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mondo granata
di Steve e Valentino Della Casa
SON: Le marce granata, quelle contro la disastrosa gestione Cimminelli, quelle celebrative degli Invincibili verso Superga, ma non solo, sono in gran parte merito della più che positiva organizzazione del CCTC: Centro Coordinamento Toro Club.Dunque di questo ci piacerebbe parlare oggi. Ogni squadra che si rispetti, quindi il Toro in prima fila, vanta un certo numero di Fan Club, i quali, oltre al fondamentale compito di sostenere allo stadio la nostra squadra, si occupano di portare un pezzo di Toro anche nella vita di tutti i giorni: dalla vendita di gadget (magliette, cappellini) all’organizzazione di cene, magari con la presenza di qualche vecchia gloria, ad esempio Zaccarelli, o di qualche giocatore di questo nostro Toro attuale (e qualcuno si ricorderà di un certo Matteo Rubin, che l’anno scorso, causa anche il suo infortunio, ha più volte partecipato a questi incontri).Dicevamo Toro Club, ma esistono anche quelli dedicati ai giocatori (e fa sorridere quello Africano in onore di Diego De Ascentis, quando ancora mordeva a centrocampo con la maglia granata).Insomma anche grazie ai Club il Toro riesce a restare una bella realtà calcistica anche, e soprattutto, fuori dal campo, sperando che un giorno (non quando io sarò Father, magari) i meriti della squadra saranno così evidenti, da raggiungere quasi quelli dei Tifosi.
FATHER: C’era un tempo in cui i club erano solo un bar e uno striscione. Alcuni bar rimangono, alcuni striscioni sono stati storici ma non ci sono più. Mi ricordo quando in curva Maratona campeggiava lo striscione “Tupamaros Granata”. Non era un incitamento alla guerriglia, nonostante fossimo nei primi anni Settanta: lo striscione era portato da ragazzi molto calmi e molto tranquilli che infatti sono diventati professionisti seri e sono rimasti granata e ogni tanto si incontrano allo stadio. Al Delle Alpi campeggiava uno striscione che non era frutto di un club ma di uno stato d’animo: “Gabut e Garun e molu nen”, una dichiarazione di fede da parte di due cognomi che più piemontesi non si può. Per quanto riguarda i club, ricordo la tristezza quando si sciolse quello del mio paese, Gavi, per poi ritornare con la più ampia dizione Club Granata Valle Scrivia. Oggi da quel paese di quattromila abitanti vanno una decina di persone allo stadio, e non mancano quelli che comunque si ritrovano ogni volta che c’è da proporre un’iniziativa. I club possono andare e venire, conoscere momenti più allegri e momenti più tristi. Ma tanto, quando il Toro chiama, è difficile riuscire a mancare. Io, almeno, non lo ho mai fatto. Neanche contro il Licata.
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