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Nasce #IoRestoACasa con Toro News, il format pensato da Toro News per intrattenere e informare i suoi lettori in questi difficili mesi di quarantena forzata. Ogni settimana nuovi ospiti, nuove interviste e nuove storie da raccontare. Non solo calcio tra i temi trattati, ma anche gli hobby, gli interessi e le passioni dei protagonisti; che vi aiuteranno a conoscere meglio tutti i personaggi legati al Torino FC che interverranno.
Ospite esclusivo del nostro Nicolò Muggianu nella quinta puntata di #IoRestoACasa con Toro News, l'ex centrocampista granata Giuseppe Vives.
Come stai e dove sei in questo momento?
"Sono a casa, non è semplice. Purtroppo si è fermato il mondo intero e dobbiamo fare a meno della nostra passione, stare sui campi".
Ti senti parte importante della storia recente del Torino?
"E' stato un cammino bellissimo, io sono arrivato al Toro quando era in Serie B. Siamo arrivati in A e con gli anni siamo stati capaci di arrivare in Europa League e vincere una partita importante quella del San Mamés e non solo. Il Toro è andato sempre in crescendo, aldilà di questa sfortunata annata e noi abbiamo fatto parte di questa crescita".
Qual era il segreto di quel gruppo?
"Non è mai semplice formare una squadra di calcio. Undici giocano e quattordici rischiano di vedere la partita dalla panchina per tutto l'anno. La cosa importante è creare un gruppo forte e di veri uomini. Anche chi giocava poco e subentrava era sempre pronto a dare il massimo. Nessuno si aspettava che saremmo arrivati in Europa League".
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Ricordo più bello con la maglia del Toro?
"Ne ho tantissimi, dalla promozione al San Mames. Siamo partiti con la convinzione di potercela giocare, non mi ricordo niente di quella partita da quanto ero in trans agonistica. Il San Mames è il più bello che mi è rimasto dentro".
Che ricordi hai del Fiorentina-Torino e del rigore di Cerci?
"Nello spogliatoio a fine partita c'era un clima bruttissimo. Eravamo arrivati fin lì e vedere svanire un sogno all'ultimo secondo è stato bruttissimo. Cerci si prese la responsabilità di calciare quel rigore che valeva una stagione e gliene va dato merito perché non è da tutti".
Qual è il segreto che ti ha portato a diventare calciatore?
"Umiltà e voglia di imparare giorno dopo giorno. Ogni allenatore mi ha dato qualcosa e ho cercato sempre di prendere il meglio dai miei compagni di squadra. E' quello che dico ai ragazzini alla mia scuola calcio".
Come avete festeggiato qualificazione in Europa League?
"La gioia immensa è stata quando siamo arrivati ai gironi. Per i preliminari eravamo contenti, ma avevamo la rabbia di riprenderci quello che avevamo perso agli ultimi secondi. Siamo stati bravi noi a raggiungere i gironi e giocarcela alla grande".
Perché Ventura a fine partita se la prendeva sempre con te?
"Voleva sempre qualcosa in più, o forse ero quello che accettava tutto. Ho sempre accettato, lui a volte discuteva con me di alcune situazioni a volte anche non mie. Tante volte non ce l'aveva nemmeno con me, ma mi parlava delle situazioni tattiche che voleva vedere in campo".
Cosa ti aspettavi dal Toro di quest'anno?
"All'inizio pensavo avrebbe fatto un ottimo campionato. Non so delle problematiche all'interno dello spogliatoio. Ho visto nell'ultimo mese e mezzo, non sembrava il Toro per come arrivavano le sconfitte. Col cambio di allenatore, sapendo quanto Longo tiene al Toro, ho detto che sicuramente una scossa ci sarà. Ma deve partire dai giocatori e da tutto l'ambiente e dalla società, per ripartire più forte di prima. Il Toro non merita di stare in quelle posizioni".
