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A tifare Toro non ci si annoia mai!

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Il Granata Della Porta Accanto / Diario di un'estate intensa, emotivamente vissuta sulle montagne russe. Per fortuna le prospettive sono rosee…
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Si potrebbe ironizzare dicendo che fare il tifoso è un mestiere difficile e farlo del Toro ancora di più. E non parlo delle mille difficoltà nel comprare un biglietto per una partita o semplicemente nelle assurde complicazioni per accedere fisicamente ad uno stadio, tralasciando l'annosa questione dei calendari pasticciati da anticipi, posticipi ed orari assurdi, quanto proprio nell'esercizio emotivo dell'essere vicino e coinvolto nelle vicende della propria squadra del cuore. D'altronde se è vero che nella vita si cambia lavoro, auto, fidanzato/a, idee politiche, ma non la squadra per cui si tifa, vuol dire che l'identificazione con i colori del club amato è talmente viscerale da assomigliare ad una sorta di imprinting naturale.

Per noi che tifiamo Toro tutto ciò sembra ulteriormente amplificato e gioie e dolori sportivi (e nella nostra storia purtroppo qualcuno anche extrasportivo) si susseguono come sulle montagne russe facendoci vivere momenti esaltanti e periodi cupi. L'estate del Toro è stata un piccolo, ma significativo estratto, di ciò che noi tifosi granata siamo "abituati" a vivere costantemente. Si è partiti con la fiducia in un grande e chirurgicamente mirato mercato, sbandierato nel dopo partita contro la Lazio: tre innesti di qualità per rinforzare una squadra arrivata ad un'incollatura dalla qualificazione in Europa e che per qualche settimana era stata addirittura in lizza per un posto in Champions. Una buona base, quindi, per un'ottima ripartenza. Sembrava tutta in discesa l'estate granata, serena e convinta, ma la bomba della potenziale esclusione del Milan dalle coppe, riaccendeva la speranza di rientrare dalla finestra in quell'Europa mancata fondamentalmente sul campo del l'Empoli. Il tira e molla legale tra la Uefa e il club rossonero iniziava però a minare l'equilibrio psicofisico dei tifosi granata e la notizia dell'ammissione del Toro ai preliminari di Europa League era, sì, una gioia, ma leggermente velata dalla preoccupazione per la fretta e il troppo anticipo con cui doveva ricominciare la stagione degli uomini di Mazzarri. A ciò si aggiungeva un tot di giocatori che sarebbero arrivati in ritardo rispetto ai compagni causa impegni di giugno e luglio con le rispettive nazionali ed un mercato che a dispetto delle premesse si rivelava sorprendentemente immobile. La grana delle dimissioni di Petrachi non aiutava in questo senso, mentre per fortuna sia il Debrecen che il Soligorsk non erano avversari da potersi frapporre seriamente tra il Toro ed il sogno dei suoi tifosi di approdare ai gironi di Europa League. Le montagne russe emotive del tifoso granata continuavano con il sorteggio sfortunato che vedeva uscire dall'urna di Nyon gli inglesi del Wolverhampton. Persi per strada Iago Falque e Lyanco, l'andata a Torino, nonostante l'entusiasmo di uno stadio Grande Torino quasi esaurito, non va per nulla bene, ma non è il risultato a turbare la tifoseria quanto il caso N'Koulou che scoppia fragoroso togliendo ulteriori speranze al tentativo di rimonta in terra d'Albione. La squadra ha una reazione d'orgoglio che rende fiera la sua gente vincendo (e soffrendo) la prima di campionato contro il Sassuolo e poi dà tutto in maniera quasi commovente nel ritorno col Wolverhampton. L'umore del tifoso granata oscilla sempre tra la rabbia per un atteggiamento troppo attendista della società sul mercato e la sensazione dolcissima che gli uomini di Mazzarri sono un gruppo tosto, compatto e con una mentalità che sta virando verso il vincente. La vittoria a Parma contro la Dea ne è la conferma e lancia il Toro in vetta a punteggio pieno con Juve ed Inter: mancano ancora 36 giornate, ma è lo stesso una bella sensazione stare lassù. Il mercato ci regala Laxalt e, ad un minuto dalla chiusura, Verdi. Lasciamo stare tempi e modi di ciò che si sarebbe dovuto fare due mesi prima e concentriamoci sulle possibilità future di questa squadra: c'è di che essere ottimisti, obiettivamente. E allora non ci resta che continuare a fare ciò che il nostro cuore ci ha sempre ininterrottamente suggerito di fare: tifare questa maglia gloriosa sperando che le montagne russe alle quali siamo, ahimè, abituati ci diano tregua e ci facciano passare una stagione dove solo i temi di campo siano la base di stretta attualità sulla quale gioire (molto) o crucciarsi (il meno possibile). Tifare è un mestiere difficile, ma a tifare Toro almeno non ci si rischia di annoiare mai!

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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