Erano gli anni di Blockbuster, delle Spice Girls e dei Backstreet Boys, delle grandi serie televisive americane che spopolavano fra gli adolescenti. Erano gli anni delle videocassette, dei walkman e dei poster in camera. A Torino la nuova generazione che arrivava dagli anni '80 scopriva sempre di più i Murazzi, dove lo storico Gianca divenne il centro di aggregazione per eccellenza, un luogo tra il sacro e il profano dove passare i propri sabati sera prima di andare a tifare il Toro la domenica. Il Toro degli anni '90 era il Toro di Mondonico, di Lentini, Martin Vazquez, Marchegiani e soci, era il Toro della Coppa Italia vinta a Roma, ma era soprattutto il Toro della Coppa Uefa che, l'anno prima della Coppa Italia vinta, aveva spaventato mezza Europa arrivando a un palo dalla gloria.
Il Toro che fu real: quando Torino-Real Madrid valse la finale di Coppa Uefa
INTRODUZIONE
—Prima di arrivare alla stagione della Coppa Uefa, è doveroso partire dagli albori di quel Torino, ed è imperativo partire dalla stagione 1988-1989: Gigi Radice in panchina, al Toro in estate arrivano Luca Marchegiani, portiere di assoluto livello che da lì a poco sarebbe entrato nel giro della Nazionale, l'attaccante brasiliano Muller - campione del mondo a USA '94 con la nazionale verdeoro - dal San Paolo, Carlos Eduardo Maragon detto solo Edu, anche lui brasiliano arrivato dal Brasile e il bosniaco Skoro dalla Dinamo Zagabria, acquisti che avevano fatto pensare ad un Toro dal roseo futuro. La squadra però non gira, gli stranieri non riescono a integrarsi nel gruppo - nonostante i 12 e i 10 gol messi a segno da Muller e Skoro - e il Torino, dopo l'esonero di Radice e l'arrivo in panchina prima dell'ex capitano scudettato granata Claudio Sala e poi di Sergio Vatta, retrocede in Serie B 30 anni dopo la prima volta. Nel marzo di quella sciagurata stagione di contestazione e fallimento, Gian Mauro Borsano, un imprenditore e politico dell'epoca, acquisì la società da Mario Gerbi. La parentesi in Serie B nella stagione '89-'90 dura solo un anno: Borsano aveva fin da subito investito per mettere in piedi una squadra che potesse fin da subito tornare in Serie A, trattenne Marchegiani, Benedetti, Ezio Rossi, capitan Cravero e il duo Muller-Skoro, arrivarono Roberto Mussi e Walter Bianchi dal Milan, Policano dalla Roma e rientrarono dai prestiti i giovani Gianluca Sordo e un esterno, ma che in realtà sapeva fare tutto, chiamato Gianluigi Lentini, cresciuti nel vivaio granata. Nel maggio 1990, con la vittoria per 3-0 sul Messina, il Torino di Borsano e del tecnico Fascetti conquistò il primo posto e la Serie A.
