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Torino, Cairo: “Credo che Juric mi stimi. Belotti voleva andare al Milan”
Un’intervista a 360°, tra presente, passato e futuro, in cui vengono svelati aneddoti su alcuni momenti importanti della storia recente del Torino. Durante l’ultimo Festival dello Sport di Trento, Urbano Cairo ha dialogato con gli Autogol per una video-intervista pubblicata quest’oggi sul sito gazzetta.it, a cui vi rimandiamo con questo link.
Il colpo di mercato che lei ha fatto?
“Considerando l’ultimo mercato e a quanto abbiamo venduto Bremer, dico lui”.
C’è un giocatore che ha sempre sognato di prendere ma non è mai riuscito a comprare?
“Un giocatore pazzesco che però non sarà mai possibile comprare è Haaland. Per tornare alla vostra domanda, non c’è un vero nome. Ma gli Haaland bisogna scoprirli quando sono giovani e non valgono ancora così tanto”.
Come si fa a scovare il talento?
“Devi avere osservatori bravi in tutto il mondo. Haaland dovevi prenderlo a 13-14 anni. Come Ibrahimovic, che stava venendo in Italia a Verona a quell’età. Quindi i talenti vanno scoperti quando sono molto giovani, anche se poi è un rischio, perché non sai se poi esplodono”.
C’è stato un allenatore che ha mandato via e poi si è pentito?
“Sicuramente sì, Sinisa Mihajlovic. Secondo me ho sbagliato perché non lo meritava. A parte il fatto che con lui ho un rapporto eccellente, è un amico. Un uomo vero. Una volta ci ho discusso, ma finito quello il rapporto era tornato come prima. Quando venne a Torino dopo l’esonero, era febbraio del 2019, per sfidarci contro il Bologna, ci battè. Io non l’ho visto in quell’occasione, mi avrebbe preso per i fondelli”.
C’è un giocatore a cui si è particolarmente legato?
“Tanti. Da Ogbonna a Rosina, che era un fantasista. Un altro a cui sono molto legato è Moretti. Ha fatto molto bene con noi come calciatore, ora è rimasto con noi come team manager prima e come direttore sportivo aggiunto ora”.
C’è una foto con tutta la sua famiglia a Wolverhampton. Che ricordi ha?
“Quell’anno abbiamo fatto un grande girone di ritorno, in cui eravamo la quarta migliore squadra. In Europa un paio di turni passati e poi la sfortuna di beccare il Wolverhampton, una squadra fortissima che ci eliminò. Quella fu una foto di speranza, andai lì con tutti i miei figli perché ci credevamo”.
E c’è un allenatore a cui si è particolarmente legato?
“Ventura. Ma anche con Juric c’è un bel rapporto. E’ un rapporto molto vero, di grande franchezza, a volte anche con delle punte. Ma lo stimo molto e credo che anche lui stimi me. Quindi sono molto legato anche a lui”.
Gli autogol fanno vedere al patron delle foto, senza farle vedere al pubblico. Il patron deve commentarle senza dire chi sono i soggetti.
La prima foto: “Mi ha dato tante gioie e una delusione”.
La seconda foto: “Mi ha insegnato a fare calcio, tant’è vero che quando poi mi è capitato di non seguire i suoi consigli ho sbagliato”.
La terza foto: “Grande professionista, grande uomo, grande giocatore e grande plusvalenza”. (risate, “si può intuire…”)
La quarta foto: “E’ stato il mio maestro” (uno degli autogol dice “mi consenta” imitando Berlusconi).
La quinta foto: “Un funambolo. Mi ha molto divertito ed entusiasmato. E’ arrivato in un momento della mia presidenza dove cercavamo un salto in avanti e lo abbiamo effettivamente fatto; formò una coppia di bomber che fece molto bene”.
La sesta foto: “Un bravo presidente. A lui piace molto essere uomo di spettacolo. Si vede che lui nasce uomo di spettacolo, nasce impresario. Ma devo dire che ha fatto molto bene nel calcio, quindi chapeau come direbbe Cassano”.
C’è un aneddoto su riunioni con i presidenti?
“Sulle riunioni di Lega meglio stendere un velo perché succedono delle robe esagerate. Non vorrei dire aneddoti su questo… Non sarebbe simpatico”.
Il presidente, quando viene toccato l’argomento Belotti tramite una imitazione, dice la sua sull’argomento. “Lo abbiamo preso 22enne dal Palermo. Arriva, fa un girone d’andata difficile e un buonissimo girone di ritorno, da 11 gol, con Ventura allenatore. Poi arriva Mihajlovic e fa 26 gol, pazzesco. Arriviamo nell’estate del 2017. Il Milan era in quell’estate di Fassone e Mirabelli in cui spendevano cifre incredibili: 42 milioni per Bonucci, 30 per Andre Silva, 28 per Kessie… Ma vengono da me e dicono: abbiamo speso molto, vorremmo prendere Belotti in prestito a 6-7 milioni con obbligo di riscatto. Io rispondo: scusatemi, ma ha fatto 26 gol ed è fortissimo. Se poi lo do in prestito ne devo comprare un altro e quindi finisce che spendo di più di quello che prendo. Inoltre eravamo in un momento buono economicamente e non avevo bisogno di vendere. Quindi dissi: o facciamo un accordo vero, o niente. Inoltre non lo avrei nemmeno venduto, era al suo secondo anno… Belotti, che voleva andare al Milan, ci rimase male. Il campionato seguente fu per lui difficile, fece pochi gol ed era sempre infortunato. Poi rimase con noi. Ma io non è che ho rifiutato cifre incredibili, ho rifiutato ben poco. Poi lui ha fatto meno bene, ed è voluto andare a scadenza”.
Un insegnamento sul fatto che la volontà del calciatore è fondamentale?
“Bravo, ho imparato questo. Lo avevo già imparato, poi però vuoi tenere un giocatore perché magari hai ambizioni… Successe con un altro giocatore, Nkoulou, che voleva andare ma non lo vendetti e poi le cose andarono meno bene sia per noi che per lui. Diciamo che ho imparato questo; quando un giocatore vuole andare, lo devi vendere”.
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