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Ora è un dominio

Redazione Toro News

Questa settimana ci avvicina al 4 Maggio, data della più importante ricorrenza granata nonché di un impegno che può portare il Torino di oggi più vicino alla salvezza. Vorremmo, in questi giorni,...

"Non è il caso di creare dualismi. Non è il caso di trovarsi con dei doppioni. Non è il caso di sprecare denaro, che non ce n’è poi tantissimo.A differenza di come ragionano, e lavorano, presidenti di squadre già fortissime, ma anche di alcune mediocri, di oggi, Novo nell’estate 1946 ragiona. Di cosa c’è bisogno? Riunioni organizzative con Janni, Ellena, Agnisetta, Giusti, Copernico e tutti i membri della società, e poi, una volte decise le linee-guida, via, in direzioni diverse, a provvedere. Possibilmente con anticipo rispetto alle altre.

"E’ ora di un portiere di riserva nuovo, possibilmente giovane: Piani, bella promessa della Triestina. Un ariete di scorta per l’attacco: Tieghi, giovane del Livorno. Un rinforzo per la difesa: Rosetta, dall’Alessandria, dalle doti sicure. E infine, un buon colpo di mercato: Martelli, mediano del Brescia, già notato da molti, acquistato come alternativa in mediana a Grezar e Casigliano. C’è poi il ritorno di Menti dal prestito alla Fiorentina: il suo cuore rimarrà sempre diviso tra viola e granata, ma la squadra di Luigi Ferrero non può prescindere da un campione come lui, non ne ha la minima intenzione. Questo prelude allo scontento di Ossola, che sarebbe stato titolare inamovibile in qualsiasi altra compagina, ma che qui si trova al ruolo di prima riserva, per quanto di lusso, del quintetto avanzato del Toro. Ma la società a cederlo, magari a Milano per farlo stare più vicino alla sua Varese, non ci pensa.

"La società si è mossa per tempo e con oculatezza, tolto un esborso di una certa entità per Martelli si è speso davvero poco: Ferrero ammette con l’umiltà che lo contraddistingue che una squadra così si amministra da sé, tanto è composta da uomini maturi, prima che da grandi campioni. E a proposito di campioni: Mazzola, in campo, fa sì che il ruolo dell’allenatore in panchina, per lo meno durante le partite, diventi davvero secondario. “Quando lui si mette ad urlare vinciamo qualsiasi partita, anche se manca un minuto alla fine”: parole di Rigamonti. Parole che vorrebbe poter associare ai propri beniamini anche il tifoso del Torino di oggi.

"La Serie A 1946-’47 è 20 squadre, proprio come quella di oggi. I granata partono al rallentatore: 5 punti nelle prime 5 giornate, solo una vittoria, di misura, e 5 reti a favore, ben poche rispetto alla media della stagione precedente. Ma dopo il derby, terminato zero a zero, la svolta: Roma e Inter battute a domicilio per 3 a 1 come preludio del big-match contro il Bologna, primo in classifica e addirittura con la rete inviolata dopo 8 giornate. Rete inviolata che pare destinata a rimanere tale quando Grezar calcia fuori un rigore. Ma poi Castigliano indovina il bolide (il presidente felsineo Dall’Ara si arrabbierà coi suoi, dicendo “Non lo sapete che nel Torino segnano anche i mediani? E voi ne lasciate uno libero…!”), e si dilaga: finisce 4 a 0, la sensazione è quella di una squadra che ha deciso di far vedere cosa può fare, i giocatori sorridono sul campo mentre faticano. Per il modesto e capace Ferrero questo è uno dei segreti per far rendere al meglio i giocatori: il buonumore, che non deve mancare mai. Cosa che molti, anche molti allenatori, nel calcio moderno hanno dimenticato da tempo.

"Come già nella stagione precedente, il Toro dà il massimo nel girone di ritorno, dove, su 19 gare, otterrà 16 vittorie, 2 pareggi ed una sconfitta; i gol a fine campionato ammontano addirittura a 104 (e la difesa è la seconda migliore, per una differenza-reti di +69), 29 quelli di Mazzola, i punti di vantaggio sulla Juventus seconda sono 10.

"La città, calcisticamente, domina l’Italia, ed il derby di ritorno è gara decisiva per lo Scudetto: vincendo, i bianconeri potrebbero riaccendere le speranze, che invece il gol dell’ex siglato da Gabetto cancella definitivamente, e con tre mesi d’anticipo il Toro ha già chiuso il campionato. Stava montando la rivalità, esistente da sempre, tra le due tifoserie, stava diventando quel sentimento che rasenta l’odio, e che si rivestiva anche di significato di lotta sociale, tanto sentita in quegli anni.

"La squadra, durante il campionato, fu colpita da diversi infortuni, anche gravi: Bacigalupo, Menti, Loik, Castigliano su tutti. Ma era stato acquistato Piani per fare da buona riserva tra i pali; era stato acquistato Martelli, che era un potenziale titolare; Rosetta, futuro nazionale, sostituì Castigliano; e la classe di Maroso gli permise di giocare più avanzato, sganciandosi dal ruolo di terzino e permettendogli di spingere di più (anche se non quanto avrebbe voluto, lui che voleva giocare nel quintetto avanzato).

"Il Torino è Grande. A farne perenne fotografia, la squadra schierata, a Torino, nello stadio che si chiama Comunale e non più Mussolini, con addosso la maglia azzurra anziché quella granata (e un portiere diverso), e in panchina Pozzo anziché Ferrero. Il commissario tecnico era restio ad un’operazione simile, non tanto perché dubitasse del valore dei giocatori ma del loro atteggiamento tattico invece sì: non era tanto convinto del sistemiamo estremo attuato da Ferrero (ma plasmato da Erbstein). Ci prova: prova a chiamare solo tre granata, contro l’Austria. E ne prende 5. Si ricrede. E perfino lui, come anche l’allenatore ufficiale del Toro, ha la sensazione di non guidare più quel gruppo di giocatori. Pensare che non ha ancora visto il meglio.

"E se su questa squadra nessuno sembra poter operare alcunché, cosa può fare la società? Ben poco, in effetti; ma quel poco, lo fa. Conscia che Maroso soffre di pubalgia, si assicura il giovane terzino Tomà come riserva, e già durante la stagione aveva opzionato l’attaccante romeno Fabian, che aveva preso in prova e poi promosso, visto che Tieghi e Zecca non hanno convinto. E cambia l’allenatore: al posto di Ferrero, Mario Sperone, lunga esperienza nelle giovanili del Toro, proveniente dall’Alessandria con cui ha vinto il campionato di B. Stop. Convinti che non si potrà fare meglio della stagione precedente, troppo esagerata, irripetibile.

"Certo che però… La squadra inizia rifilandone 4 al Napoli, ma alla seconda perde a Bari, bestia nera per i granata, e si pensa che non è come l’anno prima, no; in effetti, no. Alla terza addirittura 6 gol (sempre a zero) alla Lucchese. Alla quarta, a Roma contro i giallorossi, alla fine del primo tempo i padroni di casa sono in vantaggio per 1 a 0; nella ripresa, i granata ne fanno 7. Sette. No, non è come l’anno scorso: questa è la squadra più forte che si sia mai vista. E’ anche la più forte che mai si vedrà, ma questo il tifoso non lo può sapere. (5 – continua)

"(nella foto: 10/5/'47, il Torino è l'Italia)