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La cosa è passata un po' sottotraccia, anche perché, diciamolo chiaro, un po' imbarazzante per la Società. Che un proprio tesserato dichiari di non...
"La cosa è passata un po' sottotraccia, anche perché, diciamolo chiaro, un po' imbarazzante per la Società. Che un proprio tesserato dichiari di non voler fare le valigie nell'arco del mercato estivo appena avviato, e che lo faccia usando la colorita espressione "Questa è casa mia, per mandarmi via dovrebbero sfrattarmi", non è esattamente una cosa usuale. Parlando di calcio moderno, fatto di mercenari senza dignità, sia in campo che, in senso lato, nell'intero mondo del pallone, qualcuno che, seppure in un modo o nell'altro assurdamente messo in discussione da una Società cui ha dato tantissimo, si esprime in questa maniera parlando del Torino dovrebbe rappresentare oro colato, una sorta di melodia celestiale per qualunque orecchia granata.LO SFRATTO? - In effetti, per molti è stato così: quando nello scorso mese di giugno Rolando Bianchi, semplicemente (avverbio che gli si addice assai) Capitano della squadra per cui gioca da più di quattro anni e per la quale ormai ha segnato la "miseria" di 70 goal (erano di meno, allora, ma erano tanti lo stesso), ospitato negli studi di Sky, ha risposto così a chi, furbescamente, lo incalzava su una partenza data quasi per certa e su un rinnovo che non sarebbe arrivato, un qualunque dirigente avrebbe potuto sentirsi magari un po' punzecchiato, è vero, ma senza dubbio perlomeno onorato dall'avere a contratto un giocatore, e soprattutto un uomo, con tutta quella determinazione e buona volontà.LA MULTA - Tutti sappiamo, invece, come è andata a finire: il Torino non solo non ha preso bene quelle dichiarazioni, viste come una sorta di provocazione verso una dirigenza che, purtroppo, non ha mai fatto mistero di volere in qualche maniera intervenire sul suo oneroso contratto, soprattutto in un'ottica di risparmio, ma ha anzi applicato in maniera rigidissima il regolamento interno della Società, ricorrendo al cavillo (perché di questo si tratta) della "Dichiarazione non autorizzata alla stampa", ed applicando una sanzione apparsa immediatamente sproporzionata all'entità della dichiarazione: addirittura 50mila Euro.IL POTERE - Purtroppo la storia, anche quella sportiva, è piena di inutili e spudorate manifestazioni di potere, che talvolta, almeno se non provocano danni gravi a nessuno, possono anche far sorridere. Per molti, quindi, la pagina scritta dal Torino nello scorso giugno non potrà che archiviarsi nel novero delle ridicole risposte burocratiche che, affannosamente, il "Potere" in senso lato tenta di approntare per circoscrivere le banali, e quindi stupende, risposte emotive che alcuni soggetti un po' anarchici e un po' geniali (o che, più semplicemente, hanno compreso che cosa significhi vestire questa maglia) hanno esternato come uno sberleffo meritato all'ottusità.IL RICORSO - Non è stato, quindi, il Collegio Arbitrale a restituire, ieri, a Rolando Bianchi anche la consapevolezza giuridica dell'assurdità della sanzione: è stato il semplice buon senso, quello che qualcuno ha messo da parte non riuscendo a manifestare pubblicamente la pura e semplice verità: il Capitano è rimasto a Torino perché era la cosa che più desiderava, anche contro il parere di alcuni di quelli che rappresentano chi gli paga lo stipendio. E quella dichiarazione tanto provocatoria quanto banalmente "naif" i veri cuori granata, ma forse tutti i veri sportivi, se la ricorderanno sempre: sono queste le sensazioni che restano nel cuore di chi ha ancora voglia di credere nell'unico "potere" che conta davvero, quello delle emozioni che lo sport, quasi come l'amore, può, ed anzi, deve rappresentare.CAPITANO DAVVERO - Il Capitano non è uno Spartaco moderno, né un Mandela trapiantato sul terreno dell'Olimpico, ma una persona semplice e, proprio per questo, uno di quegli atleti per cui ancora vale la pena di emozionarsi. E di leggersi e rileggersi quella poesia che, chissà perché, ha portato per troppo poco sulla propria fascia: "Non importa quanto stretto è il passaggio, quanti castighi dovrò ancora sopportare, io sono il padrone del mio destino: io sono il capitano della mia anima". Con buona pace di chi, fra panchine, scrivanie e giornali (più intrecciate, per alcuni, di quanto si possa credere all'infuori), crede ancora nel ridicolo e grigio potere della censura. Grazie Rolando, avevamo anche questa volta bisogno di te.Diego Fornero (Twitter: @diegofornero)
(Foto Dreosti)
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