino e Paola. All’epoca non era difficile ottenere qualche giorno di ferie, così per me e Nino non fu un problema. Lui poi faceva il meccanico, anche se alle volte mi sembrava vivesse di espedienti e non avesse radici. Da parte mia avevo qualche soldo da parte per poter visitare l’Isola verde. Paola era più giovane di noi e studiava soltanto, quindi aveva tutto il tempo libero che voleva. Molly accettò l’idea entusiasta. Quella volta compresi, dal suo sguardo felice, che forse stavo diventando qualcosa di più di un semplice compagno di canzoni attorno ad una chitarra.Gli altri prenotarono il viaggio di ritorno, quindici giorni dopo la data della partenza. Io no, sarei rimasto una settimana soltanto. Sarei tornato il 15 di maggio…- E perché? – chiese Stefy stupita – se vi stavate innamorando… Perché tornare prima?Suo padre restò a guardarla sperando che capisse da sola.Quello era il passaggio più delicato. Chissà se avrebbe compreso.- Già... perché? Quante volte me lo sono chiesto. Ci ho pensato per decenni…Che cosa sarebbe successo se non mi fossi mai mosso da lassù… Fu una scelta. E se anche solo conosci un poco tuo padre, sai che non avrei potuto fare diversamente.- Oddio… non mi dire che è stato per il…- Era il maggio del ’76… ti dice nulla? Non eri ancora nata, però quella data dovrebbe far scattare qualcosa nella mente. Il Toro stava per vincere lo scudetto ventisette anni dopo Superga. E io… non potevo mancare. All’inizio della vacanza non potevo immaginare che… - l’uomo si emozionò - …che sarebbe capitato tutto quello che poi sarebbe successo…. –La ragazza colse un lampo di commozione che il padre tentò di trattenere, cambiando improvvisamente discorso:- Ci avviamo? Domani per me sarà dura e devo avere tempo per trovare un biglietto aereo su internet…Stefania continuò a non capire se il padre fosse serio o scherzasse.

- Avevo portato il mio mangianastri, lo chiamavamo così. No, non era un registratore. Dentro un nastro con della musica da brividi. Partimmo da Milano. Nino e Paola seduti davanti. Io e Molly dietro. Era la prima volta che volavo e avevo una paura terribile. Lei mi tenne la mano dal decollo all’atterraggio. Incredibile. Proprio io che non ero mai stato a mio agio nelle cose romantiche, cominciavo a darmi del fesso ancora prima di tornare indietro. A Dublino noleggiammo una macchina, una “Marina Morris” verde e procedemmo a singhiozzo per i primi cento metri, impediti nella guida a destra. Quante cose riuscivamo a fare con quelli che pensavamo stipendi da fame… Ma... Stefy, ti interessa questa storia? Almeno non pensiamo al Mantova…- Moltissimo. Vai avanti.

- L’Irlanda era bellissima, mi piacque subito. Non è possibile raccontare quel paese se non con le immagini, con i colori e con il soffio del vento alle volte incessante. Le giornate trascorrevano tra cambi di clima continui. Sole, pioggia per cinque minuti e poi un sole dalla tavolozza di colori diversi… La luce tardava a spegnersi la sera. E’ bellissimo passeggiare in una di quelle spiagge sterminate e vedere i colori così intensi alle otto, alle nove di sera. Dormivamo in ostelli o piccoli alberghetti, accolti dalla burbera ospitalità della gente di quella terra Molly voleva che visitassimo l’Ovest, ci parlava sempre della sua regione, del Kerry, così dopo aver visitato mille posti l’uno diverso dall’altro, ci dirigemmo lì, tra un trattore e una strada sterrata. Ho come un flash, di noi che viaggiamo nel tardo pomeriggio verso l’Ovest, con il nastro che suona gli America… C’era un disco… era uscito l’anno prima, mi pare. America History, una raccolta dei loro successi… Tu non hai mai sentito parlare degli America, vero? Ventura Highway ti dice nulla?- Ehm… li ho già sentiti…- Che vergogna…! Come puoi? Ma che musica ascolti?- Mi piacciono i Radiohead…- Mamma mia! – brontolò l’uomo.- Certo che nessuno è profeta in patria! Hai mai pensato di dare un’occhiata alla mia collezione di vinili… di dischi intendo?- Ma papà! Ci ho provato una volta sola, quando ero piccola e tu mi hai fatto venire l’ansia! “Attenta a non farlo cadere!”, “Mi raccomando, pulisci il disco”, “Attenta, quella è un’edizione speciale…!”, “No, quello è il disco della mucca! Non toccarlo!”. E che cavolo. E poi che barba! Prendi il disco, mettilo sul giradischi, gira la facciata, puliscilo… che lentezza! Come facevate?Suo padre scosse la testa. La ragazza notò i suoi capelli grigi, legati in una coda ondeggiare vistosamente, anche al chiuso dell’abitacolo.- Ad ogni modo, l’avevo registrato prima di partire, su una delle vecchie cassette. Una di quelle da 120 minuti, quelle che si spezzavano e si attorcigliavano… già, ma per te è preistoria…L’uomo continuò il racconto.- America, Eagles… la nostra era una musica speciale, un giorno ascoltala, se ti capita. I miei scaffali ne sono pieni. La nostra Marina Morris aveva un’autoradio, ma noi le ascoltavamo nel nostro mangianastri bicolore. – si fermò per sospirare – Quante canzoni di quegli anni nel nastro! Take it easy, Tweedle deee- tweedle dum, We shall dance, Alone again, di Gilbert O’ Sullivan, un cantautore irlandese di Waterford, che Molly diceva di conoscere. Poi c’era il disco degli America… c’erano I need you, A horse with no name, Sister Golden hair. E naturalmente c’era Ventura Highway. Era una canzone particolare, speciale. Andavamo verso ovest, in direzione di chissà che cosa, ma ci sentivamo liberi. Erano anni particolari quelli, come posso farti capire? La mente mi si infiamma con questo ricordo della macchina che viaggia verso il sole dell’Ovest e il nastro che suona Ventura Highway. Forse io e Molly ci tenevamo già per mano, chi lo sa? Mi sembra che siano passati solo pochi istanti.

