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Impossibile contare i motivi per cui il derby non è e non può essere una sfida come le altre: per quel sentimento di supremazia cittadina (velleitaria forse, ma tremendamente affascinante), per quell'andare a cercare subito, all'uscita dei calendari, quando si gioca l'andata, il ritorno e - soprattutto negli ultimi anni - in casa di chi: perché ospitare gli avversari di sempre nel proprio salotto ormai è un privilegio che si vive una volta l'anno, diventando quasi più prezioso.
E poi ci sono gli episodi da da stracittadina, veri e propri dispetti, sgarbi che dell'atmosfera da derby sono insieme causa ed effetto. Ci sono quelli prettamente sportivi, come la rimonta in tre minuti del 1983, quella di DossenaBonessoTorrisi (tutto attaccato perché altrimenti non fai in tempo a riammirare i tre gol) che costò un bel pezzo di scudetto ai bianconeri di Platini - potete immaginare uno sgarbo più grosso? Oppure il gol di Serena, un anno dopo aver deciso la partita all'ultimo con la maglia granata, in rete nella stessa porta, ma a casacche invertite. Poi ci sono quelle a margine, forse addirittura le più gustose, perché restituiscono l'idea di un derby a tutto campo, senza esclusione di colpi.
Neanche colpi alla mascella, come accadde a Causio che così pagò la pessima idea di andare a provocare Gustavo Giagnoni, sanguigno e storico allenatore granata. O colpi al cuore, come quando Maresca imitò nel 2002 l'esultanza che era in pratica un marchio registrato di Ferrante, scatenando l'ira funesta del popolo granata, che invece si esaltò alla buca più celebre del calcio nostrano, quella scavata da Maspero un anno prima, buca che mandò nell'iperspazio il rigore calciato - male - da Salas, impedendo ai bianconeri di vanificare una splendida rimonta da 3-0 a 3-3.
Poi gli scarpini puliti da Pulici sulla bandiera bianconera, perché, come lui stesso ha ricordato poco tempo fa, "da buon cittadno attraverso sulle strisce". E chissà quanto si potrebbe andare avanti: di sgarbi da derby molti ce ne sono e molti - diciamolo - si spera ce ne siano. Perché il sale che rende questa partita unica non svanisca mai.
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