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Un uomo che si chiama Orfeo non può che essere speciale. Orfeo è stato, infatti, un personaggio della mitologia greca. Era l’artista per eccellenza, che incarnava i valori eterni dell’arte ma era anche in grado di incantare gli animali con il suono della sua lira e della sua voce. Sarebbe servito un Orfeo nella storia del Torino per tornare ai fasti che il destino sembrava aver cancellato per sempre. Nel febbraio 1963 Orfeo Pianelli divenne ufficiosamente presidente della gloriosa società, prendendo il posto di Angelo Filippone. Come un’altra figura mitica, Elena, iniziò a tessere la sua tela prima di raggiungere l’olimpo eterno nella stagione 1975/1976, quella del settimo scudetto granata. I primi acquisti sotto la sua supervisione furono quelli di Fabrizio Poletti, coriaceo terzino, e Amilcare Ferretti, il “mandrogno”. A campionato già avviato, poi, arrivò dall’Inter Gerry Hitchens. Ma quel Toro, della fine della presidenza Filippone, procedeva lento e si attestava sempre e soltanto a metà classifica. Concluse il campionato 1962/1963 all’ottavo posto. Il glorioso Toro per tornare ai vertici del calcio nostrano aveva bisogno di uno scossone, di uno strappo definitivo con il grigio recente passato. “Sono qui io” sembra dire Pianelli, reduce dalla sua prima vera stagione di apprendistato.
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SCOSSONE PIANELLI - Lo scossone ci fu. “Voglio Rocco e se viene ci farà grandi” afferma nell’estate 1963. C’è un problema: Nereo Rocco è allenatore del Milan e con il Milan il 22 maggio a Londra vinse la Coppa dei Campioni, tra l’altro, segno del destino, contro l’ultimo avversario del Grande Torino, il Benfica. Ma si sa che il triestino Rocco vive di spettacolosi e sorprendenti colpi di teatro e dunque il sogno di Pianelli si realizza: il “paròn” lascia Milano e accetta l’invito di Pianelli. La scalata, che fino a quel momento era soltanto su carta, poteva aver inizio. “I have a dream” è il motto dei tifosi granata in quella calda estate. È il motto che prendono in prestito dall’America e dai sostenitori di Martin Luther King. Sul campo il Torino cambia poco, ma dal Lanerossi Vicenza arrivò il friulano di Gorizia Giorgio Puia.
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IMPRENDITORE VINCENTE - L’inizio dell’avventura di Pianelli da presidente del Torino ci permette di celebrarlo a 15 anni dalla sua scomparsa (avvenuta il 24 aprile 2005 in Francia a Villefranche-sur-Mer). Saggio imprenditore, Pianelli nacque nel 1920 a Vignale. Prima di diventare un uomo di successo, si fece le ossa in varie professioni, dal falegname al muratore. A sedici anni si trasferì a Torino, frequentò le scuole serali e ottenne il diploma. Contemporaneamente lavorava e si mise in proprio sul declinare del Secondo Conflitto Mondiale. Insieme a Domenico Traversa sfruttò il boom economico e la sua azienda si potenziò negli anni Cinquanta, tanto da permettergli, come detto, agli albori del nuovo decennio di affacciarsi sul mondo del calcio. Pianelli è stato, quindi, una perfetta immagine del suo tempo. Da buon Orfeo, poi, ha cercato nel pallone di incarnare i valori dell’arte e anno dopo anno ha plasmato il suo gioiello. La poesia che ne è nata resta ancora oggi indimenticabile, il titolo è Radice, il testo è composto da 17 semplici nomi: Bacchin, Caporale, Castellini, Cazzaniga, Garritano, Gorin, Graziani, Lombardo, Mozzini, Pallavicini, Pecci, Pulici, Claudio e Patrizio Sala, Salvadori, Santin, Zaccarelli.
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