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Toro, è iniziato il pontificato di Urbano II

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Quella che inizia quest'anno può essere considerata come la seconda fase dell'era Cairo e il presidente granata merita nuova fiducia dopo un calciomercato di lusso e un grandissimo