Nella stagione successiva, quella del 1990-1991, per il Torino cominciò una nuova primavera: la prima grande novità fu l'addio al Comunale, la casa del Toro dove venne vinto l'ultimo scudetto, per trasferirsi insieme ai cugini allo Stadio Delle Alpi; la seconda grande novità era in panchina dove, nonostante il grande lavoro di Fascetti, Borsano affidò la guida della squadra a Emiliano Mondonico, ex calciatore che vestì la maglia del Torino per 14 volte segnando 2 gol dal 1968 al 1970. L'esperienza granata e la storia di Mondo - così lo chiamavano tutti - cambiarono per sempre da quel 5 settembre '90, esordio ufficiale in Coppa Italia con una vittoria roboante per 4-0 all'Hellas Verona. Chi ben comincia è a metà dell'opera si dice. Ebbene, quel Toro neopromosso dalla Serie B stupisce tutti e contro ogni più rosea aspettativa conquista il 5° posto in campionato dietro le genovesi e le milanesi. Attenzione però, guai a sottovalutare quella squadra, Borsano infatti, voleva creare una squadra degna di giocarsi le sue carte contro chiunque e non badò a spese per rinforzare la rosa: dal Real Madrid arriva per 2,6 miliardi di lire un centrocampista biondo cenere con baffo e barba folta e un'eleganza sopraffina che con i blancos aveva collezionato ben 177 presenze e 35 gol, si chiama Rafael Martín Vázquez e Mondonico gli affida subito le chiavi della squadra. In difesa, il muro a protezione di Marchegiani viene rinforzato con gli arrivi di Annoni e Pasquale Bruno dalla Juventus, a centrocampo - insieme a Vazquez - è essenziale la duttilità e il sacrificio di Luca Fusi, arrivato dal Napoli, mentre in attacco oltre alla meteora brasiliana arrivata dalla Lazio Amarildo, arrivano un ancora acerbo Christian Vieri e Giorgio Bresciani, giovane punta cresciuta nel vivaio granata lasciata per un anno in prestito all'Atalanta, che alla prima stagione trascinò il Toro con 13 gol, dietro di lui in questa classifica Gigi Lentini, sempre più leader della squadra, e Policano con 7 reti. Ciliegina sulla torta, il Toro a fine stagione - con l'aiuto anche dell'eterno Leo Junior arrivato appositamente in prestito dal Flamengo - conquista la Mitropa Cup vincendo contro il Pisa.
Il 5° posto conquistato nella stagione 1990-1991 qualificò il Toro in Coppa Uefa. La scalata di Borsano e Mondonico si faceva sempre più entusiasmante e per le strade di Torino il granata era sinonimo di euforia e furore, la Maratona e il Delle Alpi erano sempre gremiti e la squadra si apprestava a cominciare una nuova stagione sulle ali dell'entusiasmo. E colui che era pronto a far spiccare il volo al Toro fu acquistato dall'Auxerre per 8,7 miliardi di lire, un belga nato da genitori italiani emigrati per lavoro che in campo Platini definì l'unico suo vero erede per movenze e qualità balistiche: Vincenzo Scifo, fantasista e numero 10 puro. La formazione era dunque formata da: Marchegiani in porta, linea difensiva composta da Cravero, Bruno, Mussi e Annoni, a centrocampo Vazquez in cabina di regia con Policano o Fusi a fargli da spalla, esterni/trequartisti Gigi Lentini e Scifo alle spalle di Bresciani e un nuovo attaccante arrivato dall'Ascoli. Si chiama Walter Casagrande, nasce in Brasile a San Paolo, e i bianconeri lo portano in Italia pagandolo circa un miliardo. In tre stagioni con l'Ascoli mette a segno quasi 40 gol attirando a sè le avances di diversi club, Mondonico e Borsano ci si fiondano e con 5,2 miliardi di lire lo portano sotto la Mole per farlo diventare il nuovo centravanti granata. La squadra di Mondo è fatta, il campionato comincia e il Toro nelle prime 16 partite stagionali fra campionato, Coppa Italia e Coppa Uefa perde solo una partita contro la Lazio in Serie A: nella competizione continentale il Toro supera agevolmente il KR Reykjavik (8-1 per i granata tra andata e ritorno) e il Boavista (a cui basta il 2-0 dell'andata firmato Lentini-Annoni). Dopo il derby d'andata perso contro la Juve per 1-0, il Toro subisce una piccola flessione: 4 pareggi consecutivi - fra cui quello in Coppa Uefa contro l'AEK Atene per 2-2 - e la sconfitta contro il Milan di Capello, Baresi, Van Basten e soci.
