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In occasione del derby, l'ex giocatore del Torino ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano Avvenire. Queste sono state le sue parole:
Agroppi ha iniziato l'intervista parlando di Meroni, ecco le sue parole:
"Meroni era la nostra stella più bella. Era un artista anarchico che passeggiava sotto la Mole con una gallina a guinzaglio Lui era un campione, il “Best italiano”, un personaggio venuto al mondo per far discutere e far innamorare i tifosi. Se non avessimo vinto contro la Samp quella sera, come era previsto, l’allenatore Edmondo Fabbri ci avrebbe portato in ritiro fino al lunedì mattina, e Meroni non sarebbe morto..."La domenica dopo la morte di Meroni ci attendeva il derby. Entrammo in campo senza più lacrime da versare, ma pieni di rabbia e di speranza e vincemmo 4-0. Quello fu il derby più doloroso dei dodici che disputai (ne avrò persi tre o quattro al massimo e riuscii ad andare in gol in tre diverse occasioni). Il derby più bello? E' stato quello del 26 marzo del 1972, finì 2-1 e io segnai la rete della vittoria... Ho fatto stampare la foto che tengo giù in taverna: io che calcio da terra in mezzo a un nugolo di juventini.
Il suo pensiero sullo scudetto perso nel '72 a causa di un gol/non gol contro la Sampdoria:
"Ci annullarono un gol sacrosanto a San Siro contro il Milan e un altro clamoroso a Marassi con la Samp. Un certo Marcello Lippi su un mio tiro a botta sicura ricacciò fuori il pallone che era entrato di almeno 30 centimetri. Ho fatto anche di quella foto, e tutti i filmati dell’epoca parlano di “gol netto”. Solo Lippi ha continuato a ripetere che aveva respinto il pallone sulla linea".
Successivamente gli è stato chiesto di ricordare i suoi derby:
"Il derby era fascino, atmosfera popolare e umanità, il tutto è condensato in 90 minuti. I nostri erano battaglie vere che cominciavano già nel sottopassaggio del Comunale. Bettega era il più insopportabile dei bianconeri, mentre Damiani e Causio al contrario erano simpaticissimi. Scirea un gigante in campo e un uomo straordinario fuori... Tempo fa ho scritto una lettera aperta contro quegli imbecilli che ad ogni derby continuano a intonare cori beceri prendendosela, da una parte, con la memoria del povero Scirea, e dall’altra, con le vittime di Superga. È anche per colpa di questa gente se non metto più piede allo stadio".
Gli è stato chiesta se preferisce Mihajlovic o Allegri, ecco la sua risposta: "In Serie A il tecnico conta per il 20%, il resto lo fa la società: se è organizzata e tutela i suoi uomini, allora vince e convince, altrimenti salta tutto. L’allenatore più bravo del mondo è una fantasia giornalistica... “Acciuga”, Allegri, è toscano, è simpatico, un belloccio, prende tutto con leggerezza e nel calcio mediatico di oggi questi sono ingredienti basilari. Però lui ha la Juve alle spalle e ricordiamoci che quando era a Cagliari perse otto partite di fila e venne esonerato. Mihajlovic è stato un ottimo calciatore, è sveglio, ha carattere, però idem come Allegri, da quando allena ha avuto alti e bassi. Per ora al Toro Sinisa funziona, ma i conti si dovranno fare a giugno".
Infine ha stilato un bilancio della sua esperienza al Toro, rammaricandosi per non essere presente nel '76, il suo commento: "Mi manca un pezzo importante, lo scudetto del ’76. I tifosi che mi hanno sempre voluto bene lo sanno: il giorno che il Toro vinse quel tricolore io non ero contento. Volevo essere una bandiera fino a fine carriera e invece mi diedero il benservito cedendomi al Perugia. Il mio posto lo prese Patrizio Sala, e con tutto il rispetto fu come se sul palco a cantare avessero fatto salire Pupo al posto di Frank Sinatra. Ho pianto quando mi dissero che dovevo lasciare il Toro, oggi invece i giocatori piangono se dopo un anno che sono arrivati - e dopo aver giurato amore eterno alla maglia - , non li lasciano andare da chi gli ha fatto un'offerta più alta. Il cuore Toro? Esiste ancora, ma ora è quello dei tifosi e degli ultimi ragazzi del “Fila” come me".
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