Nell'edizione di oggi, venerdì 11 aprile, di Tuttosport troviamo un'intervista esclusiva del quotidiano al terzino granata Cristiano Biraghi. Di seguito le parole dell'ex Fiorentina, approdato a gennaio sotto la Mole: "Sono uno che dà sempre il cento per cento e si vede. È vero che probabilmente non abbiamo obiettivi in questo finale, ma sono le partite nelle quali si costruisce il gruppo per il futuro. Qui per restare e essere leader. Al Toro si respira la Storia: basta guardarsi attorno al Filadelfia. I miei genitori mi hanno insegnato rispetto e umiltà. ho percepito subito la fiducia e la stima non soltanto del mister, ma anche del presidente Cairo, del direttore Vagnati e dei compagni. E poi ho capito subito che mi trovavo nell’ambiente giusto per ripartire dopo tanto tempo a Firenze". E a proposito di Firenze, Biraghi ha anche parlato del suo addio inaspettato al club viola: "Arrivavo da otto anni a Firenze, otto anni che si sono conclusi in maniera inattesa e certo non voluta da me, per cui le prime due settimane a Torino sono state una fase di transizione. Mi brucia ancora come è finita, però non ho nulla contro i dirigenti". Il classe '92 ha poi parlato della sua carriera, della sua storia e delle sue fonti di ispirazione: "Fin da piccolo vivevo per il pallone. Quand’ero nelle giovanili dell’Inter capitava che mi facessero fare il raccattapalle e per me era un sogno vedere da vicino quei campioni. A 17 anni mi allenavo spesso con la prima squadra, c’era Mourinho. Nel calcio ho sempre amato Mihajlovic: per le punizioni ma anche per il carattere. Penso che la Nazionale sia la conseguenza di quello che fai con il tuo club. In azzurro sono stato per sei anni, con Ventura, Mancini e Spalletti e ancora adesso ho i brividi se penso alla gioia della prima volta, conquistata dopo 150 partite in Serie A". Infine il numero 34 granata ha raccontato alcuni aneddoti della sua vita extra campo: "La mia forza è la famiglia, persone perbene che mi hanno trasmesso determinati valori, preziosi sia nei momenti felici, sia in quelli meno felici. Mi hanno insegnato l’umiltà e il rispetto. E hanno insistito perché studiassi anche se non ne avevo voglia: è merito loro se ho preso il diploma di ragioniere. Quando ero piccolo, papà la domenica mattina lavorava a un distributore per arrotondare. Mi raccontava delle auto stupende che vedeva, Ferrari,Lamborghini. Ero affascinato e tuttora sono grande appassionato di motori. Sostengono che sono antipatico? No, sono uno che dice sempre quello che pensa. In futuro mi vedo più allenatore che dirigente, perché mi rendo conto che d’estate a me manca tantissimo il campo. Non so ancora quando accadrà, non penso sarà tra dieci anni: però, chi può dirlo?".


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Torino, Biraghi: “Qui per diventare Leader. Al Toro si respira la storia”
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