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"Il mito di Giovanni Galeone (per informazioni citofonare Gasperini, Allegri o qualsiasi persona umana abbia vissuto in Abruzzo nella seconda metà degli anni ottanta), cura dei dettagli e una ricerca ossessiva del gioco verticale palla a terra. Potremmo riassumerlo così Marco Giampaolo, che a meno di clamorose sorprese si candida ad essere il favorito numero uno per la panchina del Torino. "Quando sei dedito al tuo lavoro e lo fai con passione, con cura dei particolari non devi avere paura di niente. Un mio maestro (Galeone n.d.r.) mi diceva sempre meglio affogare nell'oceano che in un bicchiere d'acqua". Tradotto: meglio fallire con le proprie idee che farlo scendendo a compromessi.
"L'INTEGRALISMO - Sacchi lo ha definito "maestro e stratega", Four Four Two lo ha inserito nella classifica dei 50 migliori allenatori al mondo, ma la critica più frequente che Giampaolo ha subito è quella di essere un'integralista, perché non cambia mai lo stile di gioco delle sue squadre: “Mi accusano di essere un talebano, ma di solito dipende dai risultati. Io vado avanti seguendo la mia idea di calcio". Nessun compromesso, dicevamo, nonostante quel "Testa alta e giocare a calcio" non gli abbia portato particolarmente fortuna in rossonero. Il marchio di fabbrica è quello: 4-3-1-2 ("Cambiare modulo? Sarebbe come se i Rolling Stones si mettessero a suonare il liscio!"), ritmi alti, costruzione dal basso e tanto movimento da parte delle mezze ali e delle due punte che devono sempre essere pronte a liberarsi nello spazio con i tempi giusti per favorire gli inserimenti: “Fare risultato imponendo il gioco, la mentalità deve essere quella”
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"L'IMPORTANZA DEL LAVORO - A chi lo accusava di essere troppo pacato, invece, rispondeva: "Sono abituato a soffrire calcisticamente parlando. Non è importante mettere su teatrini o sbattere i pugni sul tavolo: bisogna soltanto lavorare. Ed è quello che ho sempre fatto e continuerò a fare". L'etica del lavoro è un altro aspetto fondamentale del carattere di Giampaolo, anche perché, giocare in un certo modo richiede una grande applicazione: "Per fare un certo tipo di calcio ci vogliono tempo, ambizione e puntigliosità”.
"LA DIGNITÀ - “Dignità e orgoglio non hanno prezzo”, era il messaggio con cui nel 2007 aveva risposto a Cellino che, dopo un esonero, lo aveva richiamato sulla panchina del Cagliari. Ancora più eclatante l'episodio di Brescia, in cui ha lasciato la panchina motivando così la sua scelta: "C’è un concetto che per me non ammette deroghe: la dignità. Viene prima di tutto. Andare a colloquio per rendere conto ai tifosi è stato umiliante, inaccettabile, e la società avrebbe dovuto tutelarmi". La dignità non ha prezzo, tanto che Giampaolo ha rischiato la carriera per queste scelte. Alla fine ha vinto lui, ha vinto la sua tenacia, hanno vinto le sue idee e la dignità è rimasta intatta: ora i tifosi granata sperano che a vincere con lui, sia anche il Toro.
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