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Torino, Meroni e Mokone: due facce distinte degli anni ’60 granata

Cristina Raviola
108 anni di Toro / Gigi Meroni e Steve Mokone rappresentano a modo loro un decennio di storia granata: il primo da fuoriclasse “maledetto”, l'altro, primo giocatore africano in Europa, da "prototipo del bidone"

I meravigliosi anni '60 per il Toro si aprono con l'acquisto della società, nel 1962, da parte di Orfeo Pianelli. Comincerà un periodo d'oro della storia granata, che però troverà il suo massimo apogeo nel decennio successivo. Negli anni dei Beatles, delle contestazioni studentesche, invece il Toro vive di alti e bassi, e sono due i giocatori granata che meglio rappresentano, ciascuno a suo modo, la doppia-faccia di questi anni '60.

LA FARFALLA GRANATA – Nel 1964 Pianelli acquista uno dei migliori, e più controversi, giocatori dell'epoca: Gigi Meroni approda in granata dal Genoa a soli 21 anni, per la cifra record di 300 milioni di euro. Meroni diventa subito l'idolo della piazza granata, conquistando i tifosi con giocate di alto livello ed una classe sopraffina; inoltre, diviene simbolo di una generazione, quella “beat”, rivoluzionaria e fuori dagli schemi. Soprannominato "farfalla" con allusione al suo stile di gioco, temuto dagli avversari, idolatrato dai giovani dell'epoca, Meroni trova proprio a Torino la fine della sua incredibile parabola: la sera del 15 ottobre 1967, mentre attraversava la strada in Corso Re Umberto insieme al compagno e amico Fabrizio Poletti, viene falciato da una macchina e perde tragicamente la vita. Rimarrà per sempre nei cuori dei tifosi granata, simbolo di un'intera generazione e di un calcio fuori dagli schemi.

“IL BIDONE” CHE ENTRO' NELLA STORIA – Il titolo del capitoletto allude a Gianpaolo Ormezzano, che catalogò Steve Mokone, acquisto granata del 1962, come "il prototipo del bidone". Il sudafricano fu il primo giocatore proveniente dal continente nero ad approdare in Europa: dopo essere stato scartato nientemeno che dal Real Madrid, nel 1957 si accasa al Country City in Inghilterra. Dopo un peregrinare continuo, con un tesseramento senza esordio al Barcellona nel 1960, nel '62 approda al Torino. E' il primo giocatore di colore del campionato italiano: una svolta epocale, in anni, come abbiamo più volte ricordato, di grande fermento ideologico e culturale. Con il Toro non ha mai esordito in gara ufficiale – solo un amichevole contro il Verona per lui, nella quale però segnò cinque gol – e sempre Ormezzano racconta che fu preso “perché a uno dei soci principali del Torino piaceva molto sua moglie”. Non certo un acquisto dettato dalle sue abilità, per altro molto dubbie, visto che come raccontano le cronache dell'epoca “non pareva all'altezza”.

Due figure e due personaggi molto diversi dunque, ma entrambi accomunati dal notevole peso specifico storico: ambedue, infatti, sono stati a modo loro parte dell'epopea granata, specchio di un'epoca, diversi tra gli “uguali”, in un mondo che stava cambiando.