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NAPLES, ITALY - DECEMBER 18: Mirko Valdifiori of FC Torino in action during the Serie A match between SSC Napoli and FC Torino at Stadio San Paolo on December 18, 2016 in Naples, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
Nell'episodio 205 di TN Radio, andato in diretta martedì 26 novembre 2024, Mirko Valdifiori, ex centrocampista granata, ha parlato così riguardo alla situazione del Torino, trattando varie tematiche.
Come si passa dalle stelle alle stalle in così poco? “Secondo me è stata una questione che con il rinnovamento, tra Vanoli e vanolismo, c’era tanto entusiasmo, la squadra aveva capito subito cosa chiedesse l’allenatore, Adams che segnava, che insieme a Zapata sembrava avesse trovato la sua dimensione; ma nel calcio c’è anche quello, ci sono momenti in cui fai un tiro e fai un gol e momenti in cui no. All’interno dello spogliatoio perdere Zapata non è stato semplice, anche a livello di personalità e di carisma, complice il momento che poi non trovi risultati non è tanto semplice, ma fa parte del calcio, magari domenica batti il Napoli e trovi l’entusiasmo che c’era all’inizio”.
Tu cosa pensi quando pensi al Toro e cosa ha rappresentato per la tua carriera? “Il Toro ha rappresentato la grande passione del cuore granata verso i propri beniamini, mi ricordo che venivo da un’annata a Napoli in cui non avevo giocato con tanta continuità, sono arrivato a Torino e ho trovato subito un ambiente caloroso. In giro per la città si respira proprio l’amore per questa maglia, l’amore per il Torino. Poi magari lo percepisci a Superga, mi ricordo che Belotti aveva letto tutti i nomi, e tutta questa gente attorno a quello che era successo, e quindi lì capisci l’attaccamento che c’è in città anche purtroppo per la disgrazia che è stata in passato. Poi in campo lo stadio ti trascina, io ho trovato con il grande Sinisa continuità, i primi 6 mesi era stato un Toro bellissimo, con i gol di Iago Falqué, Belotti, Ljajic, poi c’eravamo io, Base, Benassi, era un Torino italiano e un Torino che girava. Ci siamo proprio divertiti, poi è stato un peccato il ritorno che non siamo riusciti a rifare quei risultati dell’andata”.
Riguardo a quello che è successo domenica, con la squadra che è migliorata nel secondo tempo con l’ingresso dei tifosi: dal campo voi giocatori quanto lo sentite e vi condiziona il calore che c’è da fuori dagli spalti, il tifo? “Condiziona, ci sono alcuni momenti della gara in cui magari stai attaccando, conquisti un calcio d’angolo a favore, sotto la curva, c’è il pubblico che ti spinge, oltre a caricare noi intimorisce gli avversari. Poi Torino è una curva calda, mi ricordo il primo derby che ho ancora i video, che li ha fatti mia sorella, lo stadio è bello e ti trascina. Poi c’è stata la contestazione che ho letto è stata contro il presidente Urbano Cairo. Dispiace perché si è tutti sulla stessa barca, non voglio entrare nel merito. Dispiace perché spero che un giorno i tifosi possano essere contenti della presidenza di Cairo e che magari Cairo li possa soddisfare sul mercato, tanto è quello secondo me il punto”.
A proposito di questa contestazione, tu che Cairo l’hai conosciuto e l’hai vissuto da vicino, questa contestazione la trovi giustificata, supportata da fatti? All’interno della squadra si percepiva l’atmosfera di essere in un ambiente, in una società senza ambizioni, senza volontà di crescere proprio a livello societario? “Guarda, quando sono arrivato io Cairo, che aveva iniziato il suo percorso a Torino con molti prestiti e molte comproprietà, mi ricordo che in ritiro ci disse che era il primo anno che lui aveva quasi tutta la rosa di proprietà, e quindi poteva partire un percorso di crescita a step che lui magari da quando aveva preso il Toro si era prefissato. Poi non ho seguito i nomi che sono stati accostati al Torino e quelli che sono arrivati, quindi non so se la piazza pensa che magari non abbia chiuso questi colpi di mercato e possono avercela con lui. Però quando c’ero io c’era questo step di crescita, l’anno prima si erano qualificati in Europa, il Toro ogni anno parte per valorizzare i giovani e anche però per centrare l’Europa. Per come era partito quest’anno sembrava che fosse anche l’anno giusto, con questo rinnovamento dopo gli anni di Juric, poi sono ancora in corsa per tutto ma ci vuole una scintilla che faccia ritornare l’entusiasmo. Però all’interno Cairo il suo voler crescere sempre di più noi lo percepivamo, anche quando faceva le riunioni che parlava a tutta la squadra. È un uomo presente, è un uomo che ci tiene alla sua squadra”.
Tu sei arrivato con Sinisa, poi l’anno successivo come avete vissuto il suo esonero e il passaggio con Mazzarri? “Ci è dispiaciuto perché volevano proseguire quello che avevamo fatto l’anno prima, con i rimpianti magari prendercelo l’anno successivo. Poi abbiamo cambiato il modulo, siamo passati al 4-2-3-1, non siamo riusciti a esprimere quel calcio che esprimevamo col 4-3-3, però quelle sono scelte, uno cerca sempre di seguire l’allenatore. Con quel modulo lì abbiamo fatto fatica, poi la società ha deciso di cambiare e anche il mio percorso lì dopo è finito per una questione tattica, perché Mazzarri me lo disse subito che voleva giocare con un giocatore incontrista e non con un classico regista, davanti alla difesa, e quindi con la massima professionalità non volevo mettere in difficoltà né il Torino né Mazzarri e quindi abbiamo preso altre strade”.
Hai un ricordo positivo di Sinisa? “Sì, ho un ricordo molto positivo, perché, al di là di quanto ti faccia giocare un allenatore, come lealtà e come uomo, in caso di bisogno lui c’era, ti chiamava, stava attento anche ai particolari, se in allenamento ti vedeva giù non se ne sbatteva, ti chiamava in spogliatoio, cercava di capire. Era una persona incredibile, e parlare al passato è una cosa che mi spiace, anche quando girano i suoi discorsi su Instagram, realizzi e dici “Sinisa non c’è più” ed è pazzesco”.
Tu adesso hai smesso ufficialmente?“No, adesso io ho fatto fino a giugno a Pesaro, ho fatto due anni qui vicino a casa, era un calcio in cui ho trovato anche degli amici, Tonucci, Pucciarelli, e quindi ci siamo divertiti. Però tutti i giorni facevo 100km andare e 100km tornare, quindi per adesso ho deciso di fare il babbo e di vedere, perché la mia priorità è non spostarmi più tanto da casa, perché adesso sono un vecchiettino, ormai ho 38 anni (ride, ndr.). Se trovo qualcosa qui in zona per divertirmi ancora volentieri, gioco perché comunque mi sento ancora bene, non ho mai avuto infortuni gravi e quindi adesso mi sto tenendo allenato, un po’ di palestra, gioco a padel, che vedo che adesso molti ex giocatori vanno a giocare a padel, così se smetto chissà che non riesca a dire la mia a padel”.
Per l’intervista completa, andate a guardare l’ultimo episodio di TN Radio!
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