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di Fabiola Luciani
Tutti aspettavano la sua testa. O meglio dire, lui sarebbe dovuto essere solo il primo tra gli imputati a pagare colpe collettive e alla fine resterà anche l'unico,...
di Fabiola Luciani
"Tutti aspettavano la sua testa. O meglio dire, lui sarebbe dovuto essere solo il primo tra gli imputati a pagare colpe collettive e alla fine resterà anche l'unico, come sempre succede. Solito sguardo fiero e consapevole di chi sa di essere giunto in trincea, tra le macerie della sua squadra sparse sul prato dell’Olimpico e con la sua gente mai cosi inviperita dall'epoca dei disastri e delle retrocessioni. La ricerca delle colpe è scattata ancor prima dello scoccare del novantesimo minuto: il fischio finale ha solo scatenato l'ira dell'intero stadio, subito tramutata in una rassegnazione che non ha lasciato spazio che al silenzio. Solamente fischi, tanti e impietosi, che non hanno risparmiato nessuno: dal mister, ai giocatori e alla società. Ed a giusta ragione, poiché il colpevole non è solo e sempre il mister. Se Novellino è ormai abituato a questo ruolo, forse al tecnico di Montemarano sarebbe ora di attaccare solamente l'etichetta di complice e non quella di colpevole. Già, perché anche se il WAN rimane l'unico artefice degli svariati errori nelle scelte tecniche, tattiche e della gestione di qualche giocatore un po’ troppo anarchico, ci sono tutte le condizioni per individuare e rimarcare le notevoli responsabilità della società. Le mediocri scelte nel mercato invernale ed i mancati investimenti nell’organico, infatti, non dovevano essere affatto avallati con la passività mostrata dai dirigenti e dal tecnico stesso: le oggettive mancanze di un attaccante ed un regista su tutti, oltre che ad un difensore destro ancora oggi latitante e di ricambi validi, non sono state mai colmate nonostante le continue ed evidenti diffidenze di molti tra gli addetti ai lavori, a cominciare proprio dalla sottoscritta e dalle mie rimostranze tanto criticate il giorno dopo la conclusione di mercato e questo nonostante al Toro fosse arrivato il buon Foschi … purtroppo ministro senza portafoglio. Eppure, le scelte societarie del Torino F.C. sono state avallate con uno spirito spiccatamente aziendalista, di certo molto lodevole, ma tipico dei lacchè e che purtroppo, non poteva che impattare inevitabilmente sull'andamento della squadra stessa: finita l'illusione di potersi salvare agevolmente, infatti, sono venuti fuori i limiti tecnici nella rosa, in termini di qualità, che ahimè, non sono stati tamponati da innesti adeguati. Limiti fino a quel momento mascherati da una condizione fisica di un organico di gran lunga superiore alle altre pretendenti alla salvezza e da un'autostima che solo le vittorie riescono a dare alla squadra, ma che altrettante sconfitte possono demolire nel giro di un paio di partite, come successo con la disfatta di Bergamo e quella con la Doria.Quella di domenica è stata una squadra estremamente compatta, nella sua indolente e persistente bruttezza. Con alcune punte di "eccellenza": il peggior Pisano, un pessimo Zanetti, uno scarso Rubin. Rispettivamente, quel che in campo succede a intermittenza, quel che invece accade raramente e quel che praticamente non si vede mai. Ecco, sotto il peso di questi tre spietati macigni, tutti gli altri si sono, chi prima chi poi, chi più chi meno, sciolti. Sono diventati polvere, segatura. E, ancora prima di crollare, solo pulviscoli di volontà avevano messo sul terreno di gioco: segatura, rimasugli di gioco per tutto il primo tempo. Un tempo, solo uno, prima di diventar farina granata avevano resistito Dzemaili ed in parte Gasbarroni. Poi si sono adeguati. Bianchi, Corini e Natali hanno provato a correre almeno un pochino, ma correre dietro a chi e a cosa dal momento che la squadra lì davanti non è esistita mai e lì dietro si è polverizzata dopo appena otto minuti? Non è che l'hanno persa la partita con la Samp, ogni partita si può perdere e solo i pazzi pretendono di vincere sempre. Non l'hanno però solamente persa, l'hanno gettata nel bidone della spazzatura come un pacco di cui non si apre neanche la confezione. E non è una sorpresa, ma è una conferma di un difetto neanche tanto oscuro e di una caratteristica di questa squadra: quella di sentirsi salva e così bella da essere esentata dal doverlo dimostrare più di due volte in sequenza. E' come se provassero qualcosa a metà tra l’avversa seccatura e l'incapacità a doverlo dimostrare ogni