mondo granata

Viaggio allucinante

Viaggio allucinante - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

La prima volta che vidi Viaggio allucinante dovevo essere soltanto un ragazzino.La possibilità che esseri umani potessero essere rimpiccioliti a tal punto da viaggiare all’interno del corpo umano mi ossessionò per giorni interi, e dipinse a lungo i miei universi di favola.Scientificamente era una pagliacciata, una trovata hollywoodiana. Ora però, a distanza di tanti anni, sono qui sdraiato in questa sala spoglia, tra macchinari che mi tengono in vita. E so che c’è qualcuno dentro di me.I miei pensieri sono ormai senza memoria e potrei ritrovarmi a ripensarli tali e quali tra meno di un secondo.Il proiettile ha fatto troppi danni e ha devastato le porte del viaggio.Non potrò più tornare indietro.Mi sono rimasti i ricordi lontani e un po’ di conoscenza.Forse stanno venendo a prendere quella…Li sento risalire nel mio braccio. Sempre più su.Leggeri come il nulla, piccoli come atomi.

 

- E’ stato trovato ad un chilometro da qui, ieri sera. Nessun documento, nessun tesserino di identificazione. Doveva essere uscito da una festa in maschera. Indossava vestiti vecchi…, non consunti ma vecchi. Sembravano quasi usciti dal secolo scorso… – Il Ricercatore scosse la testa e indicò il corpo steso dall’altra parte del vetro, un uomo dal volto deturpato che doveva avere superato i sessanta da un pezzo – Gli hanno fatto un buco in testa, probabilmente è rimasto vittima di un tentativo di rapina. Il proiettile è penetrato nel cervello, ma le funzioni vitali non sono ancora irrimediabilmente compromesse. In pratica non potrà mai più risvegliarsi, però…Il Ricercatore fece una pausa carica di significato e guardò i due giovani di fronte a loro. Aveva una quarantina d’anni e il modo di fare ironico e un po’ cinico di chi da tempo ha smesso di addobbare i propri discorsi con troppi orpelli. I suoi modi spicci nascondevano una profonda professionalità.- Mi sembra di averlo visto gironzolare qui attorno – disse Sentenza, il giovane pilota - Ho l’impressione che fosse l’altro giorno quando siamo usciti per pranzo… c’era anche lei… - si rivolse al superiore.Il Ricercatore fece spallucce – Sinceramente non ricordo… e la faccia è andata. Ma non è questo il punto della nostra discussione… Il responsabile del pronto soccorso qui vicino è un mio caro amico. Quando lo ha visto ha subito pensato a… al nostro progetto. Non c’è molto tempo da perdere, ragazzi, ve lo dico con franchezza. Questi casi sono ai limiti della morale e all’inizio della Scienza. Ma nessuno verrà mai a reclamare questo corpo. E forse sarà proprio lui a fornirci l’opportunità di salvare molte vite umane…Sentenza squadrò il Ricercatore, cercando di capire se quell’invito nascondesse un consiglio, un obbligo oppure un ordine. Poi sbirciò brevemente Valentina, la giovane neurologa della Farmachem, la ditta farmaceutica presso la quale lavoravano entrambi. Lei rispose strizzando gli occhi neri.Si erano baciati cinque minuti prima, in un corridoio, poco prima che il Ricercatore li chiamasse a rapporto. Per la prima volta, dopo mesi di sguardi, dopo che l’innamoramento di Sentenza aveva raggiunto livelli impensabili. E ora si trovavano a pochi centimetri l’uno dall’altro senza potersi sfiorare.- L’impresa è molto rischiosa, me ne rendo conto – proseguì il Ricercatore. Siamo soltanto agli inizi di questo tipo di sperimentazione. E le aziende hanno investito miliardi nelle sonde Modulo. Qui non si tratta più di cadaveri da obitorio, nel quale effettuare delle prove. Questo è un corpo ancora in vita che… potrà aiutare la scienza. Sentenza, Valentina, voi siete i migliori del gruppo. Posso contare su di voi?

 

Non era la prima volta che Sentenza si sottoponeva al processo di miniaturizzazione, detto di “riposizionamento”, ma le volte precedenti aveva condotto la sonda medica “Modulo” soltanto per brevi tratti all’interno di un uomo deceduto da poche ore. E poi naturalmente si era sottoposto a ore e ore di simulatore. Aveva 24 anni e lavorava all’interno della Farmachem da due, dopo la laurea universitaria. Paga eccezionale, discrezione massima. Non erano ammesse violazioni al regolamento aziendale.Tanto meno relazioni sentimentali tra persone facenti parte dello stesso gruppo.Il bacio con Valentina era stato qualcosa che veniva da lontano, ricercato, sospirato e sorprendente in un universo tanto asettico.Sarebbe stata la sua compagna di viaggio. Lui era un ottimo pilota e lei avrebbe saputo interpretare le visioni e immagini scatenate dal cervello umano, una volta che ne fossero stati all’interno.Non tutti potevano effettuare il servizio di riposizionamento. All’interno del loro gruppo, erano solo in cinque. Tre piloti e due psicologi.Ma a quanto pareva lui e Valentina erano i migliori, ed erano stati scelti per quella difficile missione.

