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di Andrea Ferrini
Proviamoci, facciamo questo sforzo e tentiamo di rivolgere il nostro sguardo al, fosco, futuro. Sarà B. Ancora, per la terza volta. Bene, anzi male. Molto male.
In questi 6...
di Andrea Ferrini
Proviamoci, facciamo questo sforzo e tentiamo di rivolgere il nostro sguardo al, fosco, futuro. Sarà B. Ancora, per la terza volta. Bene, anzi male. Molto male.
In questi 6 anni è cambiato tutto, o quasi.
Sono cambiati i giocatori, una miriade, volti che abbiamo già scordato e altri che invece rimarranno impressi nella memoria granata per meriti o demeriti. Abbiamo visto prestiti, promesse, talenti, paracarri, discreti mestieranti e tanta gente che con il Toro aveva poco a che fare.
Sono cambiati gli allenatori, in sella a una giostra che ha visto ritorni clamorosi, cameo di pochi giorni, cambi più o meno sensati. Ci sono stati i giovani, gli esperti, i nomi altisonanti, i concreti, i burberi, i testoni. Nessuno di questi è riuscito a convincere fino in fondo.
Sono cambiati i direttori sportivi, gli sponsor, gli stadi, i medici. Prima ancora era cambiato il nome, il logo.
L’unico elemento di continuità è Urbano Cairo, che è riuscito a sprecare stagione dopo stagione un credito di cui non aveva potuto disporre alcun presidente nella storia del Torino.
Quante volte abbiamo sentito la frase ''Questa volta impareremo dai nostri errori''? A questo punto, dopo aver cambiato tutti gli altri elementi in gioco, evidentemente la stonatura sta al vertice. Cairo non può permettersi, dopo una stagione del genere, di fare finta di nulla, ricominciare con la deleteria politica dei prestiti e del mercato a costo zero, sperando che la gente continui ad andargli dietro. O passa la mano come promesso o fa quello che gli si chiede da anni: spendere. Ma anche questo non cambierà.
Dimenticavo, neanche i tifosi sono cambiati. Quelli sono sempre lì. E ci saranno ancora, per sempre. Sono loro il filo granata che unisce la storia di una squadra che ben altra sorte meriterebbe. Dagli Invincibili allo scudetto del ’76, dall’ultima Coppa Italia agli anni bui che sembrano non voler finire mai, quel cuore pulsante è sempre lì. Esasperato, stufo, stanco ma vivo.
(Foto: M. Dreosti)
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