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Villaggio granata / Crescere torinista nella Villar Perosa culla bianconera
Quella di oggi è una storia un po' più vera di quelle che finora vi ho raccontato e un po' più favola rispetto a tutte quelle che avete fino a stasera letto nella mia rubrica. E' una fiaba che arriva da poco lontano dalla mia Villar Perosa, una trentina di minuti scarsi, nel cuore di quella che noi valligiani chiamiamo, col distacco del montanaro diffidente, piana ovvero tutti quei paesi che stanno nella grande pianura Padana tra Torino e Cuneo. Oltre non ci spingiamo. Il nome del paese in cui tutto questo racconto ha preso vita non è nemmeno così differente da quello dove abito. Ci troviamo a Villafranca Piemonte e questa è la storia di uno di noi, anche lui nato per caso in via Glik (a quando una via dedicata al capitano?), in una casa fuori città. L'eroe della nostra favola, ormai qualcuno l'avrà intuito, è il folletto magico Simone Rosso.
La storia di Simone è quella che ognuno di noi ha sempre sognato, è quella che io ho sempre sognato. Nati nello stesso ospedale l'Edoardo Agnelli (ecco ci risiamo, sempre loro sul nostro cammino) di Pinerolo abbiamo mosso i primi passi a 30km e sette anni di differenza sospinti dallo stesso vento di passione, quello granata. Ormai son passati 10 anni dal quell'11 ottobre 1995 quando Simone Rosso nacque, nel frattempo di strada ne ha fatta quel ragazzino da quando nel 2002 indossò per la prima volta la maglia dei pulcini granata portato da Silvano Benedetti fino alla Primavera di Moreno Longo con cui nella stagione in corso è già andato in doppia cifra.
Ma non si è fermato qua altrimenti che favola sarebbe, dov'è il finale in cui arriva il principe azzurro e bacia la principessa? Ebbene è arrivato anche tutto questo. Il sogno del piccolo Simone si è realizzato: il principe azzurro Giampiero Ventura (ormai abituato a dipingere i suoi ragazzi di azzurro nazionale) lo ha preso per mano portandolo al gran ballo della Seria A, dove invece del bacio c'è stato l'abbraccio con Martinez al momento del cambio e tutto ciò nel magnifico castello fiabesco della Scala del Calcio, lo stadio Giuseppe Meazza di Milano al cospetto dei rossoneri del Milan.
Sono le favole calcistiche più belle quelle in cui il bimbo cresciuto col granata addosso riesce ad arrivare a debuttare con la maglia con la quale ha sempre giocato. A lungo ci siamo crogiolati sperando di veder nascere il nuovo Renato Zaccarelli, dalle giovanili allo scudetto una vita con la maglia del Toro. A lungo abbiamo sperato e se all'inizio erano i Gianluigi Lentini e i Luca Marchegiani campioni poi volati verso altri lidi a vincere trofei importanti, negli ultimi anni ci è andata meno bene dai Sorrentino ai Mantovani fino a Vailatti e Bottone.
Ora ci riproviamo a sognare ancora con una generazione di giocatori cresciuti nel Toro che stanno facendo bene nelle realtà in cui si trovano, non solo Rosso (peraltro a segno anche nell'amichevole di Alpignano con la prima squadra), e Morra della Primavera attuale ma anche la generazione Parigini, Aramu, Barreca, Gomys e tutti le altre nostre piccole grandi promesse.
Non sarà un Federico Bertin a debuttare in Serie A col Torino e diventarne protagonista ma se fosse un ragazzo nato sette anni dopo di lui nello stesso ospedale e cresciuto a 30 minuti da casa mia non potrò che esserne felice uguale e son sicuro che non sarò nemmeno l'ultimo, nemmeno qui a Villar Perosa.
E se poi il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette, chissà mai che la numero sette non potrà diventare sua .almeno così recita una famosa canzone di Francesco De Gregori. Noi ce lo auguriamo tutti.
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