 

La luce inondò la capsula in modo soffice.Riprovò le stesse sensazioni già provate nei test. Vide il colore rosa. Altri avevano provato una sensazione di serenità. Altri si erano messi a ridere istericamente.  Risa disperate di fronte all’ignoto – pensò, all’interno della Navicella Modulo, mentre il laser li riduceva a dimensioni atomiche.Strinse la mano a Valentina, che ricambiò.Come si sarebbe concluso quel viaggio? Il loro amore sarebbe stato messo in pericolo?Sentenza sospirò.Nessuno poteva vederli laggiù, nascosti tra gli atomi.

 

Il punto di ingresso fu il braccio dell’uomo.La navicella venne iniettata in vena attraverso una siringa elettronica.La sala operatoria del centro Farmachem era stata preparata con cura. Molti tecnici avrebbero monitorato le funzioni vitali dell’equipaggio ed il Ricercatore sarebbe stato in costante contatto audio con loro.

 

Entrati nella vena umana, Sentenza e Valentina si ritrovarono proiettati in una moltitudine di colori cangianti. I globuli rossi sfrecciavano veloci e Sentenza, aiutato dall’elettronica, guidò la navicella meglio che poteva, per evitarli.Per circa novanta minuti i globuli bianchi non avrebbero riconosciuto la navicella come un organismo ostile e li avrebbero lasciati in pace.Novanta minuti entro i quali avrebbero dovuto essere fuori da quel corpo.Sentenza si concentrò sulla guida, ma una filastrocca persa nel tempo gli tornò alle labbra.

 

Trotta trotta cavallino,alla sera ed alla mattino,e a quel bimbo dona nanna,per la gioia della mamma

 

Erano anni che quei versi spuntavano dalla mente in momenti di particolare tensione. Quello non faceva eccezione. Avrebbe voluto cercare conforto in Valentina, ma non poteva permettersi di distrarsi dal controllo degli strumenti.Allungò una mano verso di lei, e ancora una volta lei rispose a quella stretta di amore nascosta tra l’infinitamente piccolo.Alle volte bisognava scendere nel particolare, per capire l’universo.

 

La comunicazione con il Centro funzionava alla perfezione ed i dati inviati dal computer centrale segnalavano la stabilità del veicolo e dei loro battiti cardiaci.Risalirono il corpo dell’uomo, superando stretti canali venosi, affrontarono la corrente tumultuosa delle arterie, fino a giungere a destinazione.

 

La massa grigiastra del cervello parve loro un’immensa montagna sospesa e pulsante.A Sentenza parve di guidare lungo un’autostrada americana in mezzo al deserto, nella quale improvvisamente si ergeva un universo di pietra maestoso.Avrebbero dovuto infilarsi in uno dei canali di irrorazione sanguigna e seguire il flusso della corrente, e di lì visitare le zone disponibili di quella mente sconosciuta. Raccogliere informazioni, immagazzinarle. Arrivare alla stanza dell’apprendimento e raccogliere i moduli, che sarebbero serviti per studi approfonditi sulle patologie cerebrali.Restarono entrambi in silenzio affascinati e impauriti da quell’universo dai colori scuri, talvolta giallastri o rosso fuoco, illuminati soltanto dalle sostanze iniettate nell’organismo. In alto, sulla destra, si intravedevano una sorta di decomposizione mostruosa nella regolarità cerebrale ed una cascata di sostanza scura, che nelle ore precedenti doveva essere stata impetuosa.- E’ l’emorragia causata dal proiettile - disse Valentina – Sono quasi riusciti ad arrestarla, ma non credo che l’organismo possa resistere ancora a lungo. Meglio fare in fretta e tenersi alla larga da quella zona.Sentenza inserì i comandi manuali e prese il comando della navicella. Individuò un canale di accesso e, a velocità ridotta, si diresse in quella direzione.

 

Quasi subito Sentenza si sentì avvolgere da una forza confortevole, ma più grande di lui, che sembrava interagire con i propri pensieri.- E’ la forza della sua mente – spiegò Valentina – sono emozioni e pensieri stagnanti. Credo che quello che vedremo non sia quello che realmente è, ma quello che lui vuol farci vedere. Saremo noi ad adattare le sue esperienze alla nostra conoscenza – sorrise guardando Sentenza in modo materno.Si trovarono presto in un corridoio scuro e grigio, nel quale i globuli rossi si erano notevolmente scuriti e si muovevano più lentamente, quasi che la loro forza vitale stesse lentamente scemando. Dovevano fare in fretta. Una volta che fosse cessata del tutto, avrebbero dovuto fare affidamento soltanto sui propulsori interni, che avevano soltanto l’autonomia per raggiungere il canale lacrimale, dal quale sarebbero dovuti uscire per tornare al mondo esterno.Sentenza socchiuse gli occhi. Per qualche istante gli parve di essere già stato in quel luogo… scacciò la sensazione di déjà vue si concentrò su quanto aveva di fronte.- Sembra il corridoio di una villa… forse abbandonata. Ci sono calcinacci per terra… si aprono porte scure a destra e sinistra… devono essere i passaggi alle camere cerebrali… e il disordine che vedo potrebbe essere dovuto a quanto provocato dal proiettile.La voce metallica della radio li riportò alla realtà.- La stanza dell’apprendimento dovrebbe essere all’interno, alla vostra sinistra. Dovete fare in fretta… - era la voce del Ricercatore - Proseguite…

