Diceva Serse Cosmi pochi giorni fa che “è destino dei tifosi del Torino non potersi godere appieno le cose positive”. Ovviamente parlava di Belotti e di una sua eventuale e supposta cessione. Un ragionamento quello dell'ex allenatore del Perugia (tra l'altro uno che per carattere e dna avrebbe potuto essere “da Toro”…) verosimile guardando alla storia gloriosa della società e alle sue tragedie (il Grande Torino o Gigi Meroni portati via dal fato nel pieno del godimento dei tifosi), ma anche pensando che la squadra del 76 ha vinto troppo poco per il potenziale che aveva o che negli anni Ottanta e Novanta tanti talenti del vivaio sono rimasti troppo poco tempo in granata (Fuser, Lentini, Vieri, ecc.).
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Chi sta rubando i sogni del Toro (e dei suoi tifosi)?
Una considerazione, quella di Cosmi, che in realtà può anche essere allargata al rischio corso all'epoca del fallimento di Cimminelli di non godere nemmeno più del Toro in sé se non fosse rinato grazie al Lodo Petrucci, ma si fosse definitivamente chiusa la allora quasi centenaria storia granata. Eppure, in una maniera o nell'altra, il popolo del Toro non è mai morto, né si è mai dato per vinto anche quando si è trovato sul ciglio del baratro. Da quando è entrato in scena Cairo poi, l'altalena di emozioni è stata degna delle migliori montagne russe del mondo: entusiasmo alle stelle al suo arrivo col miracolo promozione in A (Papa Urbano, chi lo ricorda questo soprannome?) poi cupa contestazione degli anni bui in serie B, infine nuovo entusiasmo con la qualificazione Uefa, ma anche una certa disillusione per un “progetto” sportivo che va più lento della costruzione della Sagrada Familia a Barcellona e dà l'impressione che manchi sempre di qualcosa per essere veramente tale, cioè un progetto con la "p" maiuscola. Il Toro sotto la gestione Ventura ha intrapreso con successo la politica delle plusvalenze, una delle poche che permette di autofinanziarsi anche in assenza di fatturati di un certo livello. Una politica che, se davvero il Gallo partirà, raggiungerà l'apice del successo con la più grande plusvalenza della storia della società. Di per sé non è un male fare plusvalenze, ma, nonostante siamo al secondo scudetto del bilancio consecutivo, faccio comunque fatica a gioirne e prendere il bandierone per fare i caroselli in via Roma… Ecco, il nodo della questione è proprio questo: il tifoso è rimasto scottato dal fallimento, ma ciò non dovrebbe impedirgli di sognare un Torino magari non Grande, ma in grado di competere con le big italiane.
Un Toro che punta all’Europa e che ha ritrovato il Fila dovrebbe viaggiare sulle ali dell’entusiasmo. Eppure non è proprio così perché ad oggi quello che manca al tifoso è proprio la capacità di sognare: sognare un colpo importante di mercato, sognare di poter vedere per anni con la maglia granata addosso i giocatori più rappresentativi o i talenti del vivaio, sognare di vedere una squadra “operaia” capace di guadagnarsi un posto in paradiso o anche solo sognare di vedere perpetrato nel tempo quel "vulnus" di valori caratteristici dell'essenza granata. Purtroppo la sensazione attuale è che a fronte di buoni piazzamenti in campionato che hanno consolidato il Torino nella parte media della classifica, non ci siano margini di crescita sportiva: il famoso “autofinanziamento”, cioè la condizione economica ideale per il sostentamento della società, è in realtà la pietra tombale di ogni slancio sportivo e di ogni ambizione appena superiore che si possa coltivare. E così le plusvalenze vengono messe nel granaio per gli inverni freddi futuri e non reinvestite per generare un circolo virtuoso del tipo più risultati sportivi/più risultati economici.
Crediamo davvero che i calciatori non sappiano che il piccolo cabotaggio della società non sia per loro solo un’occasione di lancio (o di rilancio a seconda dei casi)? Come possiamo sperare che il più forte centravanti italiano accetti con entusiasmo di rimanere in una squadra che nonostante 25 milioni di budget per il mercato in due mesi non ha ancora preso un centrocampista forte andando a colmare una delle più evidenti lacune dell'organico?
Possiamo prendercela con la legge Bosman, coi procuratori avidi e senza scrupoli, con la mancanza di attaccamento alla maglia anche dei giocatori che fanno tutta la trafila delle giovanili, con quelli che dopo dieci partite buone battono cassa, con la Lega calcio che incentiva una sperequazione sempre più ampia nella distribuzione delle risorse economiche tra i club, possiamo trovare mille capri espiatori, ma la domanda resta la stessa: chi sta davvero lentamente e chirurgicamente devitalizzando la capacità del tifoso granata di sognare?
Da tempo opinionista di Toro News, dò voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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