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Sereno e pronto a nuovi obiettivi. Così appare Joe Hart dopo un mese circa dal suo arrivo a Torino: "Veniamo da grandi risultati" ha dichiarato il portiere all'Observer, domenicale di proprietà del Guardian "come quelli con Roma e Fiorentina, senza dimenticare la trasferta di Pescara, pareggiata 0-0 in undici contro nove. Non è stata una grande notizia per nessuno, ma lo è stata per noi. Ne avevamo bisogno. Quest'anno sono arrivati molti nuovi giocatori - me incluso - e un nuovo tecnico, per cui ci vorrà tempo prima di essere al meglio, ma qui siamo uniti e compatti. Mi piace".
L'estremo difensore torna poi sulla sua scelta estiva di tornare al Torino: "Il calcio è un gioco di opinioni: qualcuno crede che sia bravo, qualcun altro pensa che io sia inutile. Ho dovuto pensare a me stesso. Molti parlano, ma io ho dovuto pensare a me stesso. Al City avevo una situazione in cui non avrei giocato, quindi ho dovuto guardare altrove, un posto dove qualcuno pensava sarei potuto essere d'aiuto".
Hart continua: "Non si tratta di decisioni coraggiose o meno. Sarò onesto, non avevo 25 proposte sul tavolo, non avevo molto tempo, ma il Torino è stato una buona scelta per me, mi stimolava l'idea di giocare in Serie A. Mihajlovic ha messo in chiaro che mi voleva davvero per giocare nella sua squadra, e questo per me era abbastanza. È stata una buona decisione, a prescindere da come andrà la stagione. Ma sono grato di questa occasione. Ora sono al Toro, con grande impegno verso la società e verso la stagione, ci sto mettendo tutto me stesso. Non so se al City mi osservino, al momento la mia attenzione è sulla squadra granata. Non sono realmente interessato nel cambiare l'opinione di Guardiola, non posso piacere a tutti, è una cosa che ho imparato praticamente subito. Per quanto uno si sforzi di apparire alla grande agli occhi tutti, non potrà mai uscire vincitore".
E Hart certo non vuole fermarsi ora: "Devo migliorare ogni momento perché sto ancora imparando. Adoro cercare il miglioramento, che giochi in Sunday League (i più bassi livelli di calcio amatoriale inglese, ndr) o in Serie A. La lingua? Già al City, visti i tanti stranieri, non potevo parlare il mio inglese naturale, quindi la comunicazione è un aspetto su cui ho sempre lavorato. Ora sono Italia, è diverso, ma tutti apprezzano il mio sforzo."
Il portiere chiude con considerazioni sulla nazionale inglese: "Il mio posto è sempre stato in discussione. Dobbiamo creare un'identità di squadra, per capire le cose buone e meno buone che facciamo".
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