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di Alessandro Salvatico
Quando alla televisione viene mostrata qualche azione di gioco di Gigi Meroni, quasi sempre sono le stesse; se non fosse per un...
"di Alessandro Salvatico
"Quando alla televisione viene mostrata qualche azione di gioco di Gigi Meroni, quasi sempre sono le stesse; se non fosse per un bellissimo documentario andato in onda proprio un anno fa, in molti conoscerebbero quattro o cinque brevi spezzoni video.
"Questa povertà nella proposta, in un certo senso, sintetizza l’incapacità e la superficialità che in molti ci accomuna quando abbiamo a che fare con qualche cosa che ci sfugge, qualche cosa che va al di là delle cose e delle persone con cui abbiamo a che fare ogni giorno. E così, scivoliamo nell’abuso delle stesse espressioni, degli stessi soprannomi, degli stessi aneddoti; tutti originati da grande affetto, ma che rischiano di farci perdere la persona, il suo cuore la sua carne i suoi occhi, e di lasciarci una macchietta, un quadretto con cornice, un’icona.
"Gli esponenti del jet-set, di cui gioco forza fanno parte anche quelli del mondo del calcio, fanno a gara a sfoggiare gli abiti più trendy, con il risultato (sempre con le dovute eccezioni) di apparire più o meno tutti uguali, spendendo in ossequio ad un conformismo che ci vuole, e che alla fine ci avrà. Anzi ci ha già, e ci ha come ci vuole: tutti uguali, appunto. Per questo, forse dopo il ’68 Meroni non sarebbe più stato beat, non sarebbe più stato capellone: perché non sarebbe stato come gli altri per moda. Lui vestiva stravagante, non firmato. L’attuale quotidiano, impregnato più che mai di conformismo, faticherebbe ancora più che allora ad accettarlo; le critiche che la stampa gli rivolgeva sarebbero un vero massacro, e probabilmente anche parte della gente lo capirebbe meno (ché il conformismo è un cancro potente, che difficilmente lascia qualcuno immune).
"Forse non gliene importerebbe nulla, forse non sarebbe permaloso, né si farebbe distrarre “dalle voci di mercato” o innervosire “dalle dichiarazioni del tecnico” né “dalle illazioni apparse sui giornali”: perché il segreto di Meroni era portentoso, e oggi non lo conosce nessun calciatore (e nessuno in generale). I calciatori oggi hanno la testa piena (non per colpa loro) di tutte queste cose che li appesantiscono e li distraggono; Gigi, in campo, aveva la testa vuota. Gli occhi solo sul pallone, le gambe dietro in automatico. Per questo, era così leggero. La sequenza era quella giusta: testa piena (di interessi, di sentimenti, di voglie) nella vita, testa vuota sul campo. Non il contrario.
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