Ventura highwayin the sunshineWhere the days are longer,The nights are stronger than moonshine…

- Papà? Papà ci sei ancora? – intervenne la ragazza dopo qualche attimo di interminabile silenzio. - Cos’è questo? Un altro dei tuoi viaggi ad occhi aperti? Parlavi di te e Molly… com’era?- Oh, era una ragazza semplice e ogni giorno di più sembrava aprirsi. Quello poco che capivo del suo inglese, mi lasciava intendere la storia della sua vita, la storia di quella terra, il ricordo del suo fratellino, scomparso in tenera età. Trascorremmo così le giornate, io e lei mano nella mano, Nino e Paola più dietro, che discutevano degli argomenti più disparati. Quasi non ci accorgevamo della loro presenza… - Stavano insieme?- No, decisamente credo fossero abbastanza indifferenti l’un l’altro. Però da come li vedevo parlare sottovoce, sembrava che qualcosa stesse nascendo. Ad ogni modo visitammo il Kerry. Prima Killarney, una splendida cittadina su tre laghi, poi Waterville, un paese col mare di fronte ed un lago alle spalle. Il posto nel quale le sarebbe piaciuto vivere, mi disse.Ci spingemmo ancora più ad Ovest, ma il giorno della mia partenza si avvicinava sempre di più e avvertivo le sue mani che mi stringevano sempre più forte. Mi comunicava la sua tristezza con le sensazioni… non c’era bisogno di parlare. L’ultima sera ci trovavamo da soli sulla Marina Morris, Nino e Paola erano sulla scogliera. Eravamo su di un’isola, su di un enorme spiazzo erboso dove sorgeva una vecchia torre di osservazione della Seconda Guerra Mondiale. Di fronte a noi solo il sole basso, l’oceano sterminato e le note della canzone…

Ventura highway in the sunshineWhere the days are longerThe nights are stronger than moonshineYou're gonna go I know'Cause the free windIs blowin' through your hair…

- You’re gonna go, I know… - mi disse. Io però avevo già deciso. Glielo dissi solo in quel momento. Sarei tornato lì dopo pochi giorni. Avrei mollato gli ormeggi e sarei andato a vivere lì, con lei. Ora ti potrà sembrare folle, ma ti assicuro che non lo era per nulla.Non ho più conosciuto una donna che sapesse dire tanto con lo sguardo di un solo momento. E io non potrò mai dimenticare quella sera e quel momento, nel quale mi guardò negli occhi. La ragazza deglutì cercando di non farsi sentire, cercando di trattenere la commozione nel buio dell’abitacolo.- La mattina seguente salutai tutti di buon’ora e partii con l’autostop lontano da quell’isola e da quello spazio meraviglioso, con l’intenzione di tornarci per sempre… Ricordo le ultime parole che mi disse. – “I knew You would go. I’ll be waiting for you, silly boy” Capisci? - disse l’uomo - “Sapevo che te ne saresti andato. Ti aspetterò, sciocco di un ragazzo…” La baciai e me ne andai. Appena oltre l’isola, che era molto vicina alla terra ferma, mi voltai per l’ultima volta e guardai quel paesaggio indimenticabile.Stefy pensò ai quadri del padre, a quante volte il suo occhio era passato sopra gli orizzonti, dove la terra si confondeva col mare, senza che lei li avesse realmente guardati.

