Poi, sulle colonne di Tuttosport, la mente corre al passato: "Il mio primo ricordo a Torino? Quando mio padre decise di portarmi a fare un provino al Filadelfia. Era apparso un annuncio sul giornale, mi disse: "Andiamo". Dopo venti minuti si avvicinarono a mio padre per chiedergli della mia situazione. Poi, dopo due anni di osservazione, mi portarono al Toro. Ricordo anche il mio esordio: stagione '94/'95, contro il Milan. Sonetti non mi fece intuire nulla per tutta la settimana, poi trovai il mio nome sulla lavagnetta, dalla parte in cui avrei dovuto affrontare Maldini e Lentini. La carriera da allenatore? Non ci avevo mai pensato. Dopo aver smesso per un problema al ginocchio, un mio amico che allenava mi chiese di collaborare con lui. E' cominciato tutto così".
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Longo: “Toro? Ci speravo. Ventura mai alle partite, Miha giusta scelta”
Longo, poi, si concentra sul mestiere del tecnico: "L'aspetto affascinante di allenare è il fatto di poter plasmare un gruppo con le proprie idee tattiche e caratteriali. Arrivi però alla partita con un punto interrogativo: non dipende tutto da te stesso, non sai mai fino al fischio come la tua squadra interpreterà il match. A Vercelli affronterò allenatori più navigati e questo mi creerà maggiori difficoltà. Giocheremo probabilmente con un 4-3-3, ma so di potermi adattare, cosa che il campionato Primavera ti insegna. La chiave del calcio moderno sono però le palle inattive, bisogna allenarsi molto. Per questo penso che sia giusto chiudere le porte negli ultimi due allenamenti".
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