toro

Non sempre si può

Redazione Toro News

di Michele Ferrero

Gran partita dei nostri, intensa e vibrante. Ho sentito uscendo dallo stadio commenti scontati: ma perché il Toro non gioca sempre così? Facile dirlo, impossibile farlo. Le...

di Michele Ferrero

Gran partita dei nostri, intensa e vibrante. Ho sentito uscendo dallo stadio commenti scontati: ma perché il Toro non gioca sempre così? Facile dirlo, impossibile farlo. Le ragioni sono innanzitutto di natura fisica, ma anche quelle tattiche e psicologiche hanno il loro peso.La condizione fisica nell’arco di una stagione va e viene, impossibile tenerla costante su livelli alti, almeno secondo i metodi di allenamento praticati in Italia. E’ stata buona nelle prime partite, poi è calata in modo imbarazzante, ora sembra in crescita. Segnali buoni si erano già visti nel primo tempo a Milano, confermati contro la Roma per quasi tutta la gara. Peccato che tra una settimana ci sia la sosta natalizia, perché rischiamo di essere straripanti nella notte di capodanno. C’è poco da ridere: l’abilità di uno staff tecnico-sanitario può portare punti importanti: se grazie ad una programmazione azzeccata si arriva in forma nei momenti giusti, quelli in cui si giocano più partite e magari contro le dirette concorrenti, ecco che questo tipo di lavoro vale come un bomber da 10 reti. Maledire la sosta è ridicolo, in ambito professionistico, perché il calendario è noto con largo anticipo.Un altro motivo, molto evidente, è di natura tattica. Le squadre di mediobassa classifica, anche qui secondo la mentalità del campionato italiano, considerano positivo un pareggio in trasferta contro una pari livello. Pertanto obbligano il Toro a fare la partita ed a decidere in prima persona tutti i movimenti senza palla. La Roma invece gioca e lascia giocare, scende in campo per vincere anche quando viaggia a ritmi lenti, come oggi. Concede sempre spazi nei quali l’avversario può ripartire in contropiede. Gente come Giuly, Vucinic e Mancini non è portata ad inseguire l’uomo quando perde palla. Il Toro è stato in grado di infilarsi in questi spazi, e li avrebbe sfruttati anche meglio se avesse in organico un maggior numero di giocatori veloci (quelli però costano, come pure gli attaccanti capaci di buttarla dentro…). Anche il modulo si sta avvicinando a quello ideale. Quando Novellino sarà libero di fare il suo vero 4-4-2, con una punta di peso ed una sola di movimento (Rosina o Di Michele che si alternano) vedremo finalmente un Toro equilibrato. Corini potrebbe tornare ad essere il regista ammirato contro i giallorossi e la difesa risultare adeguatamente protetta. La concomitanza di prestazioni individuali sopra la media stagionale, come quelle di Zanetti, Barone, Di Loreto e Lanna, ha contribuito alla riuscita del progetto tattico.Non ultimo il motivo psicologico, la voglia di riscatto dopo il rovescio di San Siro e la presa di coscienza di una situazione di classifica che non può più essere sottovalutata. Accantonato il progetto di “divertire”, per la prima volta abbiamo visto i granata arrivare per primi su tutti i palloni vaganti. Questo aspetto, pur essendo legato alla condizione fisica, è quello che meno dovrebbe dipendere dall’avversario e che pertanto si potrebbe migliorare, presentandosi in campo molto più spesso con gli “occhi della tigre”. Sulla mente si può lavorare non meno che sul corpo, ma gli esiti sono purtroppo meno prevedibili quando c’è di mezzo l’emotività. E’ facile tenere la concentrazione contro le grandi, assai meno con le squadre che ti danno il tempo di pensare. E la pressione, contro avversari ritenuti alla portata, è ben maggiore rispetto a quando non si ha niente da perdere.Non si può giocare sempre così, quindi. Si debbono però creare le premesse per farlo un po’ più sovente. L’incazzatura per aver tratto un solo punto dalla miglior prestazione dell’anno è enorme, ma può servire da ulteriore stimolo. Al tempo stesso conferma i limiti di questa squadra, sui quali è necessario intervenire.Il mio osservato speciale di giornata era David Di Michele, soltanto alla quinta presenza in granata ma già caricato di attese e responsabilità forse eccessive. In settimana gli era scappata qualche parola non graditissima a noi tifosi, ma la ragione sta dalla sua parte. Non bisogna confondere una società dal passato glorioso, quale il Toro è sicuramente, con una grande squadra. Di Michele non è un fenomeno, altrimenti lotterebbe per altri traguardi, come lui stesso ha ammesso, ma può diventare un giocatore importante per la salvezza di questo Toro. E’ partito male, perdendo per voglia di strafare ed istinti egoisti parecchi palloni. Ma raramente ho visto un giocatore ribaltare il giudizio del pubblico (che cominciava a beccarlo) nell’arco della stessa gara. David si è ripreso con carattere già verso la fine del primo tempo per poi crescere ancora nel secondo, mettendo in crisi varie volte Juan e Mexes, una coppia centrale di valore assoluto. Merita una piena sufficienza. Non lo ritengo colpevole nell’incredibile occasione del palo, quando lui e Rosina sono sembrati ostacolarsi a vicenda. L’ho rivista almeno dieci volte, quell’azione, e sono arrivato alla conclusione che è stata solo sfiga. L’egoismo stavolta non c’entra, ed è un sollievo constatarlo. A causa di una situazione imponderabile che capita una volta nella vita per nessuno dei due, cheguardavano entrambi sulla loro sinistra il veloce sviluppo dell’azione,era possibile vederel’altro. La visione di gioco offuscata dalla fame di gol può essere l’unica obiezione da muovere a Rosina, che veniva da dietro ed aveva seguito l’azione, mentre David era più decentrato, in posizione avanzata già ideale per chiuderla. Robe da Toro.Di Michele ha fatto tutto bene anche quando Doni in uscita gli ha tolto un gol che si era costruito con un doppio dribbling strepitoso. Quello di testa era purtroppo in fuorigioco, e nel tiro-cros non trasformato da Bjelanovic è stato comunque lui a costruire le premesse del vantaggio. Ad un attaccante che in una sola gara crea così tanti pericoli si può perdonare qualche peccato di natura tattica. Quando perde palla Di Michele non sempre rincorre l’avversario, ed a 31 anni è un’indole non facile da correggere. Per questo motivo credo che il suo utilizzo contemporaneo a quello di Rosina sbilanci la squadra e non giovi a nessuno dei due. Se avessero l’umiltà di alternarsi, mettendosi a disposizione della causa granata, potrebbero giocare (alle spalle di un centravanti di peso) meno condizionati da compiti di rientro e risultare entrambi più lucidi e decisivi. Monzon per ora non può ammetterlo, ma lo sa benissimo.