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toro
di Fabiola Luciani
Sono trascorsi pochi giorni dalla vittoriosa trasferta di Catania, che già si ricomincia a pensare alla prossima battaglia. Visto che il fantasma delle tre sconfitte sembra...
di Fabiola Luciani
Certo che la sofferenza è parte integrante del DNA di questa squadra e noi tifosi ne sappiamo qualcosa.Ma allora, ci si chiede, perché è bello essere granata?Perché essere granata è quanto di più vicino alla vita reale ci possa essere.Ecco perché è una dimensione dell’anima. Chi è granata segue il corso naturale della vita.Che non è fatta di sole rose e fiori, di scudetti, di successi ininterrotti, di coppe e quant’altro. Chi ha bacheche stracolme di trofei, in realtà, non fa una vita vera, non la assapora la vita, non la vive, bensì vive una soap-opera. La vita, fratelli, e voi da esseri saggi lo sapete bene, è invece quella dove ogni giorno c’è da soffrire per conquistare un pezzetto di qualcosa, dove ogni giorno c’è da lottare per raggiungere un obiettivo. Tante rinunce, tanti sacrifici, molte sconfitte. E poche, a volte pochissime gioie, ma così forti ed intense che ti compensano di ogni sforzo, ci fanno “piangere ed abbracciarci ancora”.Perché il Toro è come la vita vera.E’ per questo che noi lo amiamo.
Ma chi è abituato come l’Inter, la giuve, il Milan, il Manchester, il Real Madrid, il Barcellona…della vita vera, che ne sanno? Loro che, vivono in una sceneggiatura di Beautiful?Cosa noi siamo è semplicemente cosa noi vogliamo. Una vita da tori. Una vita da uomini liberi.
Una vita da combattimento dove non ci si arrende mai, di fronte a nulla e di fronte a nessuno, anche nei momenti di maggior sconforto. Nei momenti difficili dove a volte mi sovviene di dire “Basta!! Continuate voi, io mi sono stufata.”E allora proprio in questi momenti, che succede? Eh, succede, succede….. Succede che gli eventi incalzano. Succede che mentre sei da sola come Achille, sdegnosa sulla collina, in piedi, accigliata, con le braccia incrociate sul petto e guardi ostentatamente dall’altra parte con il mento sollevato, odi rumori di trireme, odi grida che provengono dall’accampamento di quei compagni con i quali hai fino a ieri lottato fianco a fianco, scudo a fianco a scudo, l’uno a proteggere l’altro nella battaglia, a sperare, a combattere, a difendersi, ad attaccare, e allora senti che il tuo posto non è lì dove ti trovi ora, che qualunque motivo personale cede di fronte alla Causa Comune, che il tamburo che scandisce il ritmo della vogata nelle navi che stanno attaccando i tuoi sodali e che provengono dalla terra dei Nuraghi e da quella ancor più perigliosa delle nebbie di Albione, suona come una sinistra minaccia, mentre il vento che si alza ti porta risa di scherno dei capi tribù avversari.
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