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Torino e Cairo: per la piazza la misura è colma

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Tocco di Mano / Servono segnali positivi: in ottica di mercato e non solo...
Manolo Chirico

La brutta sconfitta in Coppa Italia contro la Lazio, figlia di una pessima prestazione da parte della squadra, ha scatenato l'ira dei tifosi. Questi hanno quindi contestato - come accaduto già contro il Milan prima e durante la gara - l'operato del presidente Urbano Cairo. Invitandolo ad investire di più, a spendere i soldi necessari per rinforzare la squadra, approfittando della sessione dedicata al mercato di riparazione.

Dagli slogan, urlati a squarciagola e stampati sugli striscioni, emerge un messaggio chiaro e trasparente: servono segnali incoraggianti, serve una ventata d'aria fresca che porti nuovo entusiasmo. E se questo non fosse possibile, ecco l'invito a farsi da parte. ''Cairo vattene'', ''Cairo, il tempo è scaduto''. E poi il coro: ''Per restare in A, bisogna spendere''.

Questi, e non solo, sono i classici sintomi di un malessere generale e diffuso in tutta (o quasi) la piazza granata. I tifosi del Toro sono stanchi, sfiniti. Ne hanno passate tante e, certamente, ne passeranno ancora. Verranno tempi peggiori, d'altronde se la fortuna è cieca, con il Torino la sfiga ci vede benissimo. Verranno anche tempi migliori? Forse. Ad ogni modo, di questo passo, i tifosi dovranno attendere a lungo. Perché senza investimenti importanti - ed immediati - sarà sempre più difficile competere per le posizioni di vertice. Ecco, forse è proprio questo a sbriciolare l'animo ardente della piazza, la stessa che all'orizzonte vede le nuvole addensarsi l'una sull'altra.

Le plusvalenze del calciomercato, gli sponsor, gli stadi di proprietà: sono questi tre fattori a muovere il calcio moderno. A portare nuova linfa, a rendere una società davvero competitiva. Per fare affari a rialzo, occorre investire parecchio, su quanti più fronti possibili, così da dividere il rischio. Per attirare gli sponsor, serve maggior appeal: occorre giocare partite di cartello, in competizioni di massimo rilievo. Per fare uno stadio, per avviare un percorso di patrimonializzazione, è necessario investire nel Comune di riferimento.

La Juventus post-calciopoli - piaccia o non piaccia - lo ha capito e, aiutata in tal percorso - aiutata, sì; piaccia o non piaccia -, si è mossa di conseguenza. La Roma, sostenuta anche lei - piaccia o non piaccia, ma è così -, sta facendo lo stesso: investimenti, plusvalenze e stadio di proprietà. La strada da intraprendere è questa, è tracciata da tempo, non si scappa. Una via, un percorso fatto di tanti piccoli passi. Piccoli, ma tutti necessari. Inutile tentare di saltare qualche metro più avanti: il rischio è quello di inciampare, cadere e farsi male.

Il primo passo da fare, visto il momento, riguarda il calciomercato: servono volti nuovi, forze fresche che diano nuova linfa a questo Toro. Poi un passo per volta verrà il resto. Piccoli passi necessari, da effettuare uno alla volta, iniziando da subito. Perché la piazza è stanca, sfinita.

Perché la misura è colma... 

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