- La persi in quel giorno – proseguì l'uomo - quando mi girai e guardai l’isola dall’alto per l’ultima volta. Credevo di avere il futuro davanti e invece gli stavo voltando le spalle.- Ma perché, cosa successe? Che cosa capitò?- Senti… siamo quasi arrivati… cosa dici, ci troviamo un’altra volta, così ti racconto tutto? Ora sono stanco…- Non scherzare, voglio assolutamente sapere come va a finire questa storia…- Davvero ti interessa?- Voglio sapere. Non ti puoi fermare ora.L’uomo sospirò. Torino non era distante.- Forse fu il destino. Tornai in tempo per la partita. Fu una sensazione stranissima. Vincemmo il campionato e io ero una delle persone più felici al mondo. Poi il giorno seguente, quando mi stavo preparando per la fiaccolata a Superga, accadde l’imprevisto. Tua nonna, mia mamma, si sentì male improvvisamente. La portarono di corsa all’ospedale e per un po’ riuscì a rimanere tra la vita e la morte. Telefonai con mille difficoltà in Irlanda, sperando che i ragazzi fossero ancora su quell’isola. La linea cadde decine di volte. Alla fine riuscii a parlare con Nino. Chiesi di Molly, ma lei era sulla scogliera con Paola. Gli raccontai della situazione e gli dissi che non potevo allontanarmi, ma sarei ritornato quanto prima. Mi rispose dicendo di non preoccuparmi, perché avevano deciso di fermarsi per qualche giorno sull’isola. Gli dissi di portare i miei saluti a Molly… “Dille che mi manca” e riattaccai. La sera stessa mia madre se ne andò. Ero distrutto, come puoi immaginare. Ritelefonai il giorno seguente in Irlanda ma non trovai nessuno. Non ci feci caso. Ci furono le esequie e spesi molto di quello che avevo da parte, non potevo più permettermi un altro aereo. Ritelefonai ancora nel piccolo alberghetto, ma la signora mi disse che i ragazzi erano andati via. Rimasi di sasso, pensai ad un errore, forse dovuto al mio inglese. Furono giorni terribili. Non avevo un telefono a casa e aspettavo una chiamata che non arrivava a casa di mia madre, una casa sconvolta da ricordi ancora recenti. Nessuno si fece vivo. Non sapevo cosa fare e alla fine mi decisi a partire. Andai in macchina. Ritirai gli ultimi soldi che avevo, caricai il mio maggiolino e partii verso Nord.La ragazza seguiva la storia ormai completamente rapita dall’arcano.- Lo so che sembra una follia, ma io la feci. Guidai senza quasi mai fermarmi in stato d’ansia. Superai la Francia. Cercai un traghetto senza conoscere il francese. La macchina ovviamente si guastò e dovetti aspettare il giorno seguente perché fosse riparata. Occorsero quattro giorni perché potessi rivedere il profilo della mia isola. Mi avventai sull’alberghetto. Non c’erano più. Se ne erano andati tutti e tre il giorno seguente a quello della telefonata. Come era possibile? Dove erano spariti? Perché erano scappati così? Mi misi a cercarli per tutta l’Irlanda o quasi. Tornai a Waterville, a Killarney, cercai di contattare senza risultato la famiglia di Paola ma fu tutto inutile. Infine tornai ancora una volta sull’isola. Avevo i soldi contati per il ritorno. Salutai quel profilo e me ne andai dall’Irlanda. Avevo perso tutto. Gli affetti familiari, in pratica anche il lavoro ed un grande amore. Ma la cosa più terribile era che non sapevo il perché.Dopo qualche giorno a Torino venne a cercarmi Paola. Io ero in uno stato terribile. Mi raccontò la verità. Terribile verità. Molly aveva un ragazzo in Irlanda, che l’aveva raggiunta, con loro grande stupore. Lei e Nino erano ripartiti quasi subito per l’Italia. Lei era tornata a Torino e lui in Umbria. Non avevano voluto dirmi di persona una cosa simile e non immaginavano che io fossi già ripartito nel frattempo. Era una cosa incredibile, non capivo il motivo della finzione atroce di Molly. Aspettai una telefonata che non arrivò mai. Non potevo credere che quegli occhi mi avessero tradito ma… così fu. Paola mi stette accanto e mi curò quasi come una mamma…. Mi affezionai a lei e avemmo una storia…ecco, comunque siamo arrivati. Eccoci!Si voltò verso la figlia e lesse nei suoi occhi tutto lo stupore che una storia del genere poteva generare.- Ma… come è possibile un voltafaccia simile? Tu non l’hai più cercata?- Oh sì, la cercai eccome, anche se all’epoca non c’era internet…- E quindi? Niente?- Hai presente cercare una “Molly Best” in Irlanda? E come farlo con Mario Rossi in Italia. Un ago in un pagliaio. Spesi anche dei soldi per trovarla. Buttati dalla finestra, se proprio vuoi saperlo…- E Nino? Cosa ti disse?- Gli telefonai qualche volta ma… si rifece vivo dopo un paio d’anni. Disse che aveva un lavoro che lo coinvolgeva a tempo pieno, che un giorno sarebbe tornato a trovarmi. Non parlammo proprio di quel giorno. Non ci sentimmo più da allora.- Questa storia è pazzesca…- Non amo raccontarla… e puoi ben capire perché. Parla di felicità e ricordi tristi…- Papà… E’ lei la donna dei tuoi quadri? Sono quelli i paesaggi? L’uomo chinò la testa, vinto dalla sensibilità della figlia.- …in gran parte. Una volta ho cominciato un quadro che ha a che fare proprio con l’isola, con quella torre. Ma… non sono mai riuscito a finirlo. Manca sempre qualcosa… Bè… mi conosci meglio di quanto credessi!Lei lo baciò su una guancia e aprì lo sportello.- Saresti felice se la ritrovassi?- Che bella è la parola “felicità”… sì, se ritrovassi Molly e nello stesso tempo magari il Toro conquistasse la gloria… sarei felice! Ma questo è un sogno, non capiterà mai. Sarebbe bellissimo…! Bè, ora vai, ciao!L’uomo sorrise e i suoi occhi si aprirono con la figlia come mai aveva fatto in tanti anni.- Ci vediamo domani papà…- Guarda che parto sul serio, Ehi!…! Stefania…Stefy…La figlia però era già balzata nell’androne di casa.

