Matthew Garbett è ormai abituato a stare con i grandi, a essere il ragazzino. Per lui guardare e imparare è quasi la normalità. Non è un caso che l'anno scorso infatti il Torino sia andato a pescare un ragazzone neozelandese dal campionato svedese. Il primo ragazzo proveniente dal paese oceanico, già questo aveva creato curiosità. Poi con il tempo anche le sue prestazioni in Primavera avevano portato sempre di più la lente d'ingrandimento su Garbett. Sia al Torino sia in Nuova Zelanda.
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Torino, Garbett e l’abitudine a stare con i grandi: la storia del neozelandese
Torino, Garbett e l'abitudine a stare con i grandi: la storia del neozelandese
Quando era arrivato al Toro, Matthew era reduce da un'esperienza molto importante: l'Olimpiade con la nazionale neozelandese. Un'avventura da raccontare e da ricordare per lui, d'altronde non è da tutti viverla. In Nuova Zelanda, insomma, aveva già gli occhi del ct Danny Hay puntati addosso. Così a ottobre del 2021 arriva la prima chiamata e subito anche l'esordio direttamente da titolare nella sfida contro Curaçao. Avversario di basso livello, certo, però a poco più di 18 anni essere già titolare in Nazionale non è male.
Da lì iniziano ad arrivare i gol con il Torino e le chiamate dal ct diventano la normalità. Garbett è il punto fermo sia della Primavera granata allenata da Federico Coppitelli sia della Nuova Zelanda che intanto lotta per provare ad arrivare al Mondiale. Addirittura nella finale per passare ai playoff di qualificazione al Mondiale Garbett segna nel finale la rete del definitivo 5-0. Il suo primo gol tra i grandi. Sul suo cellulare le chiamate con il tempo si diversificano, oltre alla Primavera del Toro e della Nazionale arrivano anche quelle di Juric, che lo porta sempre più spesso tra i grandi: tanti allenamenti e due convocazioni in prima squadra. Fino al ritiro estivo. Da lì entra a pieno regime in prima squadra. Fino alla serata di martedì. A poco più di nove minuti dalla fine Paro gli corre incontro: "Matthew vieni, tocca a te". Ultima occhiata alle indicazioni tattiche, uno sguardo d'intesa con Juric e via dritto in campo. Nove minuti per assaggiare l'aria dell'Italia. Quella calcistica professionistica. Un'aria familiare, ma diversa. Già, perché prima di arrivare al Toro lui aveva già giocato 13 partite nell'Allsvenskan (la massima categoria svedese). Ecco perché il suo non è stato un arrivo casuale. Un acquisto mirato. Ora la palla è passata a lui. Dovrà continuare ad allenarsi e studiare, cercando di sfruttare il suo entusiasmo per conquistarsi sempre più minuti in campo.
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