 

Si trovarono in quello che sembrava essere un vecchio cinema. Le sedie in legno erano accatastate lungo le pareti e la tappezzeria cadeva a brandelli dai muri. Assi di legno erano sparse un po’ ovunque lungo la sala. Un raggio di luce azzurrina usciva da un buco nel muro e si andava a stampare sullo schermo mal ridotto. Veniva proiettata una sequenza in bianco e nero. Righe verticali rovinavano la pellicola. Una visuale in soggettiva, ambientata sotto un ponte, tra rifiuti e materassi abbandonati.Una mano impugnava una matita che scriveva forsennatamente formule su di un foglio.Nell’ambiente sembrava di sentire una voce ripetere numeri, operazioni e sequenze con fare affannato. Deve essere lui, il nostro uomo… - disse Valentina – questa deve essere stata un’immagine del suo passato. Doveva essere completamente ammattito… cosa possono essere quei calcoli?Sentenza cercò di interpretare i simboli sullo schermo, ma l’inquadratura era troppo tremolante e rendeva le formule indistinguibili.Lentamente il cinema si trasformò in una galleria.Che si aprì sull’esterno.

 

Era una splendida giornata di sole, la nave si trovava su di una collina che avrebbe potuto tranquillamente essere quella di Torino. Anche se…- Dove siamo? Dove siamo finiti? – chiese ansiosamente Sentenza – Perché ci troviamo all’esterno?- Non siamo all’esterno – disse Valentina, mentre osservava affascinata il paesaggio… - Siamo in uno dei suoi ricordi… è molto nitido, sembrerebbe essere recente ma…- Descrivete quello che vedete. Noi non abbiamo monitor per le proiezioni cerebrali. E poi non siete in gita di piacere. Dovete trovare la zona del calcolo al più presto – risuonò la radio implacabile.- Sembra che ci si trovi… sopra Torino – Sentenza imbarazzato mosse la navicella sopra la città, tra globuli che si frapponevano a tratti sulla visuale. – Sembrerebbe Torino ma… è più piccola. Non è la città che conosciamo… - Sentenza indicò alcune figure chine lungo la riva del Po. Sembravano lavandaie.- E’ un ricordo di Torino – aggiunse il giovane – ma…- Ma? – disse la radio- E’ un ricordo della Torino di fine Ottocento.

 

- Come è possibile che quest’uomo sia vissuto nell’Ottocento? – si domandò Sentenza. Il corpo è quello di un uomo che non deve avere più di 60-65 anni. Certo che non se la deve essere spassata se davvero ha vissuto sotto i ponti… ma cosa c’entra la vecchia Torino?Stava facendo ondeggiare il veicolo sopra quella città che sapeva irreale, riconoscendo ad una ad una le vecchie vie del centro e via Roma completamente diversa…- Il proiettile deve avere operato una “traslazione” dei ricordi – spiegò la ragazza - Probabilmente l’uomo pensa soltanto di aver vissuto qui nell’Ottocento, ma può anche solo aver catturato un ricordo da una pagina di giornale ed averlo fatto suo…Sentenza alzò le spalle scettico, poi la navicella oltrepassò la città e tutto ridivenne improvvisamente buio.

 

Si ritrovarono in un corridoio simile a quello che avevano già attraversato, con porte scure ai lati. Sentenza sospirò. Percepì ancora la cantilena nella mente. Quei versi non sembravano avere intenzione di abbandonarlo tanto facilmente.La rotta da seguire nel cervello dell’uomo prevedeva una svolta a sinistra.Provò a puntare il muso della navicella all’interno di una delle porte.Il Modulo venne investito da un’onda sonora inaspettata.- Che succede? – esclamò.- Devono essere sempre ricordi… - rispose Valentina tenendosi il capo con le mani. Quasi subito il suono diminuì di intensità, ma non svanì. Sembrava fossero circondati di persone che urlavano. Poi, di fronte a loro, nel buio dell’ambiente si accese un’enorme diapositiva a colori. Un pallone in una rete. L’immagine si spense.Poco più avanti si accese un’altra diapositiva. L’immagine di un giocatore in semi rovesciata. Un’altra diapositiva ancora: la palla in fondo alla rete. Immagini sfocate che si accendevano sempre più velocemente: persone catturate nell’attimo della gioia. Ancora altre immagini proiettate sulla volta del nulla.Sentenza aveva la bocca aperta. – Questi… questi sono ricordi di stadio…! – esclamò – E’ il derby Toro-Juve del 1983, quello del 3-2…! Ero andato a quella partita, me la ricordo bene! Ero solo un bambino, ma me lo ricordo bene…- Non siete lì per giocare… - gracchiò il Ricercatore – dovete proseguire.Sentenza ebbe un moto di fastidio e disconnesse la comunicazione radio.- Che fai?! – esclamò Valentina – così finisce che ci…Sentenza sorrise e le fece cenno di tacere.

