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Un dirigente capace e competente, oltre che un uomo d'altri tempi: Fabrizio Salvatori torna a Torino con il suo Trapani, per il terzo turno della Coppa Italia di questa stagione. E' in Sicilia dal dicembre 2016, quando assunse il ruolo di direttore sportivo per la società del comandante Morace, allora in gravissima difficoltà nel campionato di Serie B. Nonostante un girone di ritorno decisamente migliore, la squadra è alla fine retrocessa; Salvatori si ritrova ancora alla guida del club siciliano, ma a Torino è ricordato per essere stato il primo direttore sportivo del presidente Urbano Cairo. Nel settembre 2005, in una settimana costruì la squadra che nel giugno successivo si guadagnò una romanzesca promozione in Serie A, dopo la finale play-off contro il Mantova.
"Fabrizio Salvatori, come mai la scelta di rimanere a Trapani nonostante la retrocessione?
"E' stato un impegno personale che mi sono preso con la famiglia Morace. Non mi sentivo di lasciare in difficoltà questa società, fatta di persone serie. La retrocessione ha fatto male a tutti, arrivata dopo una lunga e difficile rincorsa: proprio alla fine non abbiamo colto l'attimo decisivo per arrivare a giocare i play-out. In un primo momento avevo lasciato, e il Trapani aveva trovato il sostituto (il diesse Magalini, ndr). Dopo dieci giorni però chi era arrivato ha cambiato idea e il club, in momento di estrema difficoltà, si è rivolto a me. Io ho detto che avrei accettato, ma che avrei avuto bisogno di essere affiancato da una persona che conoscesse la categoria, non avendo mai fatto la Lega Pro. E' arrivato Adriano Polenta, e dunque eccoci qui".
"Che Trapani arriverà venerdì allo Stadio Grande Torino?
"Sulla carta non ci sarà partita, vista la differenza di valori tra le due squadre. Siamo una squadra in via di costruzione, cerchiamo alcuni innesti che aumentino il tasso di esperienza. Per noi già essere arrivati a Torino è una bella cosa, significa che quel poco che è stato fatto fin qui, è stato fatto bene. Abbiamo un ex ragazzo del Torino, Sparacello: ha grandi doti fisiche, non è ancora riuscito a esplodere, ma questa può essere la sua annata".
Il Torino di Mihajlovic. Che impressione le fa?
"E' una squadra che secondo me, al secondo anno con questo allenatore, è pronta per lottare per l'Europa, anzi: io la vedo come favorita. La Fiorentina ha ceduto i giocatori migliori, le altre potenziali concorrenti sono secondo me sullo stesso livello del Toro. Non vedo tante altre società che si stanno muovendo bene come il Torino. Hanno confermato tutti i migliori, inserendo qualche buon tassello".
Tra l'altro, lei Mihajlovic lo conosce bene...
"E' stato un mio allenatore ai tempi del Bologna. Lo dico sinceramente: è un ottimo allenatore e un'ottima persona, secondo me può arrivare ad allenare a livelli alti. Ha carisma e carattere".
Già, ma al Bologna lo esoneraste...
"Fui indicato come responsabile della scelta. Non fu così; la presidente Menarini fu condizionata da consiglieri esterni. Mihajlovic pagò colpe non sue".
E il presidente Cairo? Quanto è diverso oggi da quello del 2005?
"Posso giudicare il Cairo del 2005: ci diede carta bianca, si mise nelle mani mie e di De Biasi e avemmo la bravura e la fortuna di azzeccare molte scelte. Cairo arrivò il 2 di settembre, facemmo la squadra per la Serie B in una settimana, in fretta e furia. Ricordate che Muzzi arrivò la mattina dell'esordio in casa contro l'Albinoleffe? Fu una bella esperienza. Non so se sia stata la mia migliore stagione da direttore, visto che ho ottenuto altri buoni risultati, ma probabilmente può essere così, vista la particolarità delle circostanze".
Con Cairo siete rimasti in buoni rapporti?
"Me ne andai perchè avevo capito che cercava qualcosa di diverso. Prese Tosi come direttore generale, e in quel periodo ci fu anche la querelle con Giovanni Sartori che aveva firmato col Torino e anche con un'altra società. Io credo che una società può essere gestita da una mente sola, non mi piace la confusione nei ruoli. O ci si fida o non ci si fida, e dunque dopo un solo anno finì la mia avventura a Torino".
E del lavoro del suo collega, Gianluca Petrachi, cosa pensa?
"E' al Torino da tanti anni e ha costruito un presente importante ma un futuro ancora migliore. Lo conosco, perchè è stato un mio giocatore a Perugia. Ha fatto un lavoro non da poco, selezionando tanti giocatori che poi si sono dimostrati all'altezza. Oggi il Torino ha tanti giocatori che valgono molto: non un tesoretto, ma un tesorone. Il picco, Petrachi, l'ha toccato con Belotti".
Già, Belotti: l'estate granata ruota attorno a lui. Secondo lei ormai si può dire che resterà in granata?
"Io credo di sì, vorrei sottolineare che Belotti a Torino ha molto di quello che può desiderare: una società seria e ambiziosa, un ruolo da protagonista, una piazza che lo ama. Perchè cambiare per forza? Può togliersi delle soddisfazioni e regalare alla società traguardi importanti".
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