La mattina seguente la ragazza fece girare le chiavi nella porta dell’alloggio del padre.Sapeva che doveva essere in ufficio, non aveva creduto alla storia della partenza, ma si sentiva inquieta.Quando però vide il cellulare lasciato di fronte al PC, si allarmò immediatamente. Lì accanto c’erano le sue medicine… lui non poteva viverne senza. Poi c’era un biglietto… per lei.Lo lesse e pianse.Corse in camera… nulla. Afferrò il telefono e chiamò prima in ufficio e poi il suo amico di sempre. Persino il medico.Era incredibile, non stava scherzando.Se ne era davvero andato.Presa dal panico pensò al da farsi e chiamò sua madre.- Mamma… sono io. Ascolta, papà è sparito.- Che cosa?- Non c’è! E’ andato via. Deve essere andato in Irlanda…- Perché, c’è il Toro che gioca anche lì?- Guarda che non sto scherzando! Ha lasciato chiavi e telefonino qui!- Neanche io scherzo! Se tuo padre si è allontanato, allora stai tranquilla che ci sarà il Toro di mezzo. E’ sempre stato così! O c’era l’allenamento, o c’era l’amichevole, o c’era la partita. Per quell’uomo c’è sempre stato il Toro. e poi i suoi quadri. E alla fine, se rimaneva tempo, la famiglia. Dio, quante ne ho passate! Ti ho praticamente allevata da sola. Dici che è andato in Irlanda – la donna fece una pausa strana – Sapevo che prima o poi l’avrebbe fatto… e che ci vada! Tanto ormai…- Che hai detto? Che significa?- Ti ha raccontato tutta la storia, vero? Lo immaginavo. Mi aveva detto che con te non lo avrebbe mai fatto. Bene, sappi che sono fiera di quello che ho fatto! E se vuole andare a morire, che ci vada!La donna agganciò il telefono.Cosa significava quella frase? Sappi che sono fiera di quello che ho fatto!Stefy ripensò ancora al racconto della sera prima, quel finale un po’ lacunoso. Ripensò alla Paola che l’aveva consolato dalla disperazione.Un dubbio cominciò ad insinuarsi nella sua mente.Quando si erano conosciuti i suoi genitori…?Mentre si perdeva nei pensieri, l’occhio le cadde quasi per caso su uno dei cavalletti del padre, piazzato sotto ad un davanzale. C’era una tela appoggiata sopra. Il quadro che non aveva mai finito.L’aveva visto quasi tutti i giorni, ma quella volta i colori si riempirono di significato.Un lembo di terra verde si perdeva nell’oceano. Poco più in là quella che poteva, anzi quella che era una torre di osservazione.Scattò in avanti e voltò la tela. Il padre annotava il titolo delle opere sul retro delle stesse.Com’era il titolo di quella canzone? Posò la tela e si mise a frugare selvaggiamente tra i dischi del padre. Erano disposti in ordine alfabetico. Non ci volle molto a trovare gli America e il loro “Greatest hits”. Scorse i titoli… A horse with no name, I need, you… Sandman… E poi Ventura Highway, ecco qual’era la canzone.Lo stesso titolo del quadro.