 

Un altro urlo, un'altra galleria nera. Un boato incredibile.Questa volta furono le immagini viste in soggettiva, proiettate sullo schermo immaginario che vedevano oltre la navicella.Un traversone e un giocatore sconosciuto del Torino che colpiva la palla di testa e la spediva in rete. Il filmato si ripeteva ininterrotto, visto da un settore che poteva essere laterale, ma Sentenza non riconobbe lo stadio… Una soggettiva di gente in festa ed un tabellone inquadrato per un attimo… il punteggio… era solo un attimo… Torino-Barcellona. Qualcosa come 2-1.- Questo qui doveva essere un malato di calcio e di Toro… disse la ragazza… ti pare? Mi ascolti?Sentenza non rispose subito.- C’è qualcosa che non va… - disse.- Torino-Barcellona non è mai stata giocata – aggiunse - Quel ricordo è un falso…- Come? Una volta sarà pure dovuto capitare…- Ti dico che non hanno mai giocato… ne sono sicuro. E poi non ho riconosciuto quello stadio… tutto questo è strano, non riesco a capire…- Probabilmente è stato il proiettile. La traslazione…- Io a questa storia della traslazione dei ricordi non ho mai creduto. Non c’è nulla che provi che in presenza di un fortissimo trauma i ricordi diventino distorti. Potrebbe essere una patologia, ma… non sono convinto – sospirò – prima la Torino dell’Ottocento, poi una partita che non è masi stata giocata… amica mia, questo cervello è pieno di ricordi falsi!

 

Quando Sentenza ripristinò il collegamento radio, dovette sorbirsi la sfuriata del Ricercatore.Ne era abituato e lo lasciò fare, mentre dirigeva oltre la navicella.Fino ad un nuovo corridoio polveroso.Questa volta era un corridoio lungo e polveroso, al fondo del quale si intravedeva una porta.Era sprangata. Alcune assi inchiodate impedivano l’accesso.La navicella si avvicinò alla porta immaginaria, ma incontrò una barriera invisibile che ne impedì l’accesso.- Dovete forzare il blocco, Modulo. Non ci sono altre strade. – tuonò la voce metallica del Ricercatore.Sentenza rifletté. Sapeva bene quanto sarebbe stato rischioso proseguire in quel modo. Se avessero utilizzato il laser, per fare breccia nello sbarramento mentale, il cervello di quell’uomo, già pesantemente danneggiato, avrebbe potuto spegnersi del tutto.Quasi ebbe pena di quell’uomo misterioso e contraddittorio, che, anche in stato semivegetativo cercava di conservare i suoi segreti. Un tifoso del Toro, come lui, che sembrava essere stato testimone di epoche lontane. Quali altri segreti nascondeva?

 

- Useremo il laser – comunicò a malincuore via radio.Sentenza fece indietreggiare la navicella, poi inquadrò la porta nel tracciante. Lasciò partire il laser. Il fascio di luce investì la porta e la scardinò, facendola quasi esplodere. Immediatamente la navicella fu investita da un torrente di plasma che si riversò fuori dalla stanza e la scaraventò indietro. Valentina si lasciò sfuggire un urlo di spavento, mentre veniva a stento trattenuta al sedile dalle protezioni.Sentenza riuscì ad evitare urti contro le pareti del corridoio, ma sapeva benissimo che ciò significava che la zona cerebrale era stata danneggiata.Quando, dopo alcuni minuti, il flusso di sangue divenne meno copioso, infilò la navicella nel corridoio e di lì nel locale che era stato tenuto nascosto dalle porte sprangate.

 

Il luogo era completamente buio. Non si vedeva nulla, evidentemente il laser doveva aver irrimediabilmente danneggiato la capacità ricompositiva per immagini di quella zona. Non si vedeva nulla, ma le sensazioni che quella zona cerebrale trasmetteva erano ancora fortissime.Sentenza fu immediatamente assalito da un senso indefinibile di emozioni che sembrarono avere la meglio su di lui.Gioia, felicità, poi tristezza e rabbia.- Lo senti anche tu? – chiese con voce tremante a Valentina- Sì… - disse la ragazza – è come… è come sentire tutto il corpo scosso da brividi. – Una lacrima le rigava le guancia. Sentenza cercò di spostare la navicella, ma qualcosa, molto più forte di lui, gli diceva di rimanere lì. Sentiva lontana e ovattata la voce del Ricercatore, che chiedeva senza ottenere risposta, cosa stesse succedendo.Lontano oltre i vetri della navicella, Sentenza vide comparire alcune lettere gialle che si stagliarono su sfondo nero. Rotearono fino a formare delle parole, e poi delle frasi. Le cellule cerebrali ancora attive stavano tentando di stabilire un contatto tra le varie parti del cervello stesso.Lesse le frasi che si stavano componendo.

 

Sto bene con teCredo di amartiStiamo insieme questa sera?

 

Poi la mente di Sentenza fu trafitta da idee che andavano formandosi.

 

Un parco autunnale con le foglie che cadono trascinate dal vento.Una sensazione di pace.Un campo di grano inondato dal sole in piena estate.Un lago montano, una passeggiata mano nella mano.

