È il più acclamato dai tifosi a Pinzolo, ha avuto l'onore di leggere i nomi a Superga lo scorso 4 maggio e ora sogna di diventare una bandiera del Toro. Fresco di rinnovo fino al 2028, Alessandro Buongiorno ha incontrato i giornalisti presenti in ritiro per rispondere ad alcune domande.
LE VOCI
Buongiorno: “Il Toro per me è famiglia. Ruolo? Meglio al centro della difesa”
Alessandro, come avete vissuto la presentazione della squadra in piazza?
“È stata una bellissima serata con tanti tifosi che sono venuti a vederci. È stato emozionante, siamo stati contenti”.
Con la Feralpisalò abbiamo già visto parte di quanto provato in allenamento?
“Sì, abbiamo ripreso i concetti sviluppati in allenamento e negli anni precedenti: dobbiamo cercare di portarli avanti”.
Come sta andando il ritiro?
“Sta andando bene, ma è tosta. Negli ultimi giorni è anche piovuto quindi tutto è stato più faticoso, ma siamo qui per questo e per recuperare la forma”.
Cinque anni fa era un ragazzo aggregato alla prima squadra, ora ne è uno dei leader. Si rivede nei ragazzi presenti a Pinzolo?
“Sì, assolutamente. Mi rivedo tanto in loro e cerco di dare consigli perché io mi sono ritrovato nella loro situazione. Quando posso cerco quindi di aiutare nella speranza che anche loro possano crescere tanto”.
Che cosa c’è di più in lei e nel Torino rispetto all’anno scorso?
“A livello personale c’è la consapevolezza. All’inizio dovevo cercare di giocarmi le mie carte, ora mi sento molto più leader e sento di poter aiutare i compagni e dare un consiglio, mi sento anche molto più responsabile sul campo. A livello di squadra, abbiamo acquisito molta più consapevolezza nel gioco e in quello che dobbiamo fare, siamo molto più uniti e dobbiamo continuare su questa strada”.
Come state vivendo questa fase della stagione? Quanto le piacerebbe che questo zoccolo italiano si consolidasse?
“Sicuramente il fatto che il gruppo si consolidi e rimanga unito è una delle cose più importanti. Noi quando ci alleniamo e lavoriamo pensiamo poco alle voci di mercato, ognuno di noi finché è qua deve continuare ad allenarsi al massimo. Il fatto che sia arrivato Bellanova che è un italiano consolida questo gruppo che era già unito”.
Quanto è importante avere un’anima italiana?
“È molto importante avere un’anima italiana, ma ancora più importante è avere un’anima che capisca cos’è il Toro, a prescindere poi dalla nazionalità”.
Che cosa è diventato il Toro per lei?
“Per me il Toro è famiglia. Io ci sono cresciuto e sono migliorato tanto, anche in questi ultimi anni. Ho trovato dei compagni fantastici ma soprattutto dei tifosi incredibili che mi hanno fin da subito fatto sentire parte del tutto e adesso ancora di più. Sono contentissimo di rappresentare questo per loro e in virtù di questo io darò sempre il massimo quando dovrò scendere in campo e cercherò di portare avanti questa cosa anche fuori dal campo. Quindi sono contentissimo di tutto quello che si sta creando e spero che migliorerà ancora”.
Qual è l’obiettivo personale e di squadra?
“A livello personale è arrivata la Nazionale, quindi voglio continuare su quella linea. A settembre ci saranno le convocazioni e sarebbe bellissimo per me essere convocato. A livello di squadra continuare ad alzare il livello tecnico e tutto quello che serve per arrivare ancora più in alto in classifica”.
Quest’anno chi sarà il capitano?
“Credo che la fascia sia di Rodri (Ricardo Rodriguez, ndr). Il fatto che io sia ben voluto da tutti i tifosi mi fa molto piacere, ma credo sia giusto che il capitano rimanga lui, nonostante sia stato comprensivo e bravo con me ad esempio con la lettura dei nomi l’anno scorso”.
In ritiro ci sono tanti difensori giovani, c’è qualcuno che sembra più pronto per la prima squadra?
“N’Guessan e Dellavalle sono due prospetti importanti: uno si allenava spesso con noi l’anno scorso e l’altro ha vinto l’Europeo, quindi credo possano fare bene. Adesso sta a loro cercare di capire quello che viene chiesto dal mister e lavorare molto per migliorarsi”.
Come si è trovato con Schuurs? E preferisce giocare da centrale o da braccetto?
“Con Perr mi sono trovato benissimo sia a giocare da braccetto sia centrale con lui a destra. È un ragazzo fantastico e anche un giocatore fantastico. Personalmente risalto meglio da centrale, però mi piace fare il braccetto perché posso attaccare di più. L’anno scorso mi sono ritrovato in qualche occasione a fare anche qualche assist e qualche incursione per aiutare i compagni in attacco. Però da centrale riesco a recuperare più palloni giocando fisso sulla punta”.
Sente che questo sia l’anno buono per raggiungere anche un obiettivo?
“Noi lavoriamo e ci alleniamo per far sì che lo sia. Ci fa tanto piacere l’arrivo di tutti questi tifosi qui ad assisterci sia all’amichevole ma anche ad ogni allenamento e alla presentazione della squadra. Noi siamo una squadra che si conosce abbastanza bene a cui si sono aggiunti due o tre innesti. Lavoreremo tanto e saremo uniti per dare il massimo sul campo”.
Lavora anche per seguire l’azione in attacco?
“È un’idea di quello che può essere lo sviluppo in campo. Dovrò lavorare bene e tanto anche per migliorare la fase offensiva nel caso in cui dovessi trovarmi in attacco ad aiutare i compagni”.
Che cos’altro deve migliorare per essere sempre più al top?
“Devo ridurre un po' i falli, anche se nell'ultima parte di stagione sono migliorato molto dal punto di vista dei falli e dei cartellini: ci ho lavorato molto con il mister. Secondo me adesso ci sono da migliorare la fase offensiva e i cross, poi devo cercare di segnare più gol su piazzato. È una cosa mia ma anche della squadra”.
Si vede come una bandiera del Toro?
“Sarebbe una cosa bellissima. Come dico sempre, il Toro deve essere un punto di arrivo per tutti. Bisogna cercare sempre di alzare l’asticella e migliorare a livello di singoli, di squadra e di società. Se si dovessero compiere queste cose sarebbe bello per me”.
Cosa cambia tra difesa a quattro o a tre?
“Da una parte ti muovi guardando la palla e la zona, dall’altra è tutto più in relazione dell’uomo. Qua torna la questione dello studio: chi è abituato ad avere la mente aperta non fa fatica a comprendere quello che si deve fare nonostante si cambi modulo”.
Intervista a cura di Alberto Giulini e Federico De Milano
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