00:43 min

toro

Toro: Bremer, Singo e l’ambizione del “grande salto” da gestire

Silvio Luciani

Le parole di Bremer e Singo portano alla luce una verità indiscutibile: il Toro è (di nuovo) un trampolino di lancio

It's all about the ambitions. E purtroppo, negli ultimi tempi, le ambizioni del Torino sembrano non coincidere con quelle dei suoi pezzi da novanta. La riflessione nasce dalla recente intervista a Espn Brasil di Gleison Bremer, difensore che si è affermato nell'ultimo campionato e ha suscitato l'interesse di grandi club in giro per l'Europa: "Il Torino mi piace molto, mi trovo molto bene. Ma sono un atleta giovane e ambizioso. A tutti piacerebbe giocare la Champions League e essere tra i migliori. Al momento giusto, spero di fare il grande passo. In ogni caso, sarò sempre grato al Torino". Ineccepibile: (forse) non sarà in questa finestra di mercato, ma è del tutto normale che giocatori in crescita come Bremer sperino di volare verso altri lidi, che gli garantiscano il palcoscenico più importante: quello della Champions League.

AMBIZIONE - Dichiarazioni perfettamente sovrapponibili con quelle che rilasciò Wilfried Singo al Corriere Torino: "Continuo a lavorare duro per imparare, per avere un giorno le qualità necessarie per giocare al top, in Champions League". Una crescita che, al momento, il Torino non può garantire. Soltanto due anni fa i granata potevano offrirsi sulla piazza con la qualificazione in Europa League in tasca e la volontà di superarsi in campionato, ma il crollo verticale degli ultimi due anni -  coinciso con la strategia del "tengo tutti" - ha costretto anche i giocatori a rivedere le proprie priorità.

TRAMPOLINO DI LANCIO -

Erano serviti diversi anni per rendere il Toro qualcosa di più di un trampolino di lancio verso squadre più importanti, ne sono bastati meno di due per tornare al punto di partenza. E siccome è legittimo che, prima o poi, giocatori giovani ed ambiziosi come Bremer e Singo (scelti tra i tanti a titolo esemplificativo) vogliano spiccare il volo, per il Toro esistono soltanto due alternative (ma non per forza una esclude l’altra): garantire ai giocatori più importanti contratti all’altezza e costruire una struttura in grado di crescere e di puntare stabilmente alle posizioni europee, oppure vendere bene, al momento giusto, e poi reinvestire. Cose che ha fatto quell’Atalanta che ha appena conquistato la terza qualificazione consecutiva alla Champions, e che resta un modello che il Toro non può sperare di emulare limitandosi solo a prendere un allenatore simile a Gasperini come Juric.