E' vero che Longo ti ha chiamato e potevi tornare al Torino come membro del suo staff?
"Sì è vero. Il mister mi ha chiamato, ma per problemi miei famigliari non sono riuscito a venire. Mi è dispiaciuto tanto ma è stato un orgoglio ricevere quella chiamata".
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La partita d'addio con l'Atalanta?
"Ho passato gli ultimi venti giorni con la consapevolezza che al 99% dovevo andare via, ma non lo volevo accettare e ho sperato che il mercato finisse pur rimanere in granata. Quell'ultima partita non dovevo nemmeno essere in panchina. A fine partita i miei compagni mi hanno detto di andare sotto la curva, io un po' mi vergognavo perché sono fatto così. Sono scoppiato in lacrime, non mi era mai capitato: è stato un sentimento naturale, di quelli che non si possono nascondere. Ho avuto un ottimo rapporto con i tifosi, ho sempre dato il massimo e credo che questo loro lo abbiano apprezzato".
Che ricordi hai del derby vinto?
"Ricordi bellissimi, la vittoria mancava da vent'anni. Battere la Juve e far parte di quei ricordi mi rende felicissimo. Domenica ho rivisto gli ultimi minuti e mi sono emozionato ancora una volta".
Cosa è successo nello spogliatoio in quel post partita?
"E' stata una festa bellissima, è stata tripla, tutti e anche noi ci tenevamo tantissimo a battere la Juve. A fine partita abbiamo festeggiato e liberato tutte le nostre tensioni".
Giocatore più talentuoso con cui hai giocato nel Toro?
"Fabio Quagliarella è un giocatore fantastico, a livello di qualità Ljajic era uno molto talentuoso".
Su Josef Martinez: che impressioni hai avuto?
"Ho sempre detto che aveva tutte le qualità per essere un giocatore fortissimo, forse gli mancava un po' di continuità. Faceva paura in allenamento per la forza che aveva. In America ha fatto molto bene, adesso spera si riprenda il prima possibile dal problema al ginocchio che ha avuto".
Ventura, Mihajlovic e Longo: un pregio e un difetto per ciascuno
"Ventura è un perfezionista su tutto. Un difetto? Forse è troppo perfezionista, pregio e difetto allo stesso tempo. Mihajlovic è molto umano e parla diretto, con me è stato molto sincero e con lui ho avuto un ottimo rapporto. Longo aveva una grandissima fiducia in me e non nascondo che io sono andato a Vercelli perché c'era lui. Preparava la partita nei minimi dettagli. Se devo dire un difetto, forse a volte è troppo duro con i ragazzi, ma lo faceva per il loro bene".
Pensi che Longo sia l'uomo giusto per il Toro?
"Sicuramente sa che cosa significhi la maglia del Toro, se la sente dentro. Per uscire da questa situazioni deve esserci unità d'intenti di tutto l'ambiente. Il mister dà la scossa ma in campo vanno sempre i giocatori. Mi auguro che se si riprende a giocare ne possano uscire il prima possibile".
Quali progetti hai per il futuro?
"Mi rivedevo in un finale di carriera al Toro e poi in un lavoro dirigenziale di raccordo tra società e giocatori, come accaduto con Moretti. Però non c'è stata la possibilità e sono andato a giocare altrove. Per adesso aspetto se ci sarà l'opportunità da qualche parte, nel frattempo curo la mia scuola calcio. I consigli che posso dare li sto dando ai ragazzini".
Giocatori che ti sei portato dietro come relazioni?
"Sono uno che a volte non chiama perché mi sembra di disturbare. Ogni volta che li incrocio e li sento provo a pelle un grandissimo affetto. Metto tutti sullo stesso piano. E lo stesso affetto lo provo io per loro: sono stati fratelli di mille battaglie".
Per chiudere un gioco: undici tipologie di giocatori nello spogliatoio. Risponde Vives.
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