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Ci sono fatti su cui è meglio sorvolare, esistono casi dove invece è necessario non soprassedere perché non diventi abitudine. Troppo spesso siamo costretti a sorbirci i...
Ci sono fatti su cui è meglio sorvolare, esistono casi dove invece è necessario non soprassedere perché non diventi abitudine. Troppo spesso siamo costretti a sorbirci i “buuuuuuuuuuu” che salgono dagli spalti verso i giocatori di colore, possono essere dieci incivili, come cento razzisti, un fatto non solo antisportivo, ma soprattutto antisociale, in un momento in cui si discute sulla tolleranza e l’integrazione multietnica. Lo sport dovrebbe essere un ambiente che aiuta l’inserimento di uomini provenienti da paesi diversi, la maggioranza delle squadre di calcio sono ormai stracolme di stranieri, che possono fare più o meno la differenza, essere campioni come mediocri, ma che vanno rispettati innanzitutto come uomini.
Si è captato che sul campo di Mantova mercoledì scorso è successo qualcosa di spiacevole e si è intuito che i protagonisti erano stati Gabriele Graziani e Diaw Doudou.
Proprio la domenica precedente al match Gabriele era stato ospite insieme al padre nella trasmissione “Controcampo” e alla domanda sul perché la sua carriera non era sbocciata prima, il buon Francesco aveva dato la colpa all’arrivo dei troppi stranieri nel nostro campionato. Può dar fastidio veder relegati giocatori italiani in panchina a scapito di stranieri a volte scarsi, ma questo non giustifica che poi sul campo qualcuno si scateni con gli insulti. Quanto espresso da Gabriele contro Doudou non ha scuse che tengano, perché il comportamento pubblico dei giocatori non può scadere nel razzismo, nella bestemmia così come negli insulti pesanti.
Diaw ha risposto a dovere, ma noi attendiamo le scuse di Gabriele, che sono necessarie per chiudere il discorso di modo che non ci siano ripercussioni future. Se noi rispettiamo il figlio di un grande campione granata, che fu esempio per molti piccoli tifosi che iniziarono a tifare Toro grazie alle sue prodezze, Gabriele ha il dovere di onorare a sua volta la maglia che fu di suo padre a partire da chi adesso l’indossa, che sia bianco, giallo o nero. E’ strano come mai in questo caso non sia entrata in scena la prova televisiva, sempre abile a trovare il labiale da sbattere in prima pagina, a volte anche a sproposito.
Un colorito “vai a quel paese…” urlato da Daniele Conti all’arbitro domenica a Firenze gli è costata l’espulsione diretta e tre giornate di squalifica. Le frasi irriguardose di Graziani sono rimaste impunite, ma valeva allo stesso una squalifica, così come successe anni fa per Mihajlovic in un caso analogo con Vieira.
La legge Pisanu andrebbe applicata anche sul campo, dove spesso si trova gente più becera di chi va in curva a tifare.
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