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mondo granata
Andrea Claudio Galluzzo
Scrivere di Viola e Granata significa far scorrere sentimenti forti, buttar giù parole d'amore. Il codice di cui servirsi non può essere che quello del cuore: l'intelletto deve accompagnare, non può guidare. Negli ultimi tempi, attraversata da tante piccole e velenose lame, la sartia che da sempre ha unito inscindibilmente gli amanti di Fiorentina e Torino, è parsa sfibrarsi. Forse ha rischiato di spezzarsi e magari azzarda ancora a farlo. Un grande amore, però, non può finire così. Non s'interrompe all'improvviso anche se, crudelmente, minaccia di esaurirsi. Goccia dopo goccia, se nelle ferite mettiamo del veleno al posto di un farmaco otteniamo il male, per tutti. Possibile che non ci si curi dei tanti spregi a questo glorioso e fraterno legame?
Dalle ferite inizia ad uscire l'amore; e può uscirne finché non finisce. Ma non e' vero che non si possa farci niente: questa è soltanto una flebile scusa di chi non ama più. Non è questo il nostro caso. Tra il Viola e il Granata non si è esaurito il bene antico e schietto. Tra questi due popoli, tra questi due ideali, tra le più belle maglie della serie A non può finire così. Il legame resta 'eterno', ne sono certo, per me e per molti come me e va ben oltre la comune antipatia per la predatrice signora a strisce. Questo desiderio di scrivere di sentimenti ha il senso di riattizzare un fuoco che adesso si mostra spento ma che continua a vivere nascosto. Queste righe hanno il proposito di ricordare ai più giovani come, per lunghi decenni, sia stato stretto e vigoroso il rapporto tra le due antiche capitali d'Italia, la tagliente Firenze e la Torino più genuina, quella di fede granata, e che anche grazie al reciproco calore hanno saputo superare insieme periodi terribili, peggiori di questo. Sentirsi amati vuol dire non essere soli.
A quattordici anni, nel 1982, non ero solo. Avevo il mio abbonamento in curva, molti amici e molta incoscienza. Ero all'epoca innamorato di una Fiorentina che si meritava di vincere lo scudetto, che moralmente lo vinse. Sul campo fummo derubati: ci sentimmo traditi e irrisi da tutti tranne che dai fratelli granata. Ero, nella media della mia età, ma abbastanza sensibile da percepire quanto fosse sincero il rammarico dei tifosi del Toro per quanto ci era accaduto. Una pena fuori dalla circostanza. Da allora per me, la maglia granata divenne la seconda maglia della Fiorentina. Una sera, nel 1999, grazie ad una magnifica iniziativa dell'Associazione 'Giglio Amico' in ricordo del grande Torino di Mazzola, rimasi stupito di apprendere come un noto giornalista torinese e torinista, che si trovava ad esprimere le proprie emozioni nella chiesa di Ognissanti per quella occasione, usasse i miei stessi pensieri per esprimere i suoi sentimenti al pubblico di Firenze. Disse: "Per me la seconda maglia del Toro è viola". Ma si tratta soltanto del più recente e personale dei momenti di vicinanza tra i due colori.
Innumerevoli sono stati, potremmo dire da sempre, i motivi e le occasioni di unione personali e pubbliche tra i cuori Viola e quelli Granata. Oggi sembra che poco o nulla ci abbia unito. Com'è possibile? Inizialmente, di fronte alle prime ventate di gelo, ho pensato: una burrasca in un bicchier d'acqua, roba per pochi sciocchi che non si rendono conto di quello che dicono. Passerà presto. Ma un po' di tempo è passato e molta gente ho incontrato a Firenze che si è mostrata infastidita, offesa e soprattutto incredula del comportamento e delle parole dei tifosi granata nell'ultimo grave periodo di difficoltà passato dalla Fiorentina per i fatti di calciopoli. Bisogna dirlo, a sorti rovesciate, la maggioranza dei viola avrebbe gioito di un ripescaggio, di un salvataggio o di un assoluzione del Torino. Perché molti granata, finalmente tornati in serie A dopo l'incubo del fallimento, durante il quale il popolo fiorentino è stato molto solidale, invece di mostrare felicità per un migliore destino della Fiorentina, l'hanno ringhiosamente attaccata, senza tener conto della lunga storia d'amicizia? Da cosa ha avuto origine questo comportamento da lupi? Cos'è cambiato dopo tanti anni di affetto? 'Homo Homini Lupus' annunciava Thomas Hobbes nel Seicento. Ogni essere umano trasportato dal suo istinto naturale, secondo l'ipotesi del filosofo, si comporta come un lupo nei confronti di un altro uomo. Cerca cioè di danneggiarlo e di eliminare chiunque gli impedisca di realizzare i suoi desideri.
L'amore non è un sentimento naturale, secondo Hobbes, ed è inevitabile che ognuno di noi veda nell'altro un nemico. Il tifoso è più lupo degli altri uomini e, pertanto, non conosce l'amore per i suoi simili col colore della livrea diverso dalla propria. Fortunatamente però esistono i 'miracoli'. Il gemellaggio tra Torino e Fiorentina lo è stato. Per lunghi decenni si è trattato di un bellissimo prodigio dentro lo sfascio del calcio, iniziato ben prima di Moggi, il campione tra i lupi. A quando la rivincita dell'umano sull'aggressività? È il nocciolo della nostra anima. Se tutti vivessimo con vera dignità anche solo un briciolo di vita intrappolato nell'incanto di quella grande emozione un po' infantile che è il Calcio, gli 'uomini-lupo' forse sarebbero molti di meno. Viola e Granata, recuperiamo la dignità, la fedeltà e la comune storia! L'amore non è finito, ma soltanto avvilito e nascosto. Chiede libertà e il suo prezzo è la nostra umiltà.
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