 

Il pilota fu scosso da brividi. Guardò Valentina, le unghie quasi piantate nella poltrona di comando.Stava provando le stesse cose per lei.- Questi sono i ricordi di una persona innamorata – disse a mezza voce.

 

La navicella fu catturata da un vortice e scagliata in avanti, più avanti in quel padiglione astratto, dove però le cose cambiarono in maniera rapida e inaspettata.Le parole gialle si mischiarono a creare parole di sorpresa, di domanda. Divennero singhiozzi, sospiri.L’animo di Sentenza fu investito da un’onda di gelo, un pugnale di ghiaccio che gli divise in due il cuore. La navicella iniziò a tremare, investita da quella negatività rimasta chiusa per troppo tempo.Quel luogo gli comunicò pensieri di sofferenza, rabbia, pensieri di solitudine.- Cosa sta capitando? – domandò Valentina, scossa dalle vibrazioni incessanti del veicolo.Sentenza soffriva. Immaginava quello che era capitato a quella mente. Un tempo innamorata, e poi improvvisamente tradita e abbandonata. Provò compassione e pena per quell’uomo, immedesimandosi nella sua sofferenza.Si chiese cosa avrebbe mai provato se Valentina avesse deciso di lasciarlo.Virò verso quella che doveva essere l’uscita di quel padiglione nero.Proprio sul fondo, intravidero un oggetto. L’unico oggetto di quel padiglione.Roteava su se stesso e si avvicinava alla navicella lentamente.Sentenza trattenne il fiato.L’oggetto divenne sempre più grande. Sempre più grande.Poi si fermò di fronte alla navicella.Era una fotografia.Una fotografia di Valentina.

 

- Questa sei tu…. – disse tristemente.- Io… io non capisco…- Cosa sta succedendo? Modulo, rispondete!Sentenza quasi non si accorse della radio. Guardò tristemente Valentina, prima di alzare la voce.- C’è che quest’uomo è stato innamorato di te! Ecco cosa c’è! C’è che a quanto pare lo hai anche lasciato…!Valentina spalancò gli occhi e parve sincera nel suo stupore a sentenza.- Ma io non lo conosco! Non so neanche chi sia!!!- Avrà più di sessant’anni…, mio Dio! Quando vi siete conosciuti? Lo hai lasciato per metterti con me? Ora capisco perché mi cercava nei dintorni dell’Azienda, nei giorni scorsi. Voleva parlarmi! Probabilmente era disperato e…- Io non lo conosco!!! – gridò la ragazza – Questa storia è una pazzia! Sentenza si sentiva l’animo spezzato e tradito. - Sei una bugiarda. Questi ricordi sono chiari. Parlano di un amore corrisposto. Non ti credo!Valentina scosse la testa - Sei uno stupido, sei solo un povero ragazzo stupido… Sentenza fece per replicare, ma la sua mente venne nuovamente riempita dalla filastrocca che lo ossessionava sin da bambino nei momenti di panico.Cercò di non sentire la testa che gli esplodeva, come se una zanzara gli si fosse infilata dentro, e si allontanò dal padiglione dell’amore perduto.

 

Giunsero senza parlare di fronte alla zona dell’apprendimento. Il led che indicava il punto di arrivo lampeggiava freneticamente.Sentenza fermò il veicolo e parlò chiaramente nel microfono.- Qui non c’è nulla da fare. L’intera zona è stata devastata dal proiettile. E’ tutto un cumulo di macerie cerebrali. Posso vedere distintamente il corridoio che si chiude e frammenti di moduli di apprendimento in frantumi e sparsi ovunque. Non c’è più nulla da fare qui.Valentina tacque. Non parlava da parecchio tempo e non sembrava avere intenzione di farlo.- Base? – chiamò Sentenza- Sì, Modulo… - la voce del ricercatore risuonò fredda – missione abortita… Avete 20 minuti per raggiungere il canale lacrimale. Vi raccoglieremo da lì.- Ricevuto, Base.Il Ricercatore si asciugò il sudore dalla fronte e si aggiustò le cuffie, guardando gli altri tecnici presenti nella sala.Era andato tutto dannatamente male. Dall’inizio.

 

Sentenza controllò gli strumenti di bordo e spostò la navicella da quel luogo pieno di macerie.Improvvisamente però udì un suono.Era una melodia armonica e sinistra, quasi ipnotica.Era il suono di un carillon.Era la melodia che lo ossessionava.- Che cos’è? – chiese Valentina, ma Sentenza era troppo occupato ad individuarne la provenienza, per darle retta.Poco discosto dalle macerie.Lo vide.Era un corridoio buio. Non era crollato.Sentenza puntò il muso della navicella verso l’imboccatura di quel tunnel.- Che fai? – protestò la ragazza – Non abbiamo tempo… dobbiamo uscire di qui…- Modulo, dove state andando? Dovete dirigervi verso il canale lacrimale…Sentenza disattivò i comandi del computer centrale, che rendevano possibile il controllo remoto della sonda da parte del Centro e prese il comando completo della navicella.- Modulo! Cosa diavolo state combinando? Riattivate i comandi! – cinguettò meccanicamente il ricercatore dalla radio.- Andiamo – disse Sentenza senza ascoltarlo.

