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Mazzarri e De Zerbi si conoscono bene, o meglio il secondo conosce bene il primo. L’ultimo anno da giocatore in serie dell’attuale tecnico del Sassuolo fu proprio alla corte del tecnico di San Vincenzo a Napoli, ma non fu una stagione felice per De Zerbi, considerando che non è mai sceso in campo. Da allenatori c’è un solo incrocio tra i due e risale allo scorso 28 gennaio, quando il Toro superò con un netto 3 a 0 il Benevento, anche se, va detto, la Strega ben figurò al Grande Torino.
FASE DI COSTRUZIONE - Due allenatori diversi, che sembrano avere in comune solamente la capacità di far cambiare modulo in corsa alle proprie formazioni. Mazzarri parte sempre con una difesa a 3 e a gara in corso, più volte, per aumentare il peso offensivo dei suoi, è passato a una linea a 4. De Zerbi, invece, parte proprio dalla difesa a 4, che muta a 3 principalmente per due motivi: necessità puramente difensive o facilitare il palleggio da dietro. Proprio quest’ultimo dettaglio è la grande differenza tra i due tecnici, perché l’attuale allenatore dei neroverdi è, prima di tutto, un creatore di gioco. Già ai tempi di Foggia, De Zerbi, riuscì a contraddistinguersi per la qualità della manovra espressa dalla sua squadra, che si fonda sul concetto del ‘terzo uomo’ o più banalmente, la creazione di triangoli di gioco per poter far partire la manovra sempre da dietro. A Sassuolo ha portato qualche cambiamento, diminuendo la costruzione del gioco su linee orizzontali e cercando più verticalizzazioni per poter sfruttare al meglio il trio Babacar-Di Francesco-Berardi. L’obiettivo è proprio il connubio tra queste due interpretazioni, volendo vedere in campo una squadra che sappia gestire forze e tempi attraverso il palleggio o la verticalizzazione. Per Mazzarri, invece, sembra esserci una sola possibilità di scelta: la verticalizzazione. Il Toro, infatti, ha dimostrato quest’anno di essere più preparato in situazioni di campo aperto, andando invece in difficoltà quando deve gestire il possesso contro una squadra chiusa.
FASE DIFENSIVA - Un punto in comune, però, c’è tra i due e riguarda l’organizzazione della fase difensive. Entrambi prediligono il pressing alto e la copertura degli spazi nella metà campo avversaria, finalizzati a chiudere tutte le linee di passaggio e per poter recuperare il prima possibile la palla. Un lavoro dispendioso e che ha effetti contrari: il Sassuolo ha subito 22 reti in 16 giornate a differenza delle 17 del Toro. Il motivo va ricercato nell’esperienza degli interpreti. I granata possono contare sul trio Izzo-Nkoulou-Djidji abile a coprire anche tanto spazio alle proprie spalle, mentre i neroverdi stanno pagando ‘l’apprendistato’ di Lemos, Magnani e Marlon (il primo dovrebbe essere in panchina domani, mentre gli altri due sono i maggiori indicati per una maglia da titolare). A Magnani e Marlon dovrebbe essere affiancato Ferrari, che invece è già esperto di un certo sistema di gioco avendolo già appreso alla Samp di Giampaolo.
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