In queste settimane si è parlato tanto per cercare il motivo della crisi del Torino, il dibattito si è concentrato principalmente su due fattori la stanchezza fisica e quella mentale e sulle correlazioni che possono esserci tra loro. Sì perché non è solo la forma fisica che fa correre più degli avversari ma è anche la mente che ti spinge a dare più o meno di quanto il fisico è in grado di produrre.
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Stanchezza fisica o stanchezza mentale?
Entrambi i fattori si possono allenare, più specifico è l’allenamento per migliorare la condizione fisica, mentre la mente la si può allenare praticamente 24 ore al giorno; la condizione fisica la si può misurare con dei test ma la si può anche valutare semplicemente guardando la partita, i dati che il Torino fc ha fornito in questi ultimi giorni sembrano dire che fisicamente i calciatori stanno bene, però guardando la partita si ha una impressione diversa, a questo punto la domanda nasce spontanea: perché allora corrono meno degli altri?
Non voglio addentrarmi nella risposta perché non conosco quello che succede nello spogliatoio e in campo, in questo pezzo cercherò di spiegare di cosa ha bisogno il calciatore dal punto di vista mentale per poter rendere al meglio e cosa si può fare per migliorarlo.
Il primo fattore è la fiducia, se un calciatore sente la fiducia del tecnico dei compagni della società e dell’ambiente che gli sta intorno sicuramente in partita può giocare in maniera più tranquilla senza avere la paura di sbagliare, il tecnico può dare fiducia schierando con continuità il calciatore ma anche facendo leva soprattutto sulle cose positive che il calciatore ha fatto in allenamento o nelle partite precedenti, indipendentemente dalla frequenza con la quale lo schiera. Tra compagni la fiducia c’è quando ci si scambia il pallone o i compiti senza problemi, (questo è più presente nel calcio dilettantistico e giovanile perché i professionisti non dovrebbero fare differenze per passare la palla a un compagno piuttosto che ad un altro) la società invece può generare fiducia creando un’atmosfera positiva intorno al gruppo e al singolo incoraggiandoli e cercando di proteggerli dagli attacchi esterni e far sentire importante il singolo per il progetto soprattutto quando questi è in scadenza di contratto cercando di intavolare trattative per il rinnovo. L’ambiente esterno sono soprattutto i tifosi e i media che esaltano o abbattono con troppa facilità facendo percepire al calciatore una atmosfera diversa da quella che è in realtà, chi viene esaltato può ricadere nel peccato di onnipotenza facendogli pensare che a lui basti il minimo o la sola presenza in campo per essere indispensabile ecco quindi che il calciatore non fa quella corsa in più per aiutare il compagno o per smarcarsi dal momento che tutto gli è concesso, al contrario chi vive sotto la spada di Damocle dei tifosi o dei media può correre il rischio di strafare per cercare di dimostrare che non è quello di cui si dice o al contrario bloccarsi e prendere il meno iniziative possibili per paura di sbagliare e tante troppe volte i calciatori si rifugiano dietro a questo atteggiamento. Chiaramente anche tecnico compagni e società possono esaltare o abbattere i calciatori ma di questo non ne ho parlato e non ne voglio parlare perché in una società professionistica sarebbero degli errori gravissimi.
Il secondo fattore invece sono le motivazioni personali, le motivazioni devono essere coltivate e non bisogna mettere in atto processi che possano inibirle. La motivazione nasce nell’individuo ed è conseguenza della personalità dell’atleta e del periodo evolutivo che sta vivendo (all’inizio, nel pieno o al termine della carriera). Per saper motivare al meglio è quindi fondamentale per l’allenatore trovare delle strategie individuali, ma su questo penso che GDB si un buon motivatore.Importante è che gli allenamenti non siano monotoni e noiosi perché monotonia e noia sono due nemici micidiali della motivazione soprattutto per gli atleti più estroversi, questo va un po’ a cozzare con l’allenamento perché si sa che solo con le ripetizioni si mandano a memoria e si automatizzano gesti tecnici e tattici. L’allenatore poi deve porre parecchia attenzione agli atleti che vengono impiegati poco durante le partite cercando di trovare sempre per loro un modo per farli sentire utili alla squadra e soprattutto non far sorgere in loro la sensazione di essere emarginati, perché chi sente di fare parte del gruppo può essere decisivo anche se gioca per pochi minuti.Oltre alla noia e alla monotonia anche l’ansia e la mancanza di speranza possono far calare le motivazioni e aumentare la stanchezza mentale. L’ansia si ha quando si teme qualche cosa e nello sport si associa alla paura di non riuscire a raggiungere l’obiettivo prefissato, la mancanza di speranza invece si ha quando non si crede in più nelle proprie qualità o non le si ritengono sufficienti per raggiungere il risultato; è probabilmente su questi ultimi due fattori che il Torino è scivolato spesso non solo nel campionato in corso ma anche nei precedenti, in questa rubrica già dopo la partita con l’Inter avevo posto l’accento sul fatto che la squadra fosse debole “mentalmente” nonostante sia molto più forte e più completa dello scorso anno dal punto di vista tecnico tattico.
Probabilmente manca un trascinatore, un personaggio come Giorgio Ferrini, Paolo Pulici, Junior, Antonino Asta e nell’epoca di Cairo Oscar Brevi Roberto Muzzi e soprattutto Davide Nicola; probabilmente l’unico con queste caratteristiche in rosa è Matteo Sereni anche se la vicenda del contratto in scadenza non lo aiuta certo nell’assumersi responsabilità che vanno oltre al proprio ruolo. Ma più realisticamente mancano anche quei risultati positivi che possono aumentare fiducia e autostima e le prossime tre partite che verranno giocate allo stadio Olimpico possono portare quello di cui il Torino ha bisogno, giocatori allenatore società tifosi e media devono remare tutti dalla stessa parte perchè questo avvenga.
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