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Boulevard of Dreams: Toro-Juve 3-2 ’83

Federico Danesi

In testa la rimonta sulla Roma, che viaggiava avanti di tre punti (e pi avrebbe vinto quel campionato) e la semifinale di Coppa Campioni che si avvicinava,...

"In testa la rimonta sulla Roma, che viaggiava avanti di tre punti (e pi avrebbe vinto quel campionato) e la semifinale di Coppa Campioni che si avvicinava, contro il Widzew Lodz (prima di perdere la finale ad Atene con l’Amburgo).

"Ecco uno dei motivi per i quali la Juve uscì triturata da quel derby di fine marzo ’83 passato alla storia di tutto il calcio mondiale come quello della grande rimonta. Ma in realtà la causa maggiore, come spesso successo nella storia della stracittadina torinese, è da ricercare nel cuore della squadre e dei suoi tifosi. Basta guardare il dato del pubblico, impressionante se paragonato ad oggi: 59.049 spettatori per una gara che valeva moltissimo per entrambe anche se alla fine ha consegnato alla storia solo una squadra ché quei 125 secondi, quelli effettivi di gioco intercorsi fra le tre reti granata, sono valsi una vita.Da una parte il Toro di Bersellini e Zaccarelli, Terranno e Dossena, Hernandez e Beruatto, uno dei tanti figli del Filadelfia. Dall’altra sostanzialmente i freschi campioni del Mondo in Spagna più Platini e Boniek e in mezzo Lo Bello di Siracusa. Basta un quarto d’ora e un errato disimpegno di Van de Korput (per chi non c’era allora e non abbia mai visto le immagini, simile a quello di Aronica contro il Toro) e per Paolo Rossi è quasi un gioco superare Terranno. E per un’ora è più Juve, che riesce a gestire bene il vantaggio sfiorando il raddoppio nonostante il Toro ci provi, mettendoci quello che ha. E quando al 20’ della ripresa arriva anche il rigore per i bianconeri, che Platini si fa respingere ma poi è lesto a ribadire in gol, sembrano calare i titoli di coda.Sembrano, appunto. Perché si gioca in casa Toro, perché lasciare un altro derby dopo aver perso quello d’andata pare impossibile e perché si attacca sotto la Maratona, quella dove ancora campeggiava quel Toro enorme che ha segnato un’epoca. Passano sei minuti e Beppe Donnesca incorna, riaccendendo la speranza. Altri sessanta secondi e Beruatto crossa per Loris Bonesso, altro ragazzo svezzato al ‘Fila’ che aveva vissuto come raccattapalle lo scudetto del ’76 e che un gol così lo sognava da una vita. Zoff raccoglie un altro pallone alle spalle e Borsellini guarda al cielo, come a chiedere un ultimo segnale. Gli arriva subito, e la radiocronaca dell’epoca con la voce di Enrico Ameri è ancora da brividi: Zaccarelli serve Van de Korput, palla in mezzo e la girata di Fortunato Torrisi è una lama. Come se tutto fosse già scritto, ma sontuosamente vero. Da allora Bonesso e Torrisi, ancor più di Dossena, sono entrare nell’immaginario collettivo come simbolo di un calcio proletario e bellissimo. Da allora quel Toro è entrato nella storia dalla porta principale. E allora come oggi Giampiero Boniperti, che come sempre se ne andava nell’intervallo, patisce al ricordo anche se di pagine belle nei derby ne ha scritte pure lui. Riviverlo oggi fa quasi male a ripensarci. Ma è stato stupendo viverlo, resta un orgoglio ricordarloTORINO - JUVENTUS 3-2Reti: 15' P. Rossi, 65' Platini, 71' Dossena, 72' Bonesso, 74' Torrisi

"Torino: Terraneo, Van De Korput, Beruatto, Zaccarelli, Danova, Galbiati, Torrisi (dal 78' Corradini), Dossena, Selvaggi, Hernandez, Borghi (dal 59' Bonesso). A disposizione: Longo, E. Rossi, Bertoneri. All.: Bersellini.

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"Juventus: Zoff, Gentile, Cabrini, Bonini, Brio, Scirea, Bettega, Tardelli, P. Rossi, Platini, Boniek. A disposizione: Bodini, Storgato, Furino, Marocchino. All.: Trapattoni. Arbitro: Lo Bello di Siracusa.

Federico Danesi