Il Toro arriva alla partita più importante di quel periodo in una condizione non proprio eccezionale: l'11 dicembre 1991, allo stadio Delle Alpi, il Torino ospita l'AEK Atene per il match di ritorno. Ai granata di Mondonico basterebbe un altro pari visti i due gol firmati in Grecia, ma Mondo lancia in campo il miglior undici possibile con Scifo, Policano e Lentini a sostegno di Casagrande. "Basta un gol di Casagrande all'inizio della ripresa per levarsi ogni paura e vedere il Torino che accede ai quarti di finale di Coppa Uefa. Forse il dato statistico non basterà a chi si aspettava dai granata qualcosa di più nelle realizzazioni, tenuto conto che in una sola partita la Banda Mondonico ha creato più occasioni che negli ultimi cinque match di campionato" recita La Stampa del 12 dicembre dimostrando come la scossa europea abbia avuto i suoi frutti almeno per la mole di occasioni create anche se il mal di gol pare essere un problema difficile da curare per un Toro che comunque passa il turno di Coppa Uefa. Le partite passano e le stagioni con loro: il Toro guarisce in termini di risultati e in primavera torna a sentir riecheggiare le note delle notte europee. Il 4 marzo del '92, il Toro parte per la volta di Copenaghen, ad aspettarlo c'è il Boldklubben 1903, o semplicemente B 1903 - formazione bianconera danese che alla fine di quella stagione si fuse con il Kjøbenhavns Boldklub per diventare l'attuale FC Copenaghen. Il Toro torna dalla trasferta nordica con un 0-2 che poteva essere 0-3 ma anche 1-2 o anche peggio se non ci fossero state le mani miracolose di Marchegiani: il Toro meritò quella vittoria, ma abbassare la guardia in competizioni del genere può costare carissimo, chiedere a Scifo, il cui rigore del tris si infranse sulla traversa, stessa sorte toccata al bianconero Bjerre, che a tempo scaduto non riuscì ad accorciare lo svantaggio firmato da Casagrande - terzo gol consecutivo in Coppa - e Policano. Le fatiche della gara d'andata di Coppa e un Toro forse arrivato al massimo delle sue possibilità si evidenziano al ritorno al Delle Alpi: Mondonico aveva bacchettato i suoi nella conferenza della vigilia per la troppa sufficienza avuta nei precedenti incontri e infatti, dopo appena 40 secondi, il B 1903 rischia di andare in vantaggio con Lyng e poi al 42' su una mischia che Pasquale Bruno riesce a sventare. Una partita difensiva e al di sotto delle proprie possibilità, ma che il Toro vince grazie all'autogol di Nielsen alla mezz'ora. I granata dopo 27 anni raggiungono così un risultato storico arrivando alla semifinale di Coppa Uefa, ad attenderlo una tra le big europee Ajax e Real Madrid o il derby italiano contro il Genoa: l'urna disse Real. Tutti volevano evitare i blancos, squadra che stava affrontando un periodo di declino ma che schierava in campo giocatori del calibro di Butragueno, Hagi, Fernando Hierro. L'appuntamento con la semifinale in terra spagnola era dietro l'angolo e il primo aprile i granata volarono a Madrid per affrontare la squadra di Beenhakker davanti a quasi 90mila persone in un Bernabeu che sente la partita, viene ammutolito all'ora di gioco, ma alla fine esulta: "Finisce male, non malissimo, per il Toro la partita più attesa nella sua storia europea. Anzi ci sarebbe da gioire di un risultato, il 2-1, che alla vigilia chiunque avrebbe sottoscritto. Un quasi miracolo, una bella impresa, che permette di sperare nel recupero al Delle Alpi per l'ingresso in finale. Ma per come si erano messe le cose e per gli strascichi lasciati dall'infortunio di Cravero (taglio profondo, otto punti di sutura all'ospedale) e dall'espulsione di Policano rimane l'amarezza per qualcosa che avrebbe potuto essere e non è stato" scrisse La Stampa del giorno seguente. Il gol di Casagrande e il vantaggio granata non bastarono dunque, ma il risultato tenne in vita il Toro che, due settimane dopo, si sarebbe giocato l'accesso alla finale di Coppa Uefa in seguito al derby vinto 2-0 e alla ostica trasferta vinta a Verona.