L’uomo allacciò la cintura di sicurezza.Era a pezzi e sentiva che le energie potevano mancare di colpo, come quella volta. Chiuse gli occhi mentre i motori dell’aereo rombavano, pronti al decollo.I pensieri tornarono alla storia che aveva raccontato alla figlia.Quanti buchi in quel racconto. Quante cose non aveva potuto dire.Per tutta la vita lui aveva avuto una storia poco credibile a cui credere.Fino al giorno del litigio finale, della separazione.Quante cose si dicono quando finisce un matrimonio, quante cattiverie, quale guerra si scatena.Paola… Paola… quello era un nome inventato…- Voglio che tu sappia una cosa! Siamo stati noi a organizzare Tutto! Io e Nino…!- Ma che dici?- Non capisci, eh? A lui piaceva Molly e gli rodeva nel vederti con lei. E a me piacevi tu. Ero vicino a lui, quel giorno, quando ha ricevuto la tua telefonata, non ero sulla scogliera. Lì c’era solo Molly, che ti aspettava… ah ah ah! Nino mi disse tutto e non ci fu bisogno d’altro, sai? Le raccontammo che avevi telefonato dicendo che non saresti più tornato, che non te la sentivi, che non la amavi, che avevi un’altra, che non volevi più sentirla. Che ti scusavi, ma non avevi il coraggio di dirglielo di persona. Fui io a dirle tutto questo! Proprio sulla “vostra scogliera”. Oh, avresti dovuto vederla e sentirla! Quanto piangeva la tua amichetta irlandese! Eh, sì, sarebbe stato sicuramente un grande amore il vostro… peccato! Pensa che lei voleva chiamarti, ma tu non avevi telefono. Giocammo sul sicuro. Ci pensò lui a consolarla, non ti preoccupare. Si fermò a vivere lì per un paio d’anni. Io invece tornai da te… ti volevo e ti ottenni, ti consolai dalla tua disperazione. Tu non potevi sapere, non avresti mai saputo. Tu eri la vittima di un abbandono… povero scemo! Credevo che avrei potuto avere qualcosa da te, ma mi sbagliavo. Tu non mi hai mai amata, non ci hai mai provato. Hai distrutto la mia vita e ora voglio che tu sappia chi è che ha distrutto la tua!!!Paola era solo un nome inventato. La quarta persona in Irlanda, la ragazza che lo avrebbe consolato al suo ritorno a Torino, era quella che sarebbe diventata sua moglie. La madre di Stefy.Non avrebbe potuto confessare alla figlia che sua madre si fosse resa protagonista di tanto.Si erano separati da anni oramai e lui non aveva voluto più vederla o sentirla.E Nino? Lui sì… sapeva dov’era, aveva fatto qualche ricerca. Era un assicuratore di Perugia, alle soglie della pensione. Che senso avrebbe avuto incontrarlo in fondo?Non c’era più tempo.I medici avevano parlato chiaro. Quello di qualche mese prima non era stato un episodio isolato. Poteva essere un mese, di più o di più ancora, chi poteva saperlo?Non voleva essere di peso, soprattutto nel cuore della figlia. Nessuno lo sapeva.Aveva lasciato il cellulare a casa, e le medicine…Pazienza, se il suo destino era quello, tanto valeva lasciarlo correre.C’era ancora una cosa da fare prima di arrivare davvero ai confini del mondo.

Le rispose la voce assonnata che conosceva bene e che, nonostante tutto, le piaceva tanto. - Pisolo! Svegliati! Immediatamente!- Eh? Ma che c…- Ascolta, ho bisogno della tua attenzione. Svegliati! Come fai a dormire ancora?- Ma che ore sono…? Sei tornata da Mantova?- Ascolta, mio padre è sparito. E’ andato in Irlanda. Devo andare a cercarlo, parto oggi…- Cos’è? Scherzi a parte? Ah ah! Avete sbagliato numero. Io non sono famoso. Arrivederci…- Non è uno scherzo. Non posso spiegarti più di tanto. Ci sono ancora dei posti per l’aereo di oggi pomeriggio. Cambio a Londra per Dublino… Vieni con me? Andiamo?- Ma tu sei fuori come una campana…! In Irlanda? Ma che cavolo! Non poteva andare a Borgaro tuo padre? Cosa è andato a fare laggiù… In Irlanda?! Perché non andiamo in Kenya allora? Anzi, ideona! Oggi andiamo in Bulgaria e domani, ma sul presto, facciamo un salto a Hong Kong! Ti va? Irlanda… Non ci penso neanche. Non sono così matto. Io torno a dormire.

Alle ore 17.30 un aereo si sollevò dalla pista di Caselle in direzione Londra. Di lì i due ragazzi avrebbero preso la coincidenza per Dublino.- Questa è una follia! Cosa faremo una volta là? Ma poi non c’è la partita del tuo Toro domenica? – disse Pisolo, un ragazzone con una folta testa di boccoli neri.- Il NOSTRO Toro aspetterà. Ora voglio ritrovare al più presto mio padre…- Che cosa farai… che cosa faremo laggiù? Dove lo cerchiamo? Da cosa iniziamo?- La ragazza sospirò: - Sinceramente non ne ho idea. Dal quadro. E’ l’unica cosa che abbiamo. Lo devo trovare, deve prendere le medicine…- Era proprio necessario portarsi dietro il quadro? Non potevi fotografarlo?La ragazza non rispose e si rosicchiò le unghie. Si rimproverava di non averlo fermato, la sera prima. Laggiù, oltre tutte quelle nuvole c’era suo padre. E lei doveva assolutamente trovarlo.