 - Non possiamo avere più di cinque minuti di energia extra… dobbiamo tornare indietro! – Valentina supplicava Sentenza, mentre la radio continuava a richiamare istericamente la sonda.Il corridoio si allungava silenzioso, ma la mente del pilota era soltanto avvolta da quel suono sempre più vicino.Il corridoio terminò.C’era una porta all’estremità del tunnel.Poi, poco prima che la navicella giungesse alla porta la musica cessò improvvisamente.La navicella si fermò.Trascorse un attimo che sembrava non finire mai.Improvvisamente la porta si spalancò con silenzioso fragore.Un lampo di luce, quasi fosse una fiammata.Quando Sentenza e Valentina riaprirono gli occhi, la luce era svanita e la stanza si era rivelata un piccolo ripostiglio.Un solo oggetto ne occupava il centro.Sentenza aveva gli occhi spalancati e la bocca che non riusciva a dire una sola parola, il gelo nelle ossa che gli impediva i movimenti.- Ma… ma quello è il mio…Un bambino accorse, in una visione di fronte alla navicella, tenendo per mano la mamma.- Mamma mamma, posso giocare col mio cavallino a dondolo?- Certo, tesoro! - La mamma gli sorrise e gli porse il cavallino a dondolo.E poi si allontanò canticchiando con voce dolce e soave la canzone che Sentenza ricordava così bene.

 

Trotta trotta cavallino, alla sera ed al mattino,ed al bimbo dona nanna,per la gioia della mamma.

 

Appena usciti dalla scena, si udirono urla e rumore di colluttazione oggetti che cadevano.- La donna urlava… Lasciatelo! Lasciatelo! Lasciate mio figlio!Poi il suono di uno sparo ed il pianto disperato del bambino.Infine buio e silenzio.Sentenza mormorava piano, lo sguardo spento e abbandonato in un angolo della navicella.Tremava.– Mio Dio… Mio Dio…- Andiamo via, Sentenza, andiamo via… ti prego… non ascoltare altro… ti prego.- Mio Dio.. - riuscì a mormorare il ragazzo - mentre la visione spianava la strada alla terribile verità.

 

Come una risposta al momento drammatico, l’ambiente intorno a loro si trasformò quasi in una cattedrale avvolta dalla penombra e da una luce azzurrina, che convergeva verso il centro.C’era una poltrona. Un uomo era seduto nell’oscurità.Se ne intravedevano i tratti, Sentenza avrebbe giurato che fosse l’uomo nel quale erano penetrati, ma non riusciva a distinguerlo correttamente.Valentina provò un ultima volta a convincerlo a fuggire.Poi l’uomo nella penombra cominciò a parlare a Sentenza, con una voce familiare.

 

Se sei giunto fino qui. Significa che io ho fallito.Ho creato questi archivi in più parti del mio cervello, in modo tale da proteggere le informazioni che ti riguardano. Spero di poterti incontrare e avere l’opportunità di dirtele di persona.Ma… ho come l’impressione che non mi sarà facile.Ti cercherò, ma avremo poco tempo e forse tu non sarai ancora pronto per capire.Se non riuscirò con te, allora cercherò di fermare questa follia.Forse è meglio che ti racconti tutto dal principio.

 

La radio irruppe per l’ultima volta –Ditemi cosa sta capitando! Che cos’è questa voce?La voce - pensò Sentenza - La sentiva anche il Ricercatore.Sentenza fuse la connessione radio con il suo laser.Nella stanza principale del Centro, il Ricercatore staccò le cuffie scuotendo la testa e comunicò ai tecnici che i segnali erano andati perduti.Tutto naufragava, tutto a rotoli soltanto perché chi era stato incaricato di quel lavoro aveva perso il controllo e aveva sparato alla testa.Proprio alla testa!Il Ricercatore si alzò in piedi, diede un’ultima occhiata all’uomo deturpato dal colpo di rivoltella.In quel momento si accorse che i suoi processi vitali stavano scemando lentamente.

 

