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columnist
Belotti, uno che andrebbe clonato per come non molla mai, conquistandosi e trasformando quel calcio di rigore ha regalato un lumicino di speranza al Torino. E quel lumicino il Torino lo deve inseguire fino in fondo, andando in Inghilterra a giocare una prova coraggiosa e orgogliosa, per amor proprio e per rispetto del percorso che è stato fatto per arrivare a questo punto. Ma realisticamente parlando non si può che definire almeno probabile il passaggio del turno del Wolverhampton. Non solo per il risultato di 2-3, che teoricamente lascia ancora aperto l'esito dell'eliminatoria, ma per la differenza oggettiva che si è vista tra le due squadre, su tutti i fronti: tecnico, tattico, mentale. La qualificazione è saldamente nelle mani del Wolverhampton, squadra che peraltro è nota per come sa esaltarsi quando gioca al Molineux Stadium.
La prospettiva dell'eliminazione è concreta al punto che si può tranquillamente iniziare a riflettere su quali siano i motivi e su quali potrebbero essere le conseguenze. Per quanto riguarda i motivi, è verissimo che il Torino se la può prendere con un regolamento Uefa rivedibile (Perchè i sorteggi del playoff prima del terzo turno?) e con la sorte, visto che il Wolverhampton è probabilmente la squadra più forte fra tutte quelle che si stanno giocando l'accesso ai playoff. Ma se si vuole essere competitivi in Europa è chiaro che avversari di questo livello presto o tardi si incontrano. Inoltre si sapeva dal momento dell'esclusione del Milan che i turni da passare per arrivare ai gironi sarebbero stati tre e che almeno per l'ultimo di questi il Torino correva il rischio di non essere testa di serie. Non può passare inosservato il fatto che la casella degli acquisti sia ancora ferma a zero: i tanti perchè di questo immobilismo inevitabilmente vacillano se il risultato del campo alla fine non è quello sperato.
Ma è soprattutto sulle conseguenze della serata di ieri che ora occorre riflettere. Mazzarri, citando l'esempio dell'Atalanta di un anno fa, prima della partita si era detto ottimista sul fatto che la squadra avrebbe reagito nel migliore dei modi in caso di eliminazione. Probabilmente aveva il presentimento di cosa sarebbe potuto accadere. Ora le sue parole vanno tramutate nei fatti. Un club solido sa come gestire l'eventualità di una sconfitta dolorosa, che può causare anche un primo fisiologico momento di difficoltà, utilizzando la progettualità come collante per tenere unite tutte le componenti (leggasi: in primis i cosiddetti "big") e sostenendo l'allenatore, se in lui si crede, per quelle che sono le sue esigenze. Il Torino ha fin qui fatto credere di essere un corpo unico tra società, allenatore e squadra. Ora è il momento di confermarlo.
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