Guidare sulla carreggiata sinistra aveva sempre la sua razione di fascino.Come cambiavano i tempi. Non c’era più la “Marina Morris”, ma una Toyota e i mangianastri erano roba da museo.Com’era cambiata l’Irlanda attorno a Dublino, che poteva sembrare la periferia di una qualsiasi città, con capannoni e centri industriali.Quando però aggirò la città, in direzione Sud, l’Isola verde si rivelò per lo splendore che era. Un posto senza tempo dai mille colori, passassero pure le vetture nuove e le strade un po’ più larghe.Tentò indirizzare altrove i pensieri. Che strano Il Toro avrebbe giocato contro il Mantova senza di lui e per la prima volta non avrebbe saputo nulla. Meglio così forse, pensò.Sfiorò il taschino. Erano segnati tre indirizzi.Aveva rintracciato tre “Molly Best” in tutta l’Irlanda, che potevano corrispondere alla sua Molly. Aveva anche provato a telefonare, ma il suo inglese non era migliorato molto in tanti anni...Tre Molly Best. La prima viveva a Kinsale, nel Sud, la seconda a Killarney, nel Kerry e la terza…La terza viveva a Waterville…

- Did you see this man…?- I’m sorry… I cant’ remember… maybe yes, but I’m not allowed to give away informations…Stavano facendo il giro dei car rental dell’aeroporto di Dublino con la foto del padre di Stefy, ma la risposta era sempre la medesima.- E’ inutile – disse Pisolo – Non ci diranno mai nulla. L’unica è avvisare la polizia. Guarderanno i registri, anche se ci vorrà del tempo. E ora è tardi…- Qui anche i minuti possono essere importanti! – Stefy strappò il cellofan dal quadro con rabbia. Sollevò la tela e la mostrò all’allibito impiegato del car rental.- Do you know where this place is? – domandò con rabbiaL’impiegato scosse la testa stralunato, e si chiese per qualche secondo se fosse necessario chiamare la Sicurezza.- Come fai ad essere sicura che sia andato proprio lì? Magari ha rintracciato questa Molly altrove…- Non lo so… - la ragazza si sedette sfinita ai piedi del bancone. - Non lo so… è l’unico indizio che abbiamo.- Che facciamo allora, avvertiamo la polizia?

Killarney era diventata più turistica rispetto a come la ricordava, ma sempre un gioiello della natura.L’uomo trascorse la mattinata nei giardini della Muckross House, proprio di fronte ad, uno dei tre laghi del Killarney National Park.La prima visita, a Kinsale, la sera prima si era rivelata infruttuosa. La Molly Best di Kinsale aveva a grandi linee la stessa età della sua Molly, ma era decisamente un'altra persona. Era una donna sola cortesissima, che gestiva un Bed & Breakfast e che gli aveva anche offerto un thé, mentre lui raccontava la sua storia in maniera sgrammaticata.Killarney spalancava nella sua mente vecchie immagini di due ragazzi che si tenevano per mano di fronte al lago.Scacciò con rabbia disperata i suoi ricordi.Era sabato mattina. Quanto mancava alla partita del Toro? A Torino tutto l’interesse gli era sembrato così lontano, mentre adesso non avrebbe disdegnato qualche informazione, dai suoi amici…Killarney… un paradiso sulla Terra…Si avviò in cerca di Molly.

Decisero di tentare la strada della polizia soltanto nel pomeriggio di sabato, dopo aver portato la foto del padre in giro per i Bed & Breakfast della zona aeroportuale.L’agente della “Garda”, un omone pacioso che avrebbe potuto esercitare qualsiasi mestiere tranne il poliziotto, si rivelò immediatamente comprensivo verso i due ragazzi. Rintracciare una persona scomparsa non era così facile. Occorreva passassero almeno quarantotto ore dall’ultimo contatto, che in questo caso era stato l’arrivo in aeroporto, prima di allertare la centrale, ed eventualmente le pattuglie. L’uomo aveva in effetti noleggiato una vettura nel pomeriggio del giorno prima, ma le eventuali ricerche non sarebbero partite prima dell’indomani, quando sarebbero stati raccolti i dati e i nomi delle persone presenti nelle strutture di ricettività.L’agente, forse leggendo le loro espressioni scorate, tentò di rincuorarli amichevolmente. Poi però qualcosa attirò la sua attenzione:- Nice picture. Nice place! .I’ve been there…- Cosa dice? – chiese PisoloStefy sussultò per l’emozione – Afferma di conoscere questo posto… il posto del quadro! Do you really know this place? Do you know where it is? Maybe my father is there…- Yes of course I know…! Valentia Island, County Kerry. The place is named Bray Head!- Che ha detto? Che ha detto?- Dice che il posto si chiama Valentia Island. Nel Kerry, proprio dove pensavo. Dobbiamo andare lì! Subito! Due su tre. Non era neanche riuscito a parlare con la Molly Best di Killarney, sulla quale era riuscito ad avere informazioni dai vicini di casa.  Le sue informazioni erano sbagliate. Era una ragazza di 22 anni e tanto bastava per toglierla dalla lista dei sospetti.Era sabato pomeriggio e le speranze si stavano affievolendo. C’era ancora Waterville però, l’indomani.E c’era un pensiero ricorrente, che lo tormentava.Quando occorreva per attivare una linea telefonica mobile in Irlanda?Era una cosa da fare? Il suo amico di sempre avrebbe collaborato da Torino o lo avrebbe insultato per essersene andato?Il tempo stringeva. Cercò e trovò un negozio di telefonia.Entrò senza pensarci troppo e acquistò un cellulare.