volta che scendono in campo. Infatti sono sempre loro, quelli di una settimana fa contro l’Atalanta. Non è calato il loro limitato livello tecnico, né la loro precaria condizione fisica e neanche si può dire che è aumentata la bravura dell'avversario. Sono sempre loro, incapaci, inabili, poco concreti, scarsi. Ma sono sempre loro anche con questa malsana inclinazione dell'animo che ricalca una nota che pur risuona in ogni intervista: la presunzione parolaia. Sono infatti gli stessi che hanno compiuto un bellissimo e anche insperato primo tempo nel derby e sono gli stessi che hanno strappato il pareggio a San Siro. E gli stessi che ogni volta che gli si dice, e che evidentemente si dicono tra loro, di essere non da terz’ultimo, ma da quart’ultimo e, perché no, magari anche qualcosa in più, si trasformano in polvere granata in campo. E allora, per quel che si può, sarà bene dirlo in maniera chiara e netta: questo Toro, indipendentemente da dove poi alla fine arriverà, con il suo gioco, la sua classifica, il suo organico vale il terz’ultimo posto in classifica. Non è detto che ci arrivi, ma oggi lo vale. Questa è la sua battaglia, questa è la sua dimensione. Questo è il suo valore e superarsi deve essere il traguardo. Oltre il terz’ultimo posto dipende dal Toro perché se gioca oltre quel che vale, con lo spirito e la grinta che mi auguro che il buon Camolese saprà trasmettere, allora vale più di Bologna e Chievo. Magari c'è anche una maniera non giornalistica e non d'opinione per chiarire a tutti quanti la cruda e triste realtà attuale del Toro. C'è una maniera diciamo così di governo che auspico venga attuata: fino a salvezza acquisita, non c'è proprio nulla da rinnovare. Né contratti, né stipendi. Vale per tutti e non è una punizione, sarebbe una serena comunicazione societaria. E sarebbe inoltre, una parola buona e utile, oltre che vera, anche per quella "mente collettiva" che nelle squadre si forma e che specie nella squadra granata a intervalli più o meno regolari sembra aver necessità di confronto con l'autorevole e non autoritaria figura della realtà. Sono loro, sono loro stessi che si trasformano da stelle in segatura. Vanno quindi presi sul serio, sono professionisti e non bambini. Non gli si deve raccontare la bugia pietosa: è successo una volta per caso e non succederà più. E' gente matura, vaccinata e rispettabile e gli va detto che nessuno pretende che le stelle brillino anche a mezzogiorno ma che, se si produce solo segatura, solo polvere si mangia.Però, come sempre, le vere vittime di quest’incresciosa situazione restano, e non è una novità, i tifosi. Il mercato è ormai chiuso ed il cambio di allenatore è stato fatto, anche se tardivamente. Ora non ci sono più interventi da fare, dunque, il futuro prossimo del Toro resta esclusivamente in mano ai giocatori, ed è per questo motivo che sono proprio i tifosi granata che meritano una reazione, e la meritano da loro. Poiché, al di là degli ultimi acquisti, del nuovo mister, dei moduli e delle tattiche, in campo ci vanno i calciatori. E lottare adesso deve diventare un dovere.Nella speranza di rivedere aperte finalmente le porte della Sisport al calore dei tifosi del Toro, vorrei fare un grosso in bocca al lupo al cuore granata Giancarlo Camolese. E adesso due o tre cronache sparse. Una dal mondo della Nazionale anche se, purtroppo, non ci riguarda da vicino. Non sono affari miei e nutro pure molta stima ed affetto nei confronti del giovane Marco Motta, ma la sua convocazione in azzurro è per me qualcosa di inspiegabile. Possibile che nel Toro prima e nell’Udinese poi, facesse tanta panca e tribuna e dopo appena sei giornate ( non dico sei anni ) nella capitale giallorossa si trasformi da rospo panchinaro a pedina insostituibile, tanto che in Italia sulla fascia destra non ce ne sono di meglio? Seconda cronaca, anche questa in merito alle convocazioni in Nazionale. C’è un certo Cassano che sarà pure un bambinone immaturo, a molti anche antipatico, ma è sicuramente un talento calcistico come pochi in Italia e non mi spiego la sua continua esclusione dal giro azzurro. Il discorso è serio e porta dritti alle sponsorizzazioni, che nel calcio sono la linfa vitale. Vogliamo scommettere che Cassano dopo sole tre partite con la sua prossima maglia a strisce verticali tornerà ad essere il principino azzurro, nonostante quel che dice oggi il signor Lippi?Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.www.babyfabiola.splinder.com
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