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La disaffezione granata. Di chi è la colpa (se ce n’è una)?

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Partiamo da un presupposto fondamentale: ognuno dei tifosi granata ha gioito per la promozione in Serie A, considerando come effetto collaterale necessario un inevitabile aumento dei prezzi dei tagliandi. In cuor mio, mentre il 20 maggio scorso...
Diego Fornero

Partiamo da un presupposto fondamentale: ognuno dei tifosi granata ha gioito per la promozione in Serie A, considerando come effetto collaterale necessario un inevitabile aumento dei prezzi dei tagliandi. In cuor mio, mentre il 20 maggio scorso seguivo, infradiciato ma a dir poco felice, il corteo dal Filadelfia fino a Piazza San Carlo mi continuavo a ripetere: il prossimo anno posso anche spendere il triplo per il mio abbonamento, chissenefrega, con quell'irrazionalità tipica dell'innamorato nel momento di estasi, quale, ahimé, sono costretto a definirmi quando si parla di Toro. Immaginavo, del resto, che tutte quelle migliaia di persone festanti intorno a me, pensandola proprio come la pensavo io, si sarebbero riversate in massa allo stadio alla prima occasione, ed avrebbero affollato i botteghini agostani per assicurarsi il ticket stagionale, al di là della nefasta Tessera del Tifoso, e celebrare degnamente il tanto agognato ritorno nella massima serie.Purtroppo tutti sappiamo, invece, come è andata a finire. Al di là di qualsiasi valutazione oggettiva e ponderata sul potenziale della squadra a disposizione di Mister Ventura, la campagna acquisti non ha scaldato i cuori, forse comprensibilmente esigenti, dei tifosi granata, e la Società di Via Arcivescovado (ma qualcuno direbbe anche: di Corso Magenta, dipende dai punti di vista) non è riuscita a distribuire più di 8.500 tessere, rimanendo sostanzialmente sui livelli (bassi) della stagione precedente in Serie B. Evidentemente molti di quelli che erano con me sotto il diluvio devono non aver apprezzato qualcosa, e su quel "qualcosa" ci siamo spesi tanto in questi mesi qui su TN.Sfoderare per l'ennesima volta dati comparativi con le altre Società di Serie A è, diciamolo francamente, persino un po' deprimente quando, come avviene nel mio caso, di Toro si scrive col cuore e con la pancia, non soltanto con la testa. Purtroppo, però, è necessario anche stavolta, per dare il mio personale contributo al superamento di un falso mito rivitalizzato negli ultimi periodi, quello dei cosiddetti "big match", prendendo a paradigma la partita contro l'Inter, che ha registrato, con circa 26.000 spettatori, il tutto esaurito. Al di là del fatto che una larghissima parte di quelle migliaia di persone erano tifosi interisti (agevolati nel reperire un tagliando dalla già descritta penuria di abbonamenti...), che cosa significherebbe "big match" per un tifoso granata? Non dovrebbe essere sufficientemente "big" la circostanza che in campo ci siano undici signori con una maglietta di quel colore tanto amato, a giocarsi con cuore e polmoni una vittoria?Dovrebbe, si. Ma non possiamo essere così sentimentali da credere che le cose siano ancora così: il calcio moderno ha creato, per un'infinità di motivi che sarebbe inutile e tedioso elencare in questa sede, una sostanziale disaffezione dagli stadi, che può essere combattuta creando e lavorando su un unico fattore, quello della passione. Passione che si può esprimere assai più degnamente anche sul più infame dei posti a sedere dell'Olimpico, piuttosto che di fronte alla più scintillante delle televisioni. Passione che bisogna stimolare e coltivare innanzitutto con i risultati, ma non solo. Il Torino non vince uno Scudetto da 36 anni, eppure la situazione dei match casalinghi non è mai stata così strutturalmente deprimente.Nei commenti e nelle interazioni sui social network, i nostri lettori hanno opinioni varie a questo riguardo. Qualcuno punta il dito sulla gestione di Urbano Cairo, che avrebbe devitalizzato un certo tipo di "linfa granata", allontanando una buona fetta di tifoserie. Qualcun altro, più pragmaticamente, scorge nei prezzi elevati un fattore deterrente alla vendita dei tagliandi. Altri, forse operando una scelta sincretistica tra queste due premesse, vedono in questa Società una scarsissima propensione ad una gestione efficace del marketing, e poco fiuto per le promozioni e le iniziative che potrebbero stimolare il pubblico.Ebbene, io condivido in parte il primo assunto, in parte il secondo, del tutto (e ciecamente) il terzo. Alla scarsa vicinanza della Società ai tifosi, ed al quasi inesistente radicamento della stessa sul territorio, dedicheremo le nostre attenzioni nelle prossime settimane, alla ricerca di testimonianze concrete, e di prove tangibili. Sul prezzo dei biglietti e sulla mancanza di promozioni adeguate ci concentreremo già venerdi, nella prossima "Imprudentia". Consapevoli che qualcuno non approverà.Voi scrivetemi le vostre testimonianze, in email e su Twitter: saranno il pane quotidiano di questa rubrica.Diego Fornero (Twitter: @diegofornero)