- Ci siamo. Quella è Valentia Island. - Disse Pisolo alla guida della vettura che avevano noleggiato. Speriamo che tuo padre sia davvero qui.Stefania vide l’isola dall’alto. La macchina si era fermata in uno spiazzo. Poteva essere lo stesso posto che suo padre aveva descritto così bene?Avevano dormito poche ore in un Bed & Breakfast, poi erano ripartiti prestissimo per attraversare il paese e raggiungere quel luogo. Ormai era domenica pomeriggio tardi ed il tempo stringeva:- Dobbiamo trovare questa torre… vieni, Pisolo.

La Molly Best di Waterville non esisteva più. Era una signora passata a miglior vita soltanto l’anno prima.L’uomo sapeva che avrebbe perso e la sua ricerca folle era arrivata alla fine.Rimaneva solo una cosa da fare. Tornare dove tutto era iniziato e tutto era finito, e guardare almeno da distante il posto della sua felicità.Guidò svuotato di pensieri lungo il Ring of Kerry, imboccò la deviazione indicata dal navigatore e si avviò per le strade sempre più strette, fino a sbucare su di uno spiazzo, sopra una collina.Era lo spiazzo dove aveva visto l’isola tanti anni prima, prima di partire.L’isola era di fronte a lui. Valentia Island, la sua isola.Scese dalla macchina e rimase fermo in quel punto, lasciandosi investire dal vento della sera. Pensò con divertimento al fatto che il Toro gli dovesse una donna. E, ancora più divertito capì che se avesse vissuto cento volte, forse avrebbe fatto sempre la stessa scelta.Il sole si stava accomodando sulle sponde dell’Ovest.Laggiù, da qualche parte sulla sinistra, dove la collina scendeva verso il mare, c’era Bray Head, lo spiazzo con la torre di osservazione.

Ventura highway in the sunshineWhere the days are longerThe nights are stronger than moonshine

Non avrebbe proseguito.Non sarebbe andato fin laggiù.Non si torna sul luogo del delitto, sperando che la vita passi di lì due volte.Cosa avrebbe fatto ora? Cosa sarebbe stato di lui? Non poteva saperlo. Sarebbe potuto finire tutto anche lì. Anche del Toro mancavano notizie e la partita doveva essere cominciata da un bel pezzo. Aveva fatto bene ad allontanarsi anche da quella passione.Rientrò in macchina e si avviò in direzione contraria. Verso il nulla o verso la fine.Sobbalzò. Un trillo del telefono. Un messaggio forse.Inchiodò istintivamente e accostò. Come funzionava quel telefono? Trovò il modo di arrivare ai messaggi.“Rosina, 1-0” lesse sul display.Si abbandonò sullo schienale. Non bastava, bisognava fargliene due… il cuore prese a battere forte, troppo forte. Aprì il finestrino dell’auto e prese aria.Quello che vide avrebbe potuto ucciderlo, ma non lo fece.Di fianco alla macchina c’era una serie di cartelli stradali. Uno lo fece traballare.Indicava un pub di Portmagee.Il pub si chiamava “Ventura Highway”.

Il quadro si sovrapponeva perfettamente, al panorama.La torre, l’erba, l’oceano, le isole lontane.Non c’era nessuno, a parte una donna che passeggiava distrattamente con il cane poco distante dalla torre.- Il posto è questo, ma qui non c’è nessuno. Mi spiace Stefy. Mi sa che siamo arrivati tardi…- Non dovevo lasciarlo andare. Dovevo starlo ad ascoltare, dovevo prenderlo sul serio!La donna passò accanto a loro. Gli occhi di lei e di Stefy si incrociarono quasi casualmente.

Si ricordava di Portmagee. Era la cittadina immediatamente precedente Valentia Island, isola, che era collegata alla terra ferma proprio con un ponte che partiva proprio da Portmagee.Fece nuovamente inversione e tornò verso Valentia.Era una coincidenza che esistesse un pub di nome “Ventura Highway” proprio lì? Il cuore rimbalzava come una palla. La stessa palla che Rosina aveva buttato in rete a Torino.- Ancora uno, ragazzi! – si ritrovò a pensare. – Ancora uno!Gli occorse un po’ di tempo, per colpa delle insegne stradali in gaelico, per ritrovare Portmagee, identica ad allora, una piccola cittadina che si estendeva principalmente lungo la strada principale.Il Pub era sul limitare della strada, da lì apriva un’ampia visuale sull’Oceano.L’insegna verde, i caratteri bianchi.“Ventura Highway”.Cosa c’era dietro quella porta? Era una porta sul suo passato?Spalancò l’uscio ed entrò.Fu un attimo.Mentre tutti si zittivano, vedendo entrare uno straniero, il suo cell. emise il bip del messaggio ricevuto.Nessuno parlò, nessuno disse nulla, forse scioccati o forse sorpresi nel vedere l’uomo stringere i pugni ed esclamare “Sì, sì, si!”

