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Bomba carta al Derby, l’appello del pm contro Saurgnani: “Poteva uccidere”

Redazione Toro News

Il punto / Il supporter della Juventus era stato condannato a 2 anni e 8 mesi per "concorso morale nella vicenda". Il pm Andrea Padalino ha presentato ricorso in appello

"Due anni e 8 mesi di reclusione: questa la sentenza con cui il Tribunale di Torino lo scorso 7 febbraio aveva condannato Giorgio Saurgnani, il tifoso juventino imputato per il lancio di una bomba carta nel Derby della Mole del 2015 che causò 11 feriti tra i supporter granata presenti in 'Curva Primavera'. Com’è noto, il pm Andrea Padalino aveva chiesto sette anni di reclusione. La corte torinese invece, alla fine, lo condannò a 2 anni e otto mesi. Queste le motivazioni: Saurgnani fu ritenuto responsabile per il solo «concorso morale» nella vicenda, non potendo stabilire «oltre a ogni ragionevole dubbio» che la mano che lanciò quel petardo fosse realmente la sua. In parole povere, non c'è - secondo quanto hanno stabilito i giudici di primo grado - la prova inconfutabile che sia stato il Saurgnani a possedere, introdurre nello stadio e lanciare l'ordigno; a carico del 30enne bergamasco è stata addotta solo la condotta dell'aver consigliato e dettato la strategia all'esecutore materiale del lancio, rafforzando in lui il proposito criminale. Esecutore che il Saurgnani a sua volta non ha mai identificato, asserendo di non conoscerlo: questo è uno dei punti su cui il giudizio di appello - che sarà attivato sia dall'accusa che dalla difesa - dovrà fare luce.

"Dalle immagini raccolte dalle 6 telecamere di sicurezza presenti all'interno dello Stadio Olimpico, infatti, non si evince con certezza se sia stato proprio il bergamasco l'artefice materiale del gesto. L'accusa ha fatto perno sui messaggi ritrovati nelle famose chat nel suo cellulare. "Tra poco booom" recita uno dei tanti messaggi Whatsapp inviati dal telefono di Saurgnani a pochi minuti dall'esplosione. Ma anche: "Il mio consiglio è stato: mi raccomando, la prima non deve essere una torcia che crea scompiglio ma una bomba carta, perchè c'era il rischio che se la prima fosse stata una torcia allora no, finiva tutto lì". Per gli inquirenti prove di colpevolezza, mentre quest'ultimo messaggio è stato forse quello che ha maggiormente influenzato la sentenza del giudice: Giorgio Saurgnani, in assenza di immagini inequivocabili, non è stato quindi riconosciuto colpevole né per il lancio né per la detenzione di quello che inizialmente è stato considerato un ordigno (e che poi la sentenza ha declassato a «petardo», derubricando la fattispecie da "lancio di esplosivi" a "lancio di oggetti pericolosi"). L'unica certezza emessa dal giudice, è la responsabilità del tifoso per 'concorso morale' alla vicenda (infatti la bomba carta non fu preceduta dal lancio di una torcia) oltre alla denuncia per danni aggravati.

"Ora però il pm Andrea Padalino non ci sta, e ha presentato ricorso in appello contro la sentenza emessa dal Tribunale di Torino. “Un ordigno capace di uccidere - ha tuonato il pm ritenendo ingiusta la condanna - Hanno considerato una bomba carta al pari di un petardo o un fuoco d’artificio. Ma aveva potenzialità di provocare morte. Cosa sarebbe accaduto se l’ordigno fosse esploso addosso agli spettatori? Avrebbero fatto la fine dei seggiolini dilaniati?". Insomma, la vicenda è ancora lontana dalla definitiva parola fine. Intanto, Saurgnani - che ha scontato otto mesi di carcere su esecuzione di una misura cautelare - ha ripreso a lavorare e continua a sostenere la sua innocenza. Dopo la sentenza di primo grado si è raccontato in un’intervista rilasciata al Giornale di Treviglio: "È emerso un fatto molto strano al processo. In tutte e sei le telecamere mancano tre minuti di ripresa durante il derby: il minuto dell’esplosione, quello antecedente e quello successivo all’esplosione. Il lancio, è stato ipotizzato, partì dai tre anelli dello stadio, quindi era impossibile identificare una sola persona". Tutto questo per una partita di calcio: "Il calcio è stata la mia grande passione. Ora però ha rubato 8 mesi della mia vita e non lo guarderò mai più con lo stesso spirito".