Tanti, tanti anni fa lavoravo per la Farmachem. Mi vennero loro a cercare, per i miei brillanti risultati universitari, almeno pensavo che così fosse.Lavoravo nel campo della ricerca e la cosa affascinante di quella occupazione era poter pensare di fare del bene agli altri.Dicevano che fossi brillante, talentuoso, geniale. Uno dei pochi eletti, come risultava dalle analisi, per poter intraprendere il cosiddetto “viaggio di riposizionamento”, il progetto ambizioso che prevedeva la cura delle malattie, permettendo l’ingresso all’interno del corpo umano dei cosiddetti “viaggiatori”, operai che venivano rimpiccioliti fino alle dimensioni di un atomo.Un procedimento particolare, compito per il quale precise caratteristiche genetiche dovevano essere soddisfatte.Io ero uno di quelli. In Farmachem eravamo in cinque, coordinati dalla persona che chiamavamo “il Ricercatore”.Cominciarono gli addestramenti e i primi viaggi, all’interno del corpo umano.Fu allora che conobbi e… - l’uomo fece una pausa prolungata – e mi innamorai di una delle viaggiatrici, l’unica donna.Sembravamo fatti l’uno per l’altra e spesso ci capitava di viaggiare insieme, di raccogliere informazioni sul cervello umano e sulle sue zone sensibili. Provammo a curare anomalie di memoria sostituendo interi blocchi di cellule che la Farmachem produceva.Fui felice in quel periodo… sembrava che la vita mi sorridesse…Poi però cominciarono a capitare cose strane. Mi sentivo diverso. Quello che il Ricercatore non sapeva, e che intuii dopo poco tempo, era che il riposizionamento e la miniaturizzazione, ampliavano enormemente le capacità intuitive del cervello umano. Riuscii a comprendere passaggi matematici che mi erano sempre sfuggiti e diventai “intuitivo”. Non ne feci parola alla ragazza con la quale uscivo e agli altri viaggiatori, in mancanza di una prova scientifica. - Trascorsero anni. Anni di vita felice con lei, facendo progetti. Poi un giorno, per caso, un viaggiatore a pranzo, ci rivelò di essere stato adottato e di non aver mai conosciuto i suoi veri genitori. Sapevo che anche la ragazza di cui ero innamorato sosteneva di essere stata adottata e la coincidenza mi sembrò singolare.Così cominciai ad indagare in silenzio. Lavorando in Farmachem potevo accedere a database e banche dati sconosciuti ai più. Non tardai a scoprire l’amara verità. Io non ricordavo nulla, ma tutti noi viaggiatori eravamo stati adottati. E per nessuno di noi esisteva alcun record della famiglia di origine. Ma non solo. Il profilo genetico comune a noi cinque era uno dei più rari in assoluto sulla faccia della terra.Come era stato possibile che le sole persone con caratteristiche quasi uniche al mondo si fossero trovate tutte alle dipendenze della Farmachem?Trascorsi le giornate ad indagare.Alla fine giunsi all’archivio segreto.Tutti noi eravamo stati rapiti. Eravamo stati individuati al momento della nascita, quindi prelevati nei primi anni di età dalle nostre famiglie, probabilmente fatte scomparire e affidati a famiglie compiacenti. La Farmachem ci tenne sotto controllo, probabilmente fece esperimenti su di noi, poi come se nulla fosse ci assunse. Perché assolvessimo il nostro compito.Il nostro compito? Oh, non era certo quello farmaceutico. Scoprii con terrore che la Farmachem era in realtà un’organizzazione militare. Gli esperimenti erano mirati all’inserimento nel cervello umano di “moduli” comportamentali e procedimenti di pensiero.L’assimilazione coatta e forzata a un pensiero, il controllo che giungeva dall’esterno anziché dall’interno.Ebbi paura e ne parlai con la persona che amavo…Io credevo che anche lei mi amasse…

 

All’intero del Centro di controllo, il Ricercatore vide i parametri vitali dell’uomo farsi critici. Il respiro si fece immediatamente più pesante. Tirò una grossa manata contro un tavolino. Se l’uomo fosse morto, la Navicella non avrebbe più potuto sfruttare il canale lacrimale per uscire.E lui avrebbe perso… avrebbe perso la possibilità di studiare e approfittare di Sentenza.Guardò l’uomo che stava morendo e assurdamente gli sembrò sogghignasse.Stava vincendo lui.

 

- Fui scoperto. Tentarono di uccidermi, ma riuscii a fuggire.Sapevo di essere un uomo morto. Per un po’ vissi nascosto ai margini della società, ma grazie alle intuizioni dei viaggi di riposizionamento, studiai il mio stesso cervello, mentre mi nascondevo nei luoghi più squallidi.Cominciai a pensare alla materia non solo subita passivamente, ma modificata con la volontà.Solo, lontano da tutti, cominciai a studiare la mente. Dentro di me. Cominciai a capire che le potenzialità del cervello erano infinite. Un giorno mi concentrai quasi casualmente su di un periodo storico. Mi sembrò così facile attraversare quelle che in seguito chiamai “porte del tempo”. Mi ritrovai nella Torino del 1800.Avevo scoperto la possibilità di viaggiare nel tempo… e non potevo dirlo a nessuno!Da principio mi sentii imprigionato da quella città, poi compresi che quello sarebbe stato il mio rifugio dagli uomini che mi stavano cercando, per i quali rappresentavo un pericolo.Imparai a muovermi nel tempo e tra i miei ricordi.Ero ossessionato da un ricordo infantile, un cavallino a dondolo e quella che avrebbe potuto essere mia mamma, un attimo prima che mi portassero via da lei.Ma per quanto mi sforzai, non riuscii mai a tornare indietro in quel momento. Anche la materia aveva le sue regole…Dopo molto altro tempo imparai anche a tornare nel mondo che avevo lasciato, ma quando lo rividi, scoprii che gli uomini erano cambiati e la società era diventata anonima e dominata. Stava nascendo il mono-pensiero, la Farmachem doveva essere riuscita ad introdursi in un processo organizzativo su larga scala.Dovevo fare qualcosaIl discorso dell’uomo si fece affannoso. La navicella iniziò a sobbalzare come se il flusso di sangue stesse aumentando.…così ho pensato di tornare da te... e parlarti. Torno per fermare tutto… Devo fermare tutto questo quando è nato…L’immagine divenne disturbata, la navicella ondeggiò paurosamente.L’immagine dell’uomo si alzò in piedi.Poi lentamente, la luce azzurrina si impossessò di quel corpo, illuminandone il viso.E Sentenza poté finalmente vedere quel volto, non più deturpato, più vecchio di trent’anni.Era se stesso.

