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gazzanet
"Un nuovo modo di raccontare il calcio: quello dei protagonisti. Calciatori, allenatori, dirigenti. Sempre sotto la luce dei riflettori, ma mai veramente compresi o comprensibili. Noi li vogliamo avvicinare ai tifosi e ribaltare il meccanismo delle interviste. Non saremo noi a chiedere, saranno loro a raccontarci un aspetto del mondo in cui vivono. Un tema libero, potremmo dire. Sono i protagonisti stessi della nostra passione a condividere con noi “Le Loro storie”. Senza filtri, senza meta.
"Le voci, le chiacchiere, le dicerie. Poi l'addio. Gianluca Sansone e quel rapporto difficile con il suo ex allenatore al Torino. Anzi, un rapporto che non c'è mai stato. Uno sfogo in piena regola.
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"Col suo carattere, mi ha fatto scappare alle dieci e mezza di notte da Torino. Appena chiusa la trattativa con la Samp ho telefonato al magazziniere per farmi aprire lo spogliatoio. Ho preso gli scarpini e sono partito subito, di notte. Al mattino non c’ero più.
"All’epoca ci dovevo convivere con quella persona e alimentare polemiche sarebbe stato come mettermi una croce addosso, ma sai che c’è? Ho sempre fatto la pecora, testa bassa e bocca chiusa. Mi sono un po’ rotto le scatole e adesso qualche sassolino dalle scarpe me lo voglio togliere.
Lui soffriva se la gente faceva il nome di un giocatore e non il suo, se la prendeva a morte. Soffriva Bianchi che era il capitano e uomo simbolo, soffriva Ogbonna perché era un giocatore di personalità e gli teneva testa. E soffriva anche me, perché i tifosi si erano affezionati e volevano vedermi in campo più spesso. Lui voleva che la gente parlasse di “Ventura”, non dei calciatori. Per cui io e alcuni altri eravamo bersagliati. È la stessa cosa che è successa con Insigne in Nazionale. La gente lo voleva in campo, lui con la sua testardaggine si è fissato e non lo ha fatto giocare. Doveva essere lui l’artefice della qualificazione ai Mondiali, non un giocatore. Alla fine sappiamo com’è andata… Gli mandai un sms dopo la partita contro la Svezia: “Non può essere una sconfitta a cancellare tutto”. Il mio tono era chiaramente ironico, lui invece mi rispose serissimo: “Grazie di cuore. Gpv”. Va beh…
"Al Toro arrivai con mille sogni. Sono nato a Potenza e cresciuto in un piccolo paese della Basilicata, in un territorio dove emergere è difficile. Non è Napoli, lì non ci sono tante squadre, né strutture. Se non hai opportunità di fare provini è dura. Ho disputato il mio primo campionato regionale a 12 anni, a 18 giocavo ancora in Eccellenza, per cui un futuro nel calcio non ce l’avevo. Di giorno andavo a dare una mano a mio padre che faceva il carpentiere. Mia madre era impiegata, mio fratello lavora ancora oggi in un magazzino, ha contratti da 2/3 mesi, avrà già cambiato mille lavori in settori diversi. Sono esperienze di vita vera, che ti aprono gli occhi su quanto sia difficile la vita per un italiano medio.
Dopo la stagione al Sassuolo, io morivo dalla voglia di arrivare in Serie A e quando mi parlavano del Torino non vedevo l’ora. Entrando in quello spogliatoio percepivi a pelle la storia della grande squadra. “Davvero sono qui?”, mi ripetevo. Mi diedero appuntamento dalle parti di Desenzano, lasciai lì la mia auto e salii sul pullman della squadra diretta a Sappada per il ritiro estivo. Non conoscevo nessuno del gruppo, soltanto qualcuno incontrato in campo da avversario. Ricordo questo paesino tra le montagne, isolato, faceva freddissimo (c’erano 10 gradi in estate!), l’albergo tutto in legno. Ho rivisto la proprietaria l’anno scorso a Milano, mi ha salutato e non l’ho riconosciuta subito, poi abbiamo iniziato parlare e mi è tornato tutto alla mente. Mi aveva choccato che andassero tutti a letto alle sette e mezza di sera perché non c’era nulla da fare in quel posto!
"Il mister non lo conoscevo. Non avevo parlato con lui durante la trattativa, l’avevo incontrato una sola volta negli studi di Sportitalia e vi dico una cosa: l’apparenza inganna. Mi era sembrata una persona totalmente differente da come poi si è mostrato nei miei confronti. Io ero alla prima esperienza in un grande club, non avevo termini di paragone su come comportarmi. Certamente in certe occasioni ho peccato di inesperienza, ma mi aspettavo che lui mi guidasse un minimo, invece a livello umano è zero. Anzi, non ha fatto altro che complicare le cose. Sono dovuto scappare per forza e, col senno di poi, meno male che sono andato via perché poi lui è rimasto al Toro per anni. Io avrei passato le pene dell’inferno.
"Non si può parlare di rapporto perché con lui non c’era dialogo, era un monologo. Aveva sempre ragione, mai che abbia chiesto a qualcuno quali erano i problemi. Mi ha rovinato. E io non chiedevo di giocare a tutti i costi, stavo bene con i compagni e con l’ambiente. Era lui il mio problema. Accusava il mio procuratore di parlare troppo. “Che c’entro io?”, gli rispondevo. Li ho fatti anche incontrare perché ero tra due fuochi, ma non è servito. Ha continuato a scaricare la sua rabbia contro di me. Il colpo di grazia è stata la partita di Pescara, non me la dimenticherò mai. Barreto era arrivato al Torino da tre giorni, io aspettavo il mio turno senza fiatare da una vita. Fa giocare Barreto al mio posto. In quel momento ho detto “basta, non ci sto a farmi prendere per il culo così da quest’uomo”.
Insieme alla mancata riconferma a Bologna, il mio addio al Toro è la delusione più grande da quando gioco a calcio. Quando ci fu Sampdoria-Torino non andai nello spogliatoio, come si fa di solito, a salutare i miei ex compagni perché non volevo vederlo. Tutti capirono le mie motivazioni senza bisogno di spiegare nulla. È un allenatore tecnicamente e tatticamente capace, ma con dei limiti caratteriali enormi.
"Nonostante tutto, se faccio un bilancio della mia carriera sono contento. Sapendo da dove sono partito, è una grande fortuna essere qui. Però preferisco guardare al futuro e mi piace pensare che gli anni migliori per me saranno i prossimi. Ho 30 anni, mai subito grossi infortuni, mi diverto. Il mio unico rammarico sarebbe non riuscire a giocare ancora in Serie A. Nei due anni in cui ci sono stato non ho avuto la giusta fiducia, ma resto convinto di quello che posso dare con un po’ di continuità in più. Posso ancora dire la mia.
Ma pensa se mi ritrovo Ventura come allenatore! Mamma mia…
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"PRECEDENTI PUNTATE
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