LA PARTITA
—E' il 15 aprile, un mercoledì di metà primavera, il Toro aspetta il torero nella sua arena, ma questa storia non finisce come quelle solite che vedono in Spagna. Il Delle Alpi freme. Quasi 60mila cuori granata sugli spalti che avevano esultato al gol di Casagrande dell'andata corrono ad accaparrarsi un biglietto per assistere alla partita della vita. Bandieroni e bandierine bianche e granata sventolano in Maratona e in tutto lo stadio, Mondonico non fa pretattica e ha schiera dall'inizio la miglior squadra possibile nonostante i punti di sutura sulla gamba di Cravero con Venturin al posto dello squalificato Policano. E' una serata di gloria e lo si capisce subito: il Toro è arrembante, il Real Madrid, il grande Real, indietreggia portandosi nella sua area i pericoli, la banda di Mondo aggredisce alto gli spagnoli e non lascia sbocchi nella manovra di Hierro e soci che, asfissiati dall'aggressività granata, cadono al 7': madrileni schiacciati nella loro area, Lentini recupera una seconda palla nei pressi della bandierina, alza la testa e punta il terzino avversario e con un destro chirurgico serve l'inserimento sul secondo palo di Casagrande, anticipato però da Rocha che goffamente infila il pallone nella rete sbagliata. Torino 1, Real Madrid 0. In questo momento il Torino sarebbe in finale di Coppa Uefa.
"Per il resto del tempo il Toro si presenta davanti a Buyo soltanto un paio di volte. Ma non per questo i granata si ritirano. Anzi è una bella lotta a centrocampo, dove si assestano i duelli tra Hagi e Venturin, Scifo e Milla e Michel che guarda Mussi molto da lontano per cui il rosso volante gode di grande libertà sulla sinistra." Il Real non si arrende, nelle sue vene scorre il sangue europeo e ogni volta che il Toro sbaglia per la troppa foga o eccessiva euforia calcistica, vedi una veronica sbagliata dell'ex Vazquez che apre la ripartenza di Hierro e Llorente il cui tiro però viene rimpallato da una difesa che alza gli scudi a protezione di Marchegiani. E' del Toro infatti l'occasione per trovare il gol, ancora una volta con Casagrande, ma il brasiliano, davanti a Buyo non riesce a concretizzare la palla del 2-0. " Si parte con il secondo tempo e con il cuore in tumulto per il risveglio madridista. Il popolo granata urla come mai nella sua storia, ma è anche un modo per esorcizzare la sofferenza". Gli spagnoli premono, ma il Toro, arcigno e rognoso in difesa, quando riparte si fa pericolosissimo con Scifo e Casagrande e, quando la carica del Real si abbassa, i granata riescono a costruire la trama di gioco degne di giocatori della qualità come Scifo, Vazquez e Lentini. Il ragazzo cresciuto in casa granata alla mezz'ora della ripresa dà vita a una delle sue solite sgasate palla al piede, punta e sdraia il suo diretto avversario e una volta arrivato sul fondo a pochi passi da Buyo disegna il "pase de la muerte" sul quale arriva a tutta velocità Fusi che con una scivolata disperata gonfia la rete madrilena per la seconda volta. E' estasi al Delle Alpi, la Maratona esplode di gioia, il popolo granata impazza e il Toro assapora sempre di più uno storico traguardo che minuti dopo minuti vede sempre più nitidamente. Lo svizzero Galler fischia tre volte. E' impresa Toro contro il torero blanco, è "una serata che ricorderemo a lungo, questa che consegna il Toro per la prima volta a una finale europea e con una vittoria per 2-0 sul Real Madrid che cancella d'un colpo anni di sofferenze, persino di frustrazioni."
IL TABELLINO
—TORINO - REAL MADRID 2-0 (1-0)
Torino: Marchegiani, Bruno, Mussi (all'87' Sordo), Fusi, Annoni, Cravero, Scifo, Lentini, Casagrande (al 77' Benedetti), Martin Vazquez, Venturin. A disposizione: Di Fusco, Cois, Vieri. All.: Mondonico.
Real Madrid: Buyo, Chendo, Lasa (al 67' Luis Enrique), Rocha, Maqueda, Milla, Butragueno, Michel, Hierro, Hagi, Llorente. A disposizione: Tendillo, Jaro, Villaroja, Gordillo. All.: Beenhakker
Arbitro: Galler (Svizzera).
Reti: Aut. Rocha 7', Fusi 76'.
Spettatori: 59.861
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