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“La Farfalla Gigi Meroni”, commozione al Teatro Gobetti: “Ecco cosa ci insegna Gigi”

Lo spettacolo “La Farfalla Gigi Meroni” è stato portato ieri a Torino: tanta commozione in platea e la chiara intenzione di diffondere la storia di Gigi per molto tempo ancora

La storia di Gigi Meroni si presta alla narrazione teatrale come poche e lo ha capito una compagnia teatrale lombarda, l’Associazione Festival del teatro e della comicità “Città di Luino”. Il regista Francesco Pellicini ha dato forma a un’idea dello scrittore Alfredo Salvi e, insieme a Giordano Fenocchio, nell’ottantesimo anno dalla nascita della Farfalla Granata ha portato in scena quell’unico e incredibile intreccio di vicende che si concentra nella morte tragica del numero 7 granata in quel 15 ottobre 1967.

Lo spettacolo “La Farfalla Gigi Meroni”, che ha ottenuto il patrocinio della Regione Piemonte e del Museo del Grande Torino, è stato portato ieri a Torino in due repliche, una alle 19 e l’altra alle 21, presso il Teatro Gobetti. Buona risposta del pubblico, tanta commozione in platea e la chiara intenzione di diffondere la storia di Gigi per molto tempo ancora. “Siamo andati in scena a Milano e a Como, la città di Gigi – racconta a TN il regista Francesco Pellicini –. Venire qui a Torino era un atto dovuto, all’indomani del 56° anniversario del tragico incidente. Ora siamo intenzionati a portare la storia di Gigi in numerose rassegne e festival”.

La narrazione di Fenocchio e Pellicini è intervallata dalle musiche di Fabio Ermellini e Massimiliano Peroni, nella forma del teatro canzone. Poi c’è l’attore Micheal Trotta a vestire i panni di Gigi. “Somigli proprio a lui”, ha detto Maria Meroni, la sorella dell’indimenticato campione, arrivata ieri al Teatro Gobetti per assistere allo spettacolo. Maria ha supportato l’idea fin dall’inizio: che a così tanti anni di distanza la storia di Gigi continui a essere fonte di ispirazione è bello e significativo. “La storia di Meroni ci insegna che si può essere artisti in tutto quello che si fa, se si mettono estro e gioia di farlo – chiude Pellicini -. Lui era amato per il suo stile di vita, per quello che rappresentava, oltre che per come giocava. E poterlo raccontare sul palco, con il supporto e il favore della sorella Maria, per noi è un onore”.


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