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Il Toro e il rischio delle profezie che si autoavverano

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata Della Porta Accanto / Quale vantaggio abbiamo a ripetere come un mantra che si rischia la retrocessione?

C'è una cosa con cui sono cresciuto tifando Toro ed è la convinzione che nulla è finito finché non è davvero finito. Che lo cantasse anche Lenny Kravitz nella sua prima hit "It Ain't over 'Til it's over" è un piacevole dettaglio ed un'importante conferma: il Toro è rock allo stato puro nel mio immaginario, è fonte di emozioni forti, di adrenalina, la stessa che proprio il rock sa regalare. Da bambino rimanevo attaccato alla radiolina nelle domeniche pomeriggio invernali, soffrendo se il Toro perdeva, ma sempre con l'inossidabile speranza di sentire il classico boato e l'interruzione da parte del radiocronista a scandire la tipica frase "Scusa ti interrompo per segnalare il pareggio del Torino". Ci credevo fino alla fine ed ho continuato a farlo anche quando ho iniziato ad andare a vedere le partite allo stadio. Sebbene sapessi che il "miracolo" non potesse avvenire ogni volta, ho sempre creduto fino al triplice fischio finale che ogni presunta sconfitta si potesse evitare, se non ribaltare. La partita col Genoa dei gol in due minuti di Immobile e Cerci è forse stata l'apoteosi di questa mia filosofia, ma anche quando alla fine andava male, non ho mai smesso di crederci e, soprattutto, di continuare a farlo anche nelle partite successive, senza farmi condizionare da quella terminata male.

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Eppure nel mondo del tifo granata c'è un rovescio della medaglia che si sublima nella tendenza a pensare che le cose andranno male, anche quando non c'è davvero motivo di pensarlo. La storia del Torino è ricca di episodi in cui il destino si è accanito sulle sorti sportive e non di squadra e società, superfluo citare Superga in questo senso, ed è pertanto capibile, se non proprio giustificabile che, di fondo, nel modo di pensare del tifoso medio sia di casa il fenomeno della "profezia che si autoavvera", un meccanismo perverso che spinge chi predice una sventura a creare i presupposti perché poi questa sventura accada davvero. Però io mi chiedo, quale vantaggio abbiamo a ripetere come un mantra che si rischia la retrocessione? A chi farebbe piacere se il Toro andasse in B? Purtroppo a nessuno ed anzi saremmo proprio noi tifosi a pagarne il prezzo emotivo più alto: i calciatori si ricollocherebbero in serie A piuttosto agevolmente e il presidente continuerebbe a vivere sonni tranquilli con un bilancio alleggerito e come sempre privo di debiti. Dunque, a mio parere, è inutile fare come gli ipocondriaci e decantare urbi et orbi le proprie malattie vere o presunte aspettando di essere davvero malati per dire "l'avevo detto, io!". Il mercato è chiuso, la rosa è questa, la società è la stessa: nulla è più cambiabile fino a fine stagione se non che è comparso sulla scena un allenatore giovane ed entusiasta che conosce l'ambiente Toro e che ha motivazioni anche extra professionali per fare bene su questa panchina. Sono convinto che invece di presagire sventure sarebbe il caso di dare appoggio positivo a Longo e al suo staff perché quello a cui teniamo tutti è che il Toro vada bene.

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Solo questo ci deve importare adesso e solo a questo dobbiamo pensare da adesso in avanti. Poi a fine maggio, a prescindere dai risultati (e quindi anche se Longo facesse miracoli) occorrerà che il presidente sia messo di fronte alle sue responsabilità e finalmente renda conto alla piazza di tutte le mancanze della sua gestione sportiva e societaria del Torino FC. Occorrono manager preparati, di polso e a cui dare il giusto spazio operativo in società (dg, ds e team manager) e anche la rosa va completamente rinnovata puntando su giocatori di spessore e funzionali al gioco del futuro tecnico: basta giocatori mediocri e senza carattere che vengono strapagati per non fare mai la differenza, sì invece ai giocatori di sostanza che garantiscono rendimento in campo e peso nello spogliatoio. Tutto questo andrà fatto a giugno, senza se e senza ma, e se il presidente non se la sentirà di garantire tutto ciò allora sarà arrivato il momento giusto per pensare di passare la mano e mettere in vendita la società. Ma questo è un altro discorso. Fino ad allora io voglio crederci fino all'ultimo secondo del campionato, sostenendo Longo ed i ragazzi che scendono in campo perché io voglio bene al Toro e voglio che stia dove deve stare (in A nella parte nobile della classifica) e non mi interesserebbe affatto potermi vantare se le cose dovessero andare male dicendo "io l'avevo detto". Lascio ad altri mariti l'evirazione per far dispetto alla moglie…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.