Ordinò una mezza pinta, dopo essersi seduto al bancone.I volti, abituati ad imbattersi raramente in uno straniero, lo tenevano d’occhio con curiosità.“Due a zero”, pensò. “Muzzi, Muzzi!”. Sarebbe stato meglio non sapere nulla, non acquistare il telefono… E ora ci sarebbero stati i supplementari…. Quanto tempo ancora mancava? I suoi pensieri si confusero.

Le pareti del pub erano piene di foto di pescatori, non c’era traccia di donne.Il giovane barista però non era completamente un volto estraneo. Per un attimo gli parve che…Poteva darsi che fosse suo…?Rimase in silenzio e ordinò un’altra birra.Lasciò passare molto tempo, poi alla fine si decise.Chiamò il barista e tentò la fortuna.- I’m looking for Molly Best. Can you tell me where I can find her? –Cerco Molly Best… sai dove posso trovarla?Il tempo si fermò in un istante interminabile, sul volto del barista, con gli occhi spalancati.E il telefono fece Bip.“Nicola, 3-0” comparve sul display.Gli occhi del ragazzo si addolcirono.- Molly? Molly Best? Well…She’s in Valentia, at Bray head at the moment. She’s walking with the dog…E’ a Valentia, a Bray Head. Sta portando a spasso il cane

- Io… io lo so che mio padre è qui… lo sento… deve essere per forza qui…La scena era surreale. Il sole annegava nell’oceano. La ragazza inginocchiata in lacrime e il suo fidanzato in piedi erano illuminati, sulla cima del declivio che portava a Bray Head, da una strana luce dorata. La donna e il cane continuavano a passeggiare in lontananza attorno alla torre.Lui le accarezzava il capo, cercando parole che potessero consolare. Parole che non erano ancora state scritte.- Dobbiamo andare Stefy… Stefy… mi senti?La ragazza non rispose. Era comparso all’improvviso, non lo avevano visto arrivare.Un uomo stava arrancando con fatica lungo la strada che portava alla torre, lo videro da lontano.- E’… è lui! E’ mio padre…! Papà! Papà!!!- Non ci sente per il vento… - disse Pisolo.- Vieni… corri!

Quanto mancava?A che cosa però? Alla fine della partita o alla fine della strada?Quanto mancava ancora alla fine della strada sterrata che era obbligato a percorrere fino a Bray Head? Chissà se il posto era ancora lo stesso…E chissà invece com’era lo stadio, diverse migliaia di chilometri più a sud….Il suo orologio diceva che mancavano non più di cinque minuti…L’Ovest si illuminava dei colori delle regioni nordiche e le isole Skelligs sembravano un profilo affilato di cartone, come il Monviso nelle giornate terse.L’ultimo messaggio arrivato, quello del gol del Mantova, lo aveva raggelato…Siamo in dieci… è durissima…Cavalcava quella strada ormai quasi correndo.Sentiva che i suoi passi affrettati potessero aiutare i ragazzi con la maglia granata, che in quel momento stavano soffrendo.Quando sarebbe arrivato il messaggio con il finale?Il suo cuore forse avrebbe potuto scoppiare da un momento all’altro.Di felicità o di tristezza… quale sarebbe stato il suo nuovo bivio?Poi, tutto ad un tratto lo spazio e il tempo si spalancarono.

Tutto era identico a trenta anni prima, il declivio della collina, la torre vuota di Bray Head, il luogo dove avevano posteggiato la Marina Morris. Cosa sarebbe accaduto ora? Il suono di un sms lo scosse proprio in quel momento e catturò l’attenzione di un cane e di una signora che passeggiavano poco distante.Lo lesse. Non c’erano più bivi ora.Non c’erano scelte forzate.Sentì che qualunque cosa avesse scelto di fare sarebbe stata bellissima.

- Aspetta, aspetta Pisolo, fermati… - disse Stefy.Erano distanti circa duecento metri, quanto bastava per vedere il lontano tramonto irlandese, lungo il quale si stagliava il profilo del padre inginocchiato con le braccia levate verso il cielo in segno di gioia e, poco più distante quelli di una donna e di un cane che si avvicinavano lentamente.- Secondo te esiste la felicità? – chiese al ragazzoLui la guardò senza capire.Stefy alzò lo sguardo- Questo è il suo quadro più bello - disse la ragazza piangendo. - …è il suo quadro più bello. Mauro Saglietti

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