 

Tutto fu un’esplosione di luce.Sentenza rivisse tutta la sua vita futura, con immagini e flash che esplodevano ai lati della navicella, scaraventata all’indietro senza più controllo.Le immagini lampeggiarono violente a intermittenza, ripetendo una scena all’infinito, come infinite pugnalate.

 

- Devo dirti una cosa importante su Sentenza… Ha capito tutto sulle adozioni… – dice Valentina entrando in una stanza d’albergo. Un uomo è di spalle. Si volta. E’ il Ricercatore. La guarda fisso negli occhi e mormora – Dopo… - la afferra per le braccia e insieme scivolano sul letto, l’uno tra le braccia dell’altra.

 

Il cuore di Sentenza si spezzò in un dolore che sapeva di antico.In un dolore che sapeva di cose da venire.

 

La navicella fluttuò alla derivaSentenza aveva lo sguardo basso ed era abbandonato sul sedile di guida. Tutto intorno era un vorticare di globuli bianchi, che stavano per avventarsi sulla navicella, scaduto il tempo ultimo di permanenza all’interno dell’organismo.Valentina era in piedi, vicino al proprio sedile. Impugnava la propria pistola elettrica in direzione di Sentenza.- Non ti muovere. Non fare scherzi.- Siete amanti… Tu e il Ricercatore… - una domanda che era un’affermazione.- Ci sei arrivato? Lui mi aveva detto di tenerti d’occhio.Ci fu un attimo di silenzio.- Ecco a cosa servivo. A recuperare i processi cognitivi delle porte del viaggio… da me stesso. L’unico che poteva farlo. Il migliore… - sorrise con sarcasmo – Quando il Ricercatore ha visto l’uomo del futuro, quel giorno con me, non deve aver perso l’occasione. E’ stato lui a fargli sparare, vero? Un lavoro riuscito molto male… - Mettiti ai comandi ora! Dobbiamo uscire di qui! – negli occhi della ragazza non c’era neanche l’ombra della tenerezza che aveva conosciuto. Ora il posto era stato preso dal freddo calcolo dei propri privilegi.La navicella era scossa da fremiti che si stavano facendo sempre più deboli.- Quest’uomo sta morendo. Io sto morendo. – disse Sentenza sarcastico- Che cavolo vuol dire? - Vuol dire che i processi vitali stanno rallentando. E non ce la faremo a raggiungere il canale lacrimale. Il fluido si è fatto troppo denso.- Non ci credo!- Ti dico che è la verità.- Ti ordino di portarmi lì!!! – gli puntò la pistola in faccia. Era una maschera d’odio.Sentenza sentì il cuore gonfiarsi di tristezza.La navicella fluttuava nel plasma sanguigno del muscolo cardiaco. L’esplosione mentale li aveva scaraventati proprio lì, attraverso mille canali.Le pareti del muscolo pulsavano e si contraevano stanche.Sentenza si mise ai comandi, Valentina si sedette al suo posto e lo tenne sotto tiro con la pistola.Mentre metteva in movimento la navicella fu assalito da strane sensazioni.Non era più il cervello dell’uomo a parlargli.Era il cuore, era il suo stesso cuore che aveva sofferto così tanto.Pensò, sorridendo amaramente.Al mare di ricordi che non aveva mai vissuto.Un mare di dolcezza e forse di dolore.Ricordi che stavano per essere buttati a mare senza essere vissuti.Un solo bacio.C’era stato un solo bacio tra di loro.- Valentina… - disse armeggiando distrattamente con alcuni pulsanti.La ragazza lo guardò impassibile. - Che sia il mio stesso cuore ad uccidere entrambi – disse risoluto, sorridendole.Con un movimento improvviso Sentenza schiacciò l’ultimo pulsante.Un portello si spalancò con fragore verso l’interno.La navicella venne squarciata da una lama di plasma che si abbatté all’interno e quasi collassò per la pressione In quell’ultimo eterno attimo Sentenza vide Valentina, sorpresa portarsi le braccia al volto in segno di protezione disperata, prima di venire spazzata via in un istante dai globuli bianchi.In meno di un istante Sentenza chiuse gli occhi, come in un rallenty.Ancora una frazione di secondo e poi quell’universo sarebbe stato riempito dal rumore assordante dei suoi due cuori che avrebbero smesso di battere all’unisono.Vide il cavallinoil cavallinoPer tutta la vita ne era stato ossessionato.Avesse avuto più tempo….Pensò in quel rallenty infinito a ciò che il suo alter ego più vecchio aveva detto a proposito delle porte del viaggio.Pensò a quel giorno, a quel sabato pomeriggio, quando aveva chiesto il cavallino a sua mamma.Pensò a quanto sarebbe stato bello arrivare lì e portarli via, salvandoli entrambi.Quanto sarebbe stato bello…Se solo avesse avuto più tempo…Chiuse gli occhi mentre il plasma stava per disintegrarlo.E ci provò. Mauro Saglietti

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