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"Quest'anno la ricorrenza cade in un periodo particolare per quello che sta vivendo la squadra, speriamo che dopo questo compleanno abbia la possibilità di risollevarsi". Claudio Sala, in esclusiva su Toro News, si racconta ed analizza il Toro di ieri e di oggi in occasione del centoquattordicesimo anniversario della fondazione del club. Undici stagioni, 365 partite e 22 reti in granata per il capitano dell'ultimo scudetto, che ha scritto pagine importantissime di storia: "Dal centenario in avanti festeggiamo ogni anno, questi sono traguardi importanti".
Claudio Sala, lei è stato tra i grandissimi protagonisti del primo scudetto dopo la tragedia di Superga: qual è stata l’emozione di scrivere un pezzo di storia così importante?
“Noi non ce lo aspettavamo, eravamo partiti per fare un campionato normale. C’era un allenatore nuovo, la squadra era nuova ed i giocatori di lunga data non erano stati confermati. Partivamo senza che ci fossero i presupposti per vincere uno scudetto, ma quella squadra si è trovata e finalmente abbiamo vinto un titolo che è stato molto importante per la città e per il Toro”.
In quella squadra c’erano due grandissimi attaccanti come Pulici e Graziani, oggi c’è Belotti. Che ne pensa del Gallo?
“È un giocatore che fa la differenza, si dà da fare e lavora anche per la squadra. È un attaccante completo, che non sta fermo davanti ma torna e difende anche, pur dando il meglio di sé nella metà campo avversaria. Il Torino dovrà pensarci dieci volte prima di cedere un giocatore del genere”.
Con Claudio Sala a rifornirlo, dove potrebbe arrivare Belotti?
“Magari potrebbe fare qualche gol in più, ma è difficile capire quali. Gli arriverebbero più assist da concretizzare, ma ho visto che sta segnando ugualmente anche se mancano i cross dal fondo”.
Tornando a lei, qual è il ricordo più bello e quale il più brutto con la maglia granata?
“Il momento più difficile è aver perso il campionato a 50 punti con la Juve che ne aveva fatti 51. Pensavamo di vincerlo ma non ce l’abbiamo fatta. L’anno prima ci aspettavamo di non vincere assolutamente niente ed invece abbiamo conquistato lo scudetto. Ecco, il momento più bello è questo tricolore arrivato quasi per puro caso e che avremmo potuto bissare l’anno seguente”.
A distanza di tanti anni i tifosi la ricordano ancora con grandissimo affetto…
“Questo mi fa piacere, vuol dire che hai lasciato un bel segno, hai fatto bene e ti sei dedicato al Torino. Io ero un giocatore di fantasia, ma non tiravo mai indietro la gamba. Alla tecnica cercavo di unire la tattica ma soprattutto l’agonismo e la voglia di vincere”.
Che cosa rappresenta per lei il Toro?
“Io ho trascorso tre anni al Monza, uno al Napoli, due al Genoa e undici al Torino. Quegli undici anni di Torino mi hanno convinto a sposare la causa granata. Non è facile, ma quando finalmente riesci a trovare un equilibrio e raggiungere certi traguardi con una società bisogna fare festa”.
Una parte molto critica della tifoseria sostiene che quello di oggi non si più il Toro. Che idea si è fatto a riguardo?
“Su queste cose sono molto cauto. Speriamo sempre di fare di meglio e qualcosa in più. Siamo legati alla speranza che possa tornare il Toro di una volta, ma ora non si può più vincere uno scudetto. Ai miei tempi l’hanno vinto la Lazio, il Verona, la Fiorentina ed il Cagliari oltre al Toro. Adesso solo Milan, Inter, Juve e ancora Juve, Inter e Milan, con il Napoli che ai tempi di Maradona vinceva ed ora sta cercando di tornare nuovamente in auge”.
Al centro delle critiche c’è il presidente Cairo. Come giudica la sua presidenza?
“È una presidenza molto particolare, Cairo non riesce mai a legare un pochino con i tifosi e questo è un guaio. Il Torino deve essere un tutt’uno: squadra, dirigenti e tifosi. Tutti devono essere incanalati sulla stessa strada, ma ogni tanto c’è qualche scollamento e devo dire che questo non aiuta una squadra che ha già dei problemi”.
Il Toro con Giampaolo sta migliorando sul piano del gioco ma sta fatica a conquistare punti. Come valuta la sua gestione?
“La squadra una volta aveva degli attaccanti che concretizzavano poco, ora la situazione si è ribaltata ed il problema sembra essere la difesa. Due anni fa quella del Toro era tra le migliori del campionato. Oggi mi meraviglio a vedere Izzo, Nkoulou e Ansaldi: due anni fa erano elementi fondamentali, ora non trovano posto e fanno fatica ad emergere...”.
E in questo periodo difficile arriva il derby…
“Arriva nel momento meno propizio, sia per noi che per loro. Anche loro sono un pochino in difficoltà, quindi speriamo di sfruttarne le debolezze e riuscire a centrare un obiettivo importante soprattutto per la classifica e per il morale. Uscire sconfitti da questo derby vorrebbe dire rimanere sempre in una zona che è molto pericolosa”.
Nessuno in Europa è stato rimontato tanto quanto il Toro: che cosa c'è secondo lei all’origine del problema?
“Questa squadra riesce ad andare in vantaggio, ma poi lascia l’iniziativa all’avversario ed è chiaro che prima o poi un golletto te lo fa. Quando ha fatto un gol deve cercare subito di fare anche il secondo. Questo secondo me non è ancora entrato nella testa di tutti, la squadra deve ritrovarsi dal punto di vista della personalità”.
Che cosa manca al Toro per tornare a competere stabilmente per un piazzamento europeo?
“Manca tanto, dal mercato non viene mai fuori niente di importante. Quest’anno dovrà però emergere qualcosa di significativo, perché la squadra va migliorata”.
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