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Quando al Torino tolsero il tricolore

Redazione Toro News

di Paolo Aghemo

 

Mentre il “sistema Moggi” viene portato alla luce del sole dai magistrati, si torna a parlare di illecito sportivo. La tangentopoli del pallone apre scenari cupi per le...

di Paolo Aghemo

Mentre il “sistema Moggi” viene portato alla luce del sole dai magistrati, si torna a parlare di illecito sportivo. La tangentopoli del pallone apre scenari cupi per le società coinvolte, senza escludere la possibilità di revocare uno o più scudetti. Occorre che la giustizia faccia il suo corso. Toronews ha seguito con attenzione l'evolversi della vicenda, fin dalle battute iniziali, e continuerà a farlo. Qui, però, cogliamo l'occasione per ricordare un episodio che resta impresso nella memoria granata e per il quale i tifosi invocano da anni un chiarimento, perché troppi sono i dubbi che sollevò: nel 1927 il Torino vinse il suo primo tricolore, poi revocato quando il campionato successivo era già in corso.

Perché? La motivazione ufficiale fa riferimento a un episodio avvenuto prima del derby di ritorno contro la Juventus: un dirigente granata, tale avvocato Nani, avrebbe offerto 50 mila lire al terzino bianconero Allemandi per favorire la vittoria degli avversari, versando subito 25 mila lire. Per contattare il giocatore si affida a uno studente catanese del Politecnico, Francesco Gaudioso, che alloggia in una pensione di via Lagrange, dove ha il domicilio Allemandi (ma dai!). In quella stessa pensione c'è anche il giornalista del “Tifone” Renato Farminelli (guarda il caso!), corrispondente da Torino della testata. Ora, il derby si chiude con la vittoria per 2 a 1 del Torino e Allemandi risulta uno dei migliori in campo. Nani si rifiuta di pagare le restanti 25 mila lire al calciatore: la discussione tra i due avviene nella pensione di via Lagrange alla presenza di Gaudioso e con il giornalista Farminelli che “origlia” da un'altra camera. A fine campionato, appena vinto con merito dai granata del trio delle meraviglie “Libonatti-Baloncieri-Rossetti” davanti al Bologna, il “Tifone” pubblica un articolo sul presunto caso di corruzione a firma del corrispondente torinese. Partono le indagini della Federcalcio, il cui presidente è Leandro Arpinati, gerarca fascista, nonché podestà di Bologna e noto tifoso rossoblu'. Durante un sopralluogo nella famosa pensione il vice di Arpinati, Giuseppe Zanetti, scopre in un cestino dei rifiuti alcuni pezzi di carta (!). Li unisce e cosa esce fuori? Una lettera nella quale Allemandi reclama il pagamento di 25 mila lire. Il direttorio Federale si riunisce nella Casa del Fascio e revoca lo scudetto al Torino. Allemandi (nell'estate passato dalla Juventus all'Ambrosiana) viene squalificato a vita ma poi godrà di un'amnistia. Come ricorda sulla Stampa di lunedì 14 maggio Massimo Gramellini (Bar Silvio, p. 12) “quando nel 1927 fu tolta la vittoria al Torino per un episodio di corruzione che a confronto con l'oggi, e col Moggi, mette quasi tenerezza, Leandro Arpinati si oppose per ragioni di stile a che lo scudetto venisse assegnato al suo Bologna, secondo in classifica. Quell'anno il titolo non andò a nessuno”. C'è chi, invece, pensa si sia trattato più di una scelta politica: per il regime stravincere in quel modo sarebbe stata una mossa impopolare. D'altronde: perché, se di corruzione si trattò, il titolo non venne assegnato al Bologna, che a quel punto ne aveva tutto il diritto?

La stagione successiva, con rabbia e determinazione, il Torino conquistò il tricolore. Sarebbe stato il secondo della sua storia. Negli ultimi anni si è discusso molto a proposito della restituzione del titolo del '27, addirittura i tifosi-onorevoli si sono mossi per chiedere una riapertura del caso, ma nulla in concreto si è riusciti ad ottenere. Crediamo che la battaglia per la legalità nel mondo del calcio che si sta combattendo oggi, dovrà, un giorno, fare i conti anche col passato.