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Il rigore sciupato da Muller

Redazione Toro News
di Guido De Luca

Ascoli crocevia dei destini del Torino. E’ già successo in passato. Oggi, il destino granata sembra piuttosto già deciso. Non si intravedono segnali di cambi di rotta che sovvertano il lento cammino della truppa guidata da Franco Lerda. A meno che la tappa Ascoli non decida in negativo proprio le sorti del mister granata e quindi, a parer mio e mi prendo le responsabilità di tutto quello che scrivo, in positivo quelle della squadra. Si tratta di quei casi in cui per il bene del Torino non si sa mai se augurarsi una vittoria o una sconfitta. Più di vent’anni fa, invece, ogni tifoso granata sapeva cosa augurarsi.

4 giugno del 1989. Il Toro è alle battute conclusive di un campionato molto sofferto. Affronta l’Ascoli alla quart’ultima di campionato. E’ scontro diretto per non retrocedere e nelle successive tre partite ci sono Como, Inter e Lecce. Altri due scontri diretti e l’Inter di Trapattoni che ha già vinto lo scudetto. La partita con i marchigiani inizia puntuale alle 16.30. Passano solo cinque minuti e il copione è lo stesso delle altre partite di quel campionato: un tiro dalla distanza di Dell’Oglio sorprende Marchegiani. Toro subito in salita e sforzi immani per rimontare. Sotto un caldo opprimente, verso il volgere della prima frazione di gara, lo slavo Haris Skoro pareggia e rianima i cuori del pubblico granata. Tre minuti più tardi, il direttore di gara D’Elia assegna un sacrosanto rigore per un fallo su Luis Muller. E’ lo stesso brasiliano ad incaricarsi della battuta sotto la curva Maratona. Il Toro si gioca la salvezza in serie A. Attimi di angoscia. Qualche settimana prima, fu Roberto Cravero a sbagliare un calcio di rigore decisivo in una gara stregata contro il Pescara. E’ questo il motivo per cui non si incarica lui della battuta. L’angoscia mista a speranza sale. Le regole non scritte del calcio impongono che non debba essere mai il giocatore che ha subito il fallo a prendersi la responsabilità della realizzazione del penalty. Luis Muller, invece, non ci pensa su un attimo. Si rialza da terra e palla in mano si dirige verso il dischetto. Batte quasi senza rincorsa. Parte il tiro, lento e prevedibile. Un tiro così moscio che le frazioni di secondo che separano il pallone dalle mani del portiere Pazzagli sembrano interminabili. Rigore parato e l’incubo retrocessione che incombe. Il Toro ha sprecato l’ennesima ghiotta occasione per cambiare le sorti di un campionato e per certi versi della sua storia. Rimane ancora tutto un secondo tempo da giocare, ma è come se fosse inutile, tanto è vulnerabile il morale della squadra. Alla ripresa delle ostilità, infatti, non c’è reazione da parte della squadra. Non serve nemmeno un forte acquazzone a rinfrescare i muscoli e il cervello dei granata per un ultimo assalto all’arma bianca. La gara volge al termine con la tifoseria che inscena una violenta protesta e che a stento viene placata dall’intervento del presidente Gianmauro Borsano. Con il megafono in mano, nell’antistadio, cerca di dispensare ancora un po’ di speranza, accerchiato da centinaia di tifosi che, a distanza di un’ora, non avevano ancora abbandonato lo stadio Comunale. La domenica successiva, a Como, ci fu un epico esodo di pubblico a sostenere i nostri. Arrivò anche la vittoria in riva al lago, ma fu poi tutto vano nell'ultima trasferta di Lecce.