""Io mi sento un figlio di Scampia" ha sempre dichiarato Rolando Mandragora, orgoglioso delle proprie origini. Le stesse di Armando Izzo, difensore granata con cui ha già condiviso lo spogliatoio nel Genoa e che l'ha visto esordire a Marassi nell'ottobre del 2014 a soli 17 anni. Izzo e Mandragora, in comune, non hanno solamente un passato in rossoblù. Le radici, il riscatto sociale passato dal calcio: partiti da Scampia, arrivati a vestire l'azzurro della Nazionale, per gridare all'Italia intera che non tutto è come viene dipinto e che le storie positive, spesso trascurate, vanno invece esaltate: "Io, così come altri sportivi siamo la testimonianza che in questo quartiere non esiste solo quel lato brutto di cui parlano tutti, ma c’è anche tanta brava gente che ogni giorno con umiltà, dedizione e sacrificio porta avanti le cose importanti della vita” disse qualche anno fa proprio Mandragora.
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Izzo-Mandragora, da Scampia alla Nazionale: l’anima partenopea del Torino
Focus on / Due leader tecnici dei granata con le stesse radici e gli stessi sogni realizzati
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"NOI, FIGLI DI SCAMPIA - Tra "gli altri sportivi" c'è sicuramente Armando Izzo, che nel quartiere della periferia napoletana è cresciuto tra mille difficoltà prima che il suo talento calcistico gli desse l'opportunità di emergere: "Quando nasci a Scampia non sai cosa c'è fuori, non vedi altre prospettive. Per me l'unica parola era sopravvivenza. Non avevo tempo per sbagliare strada. La maggior parte degli amici con cui condividevo quei pomeriggi in piazza è finita in galera" ha raccontato Izzo in una recente intervista a Cronache di Spogliatoio. E quel legame col calcio: "Mettevamo due buste per terra e pensavamo al calcio, non c'era tempo da perdere. Era l'unica ancora di salvezza. Perché appena la palla usciva dal recinto di gioco, la normalità ti affossava... Una cosa era certa: quando nasci senza niente, l'unica cosa che puoi mettere in palio è il cuore". È proprio quel cuore che Izzo e Mandragora dovranno mettere a disposizione del Torino, che ora ne ha bisogno più che mai: è facile immaginare i due come leader tecnici della squadra che dovrà giocarsi la salvezza. Ora sta a loro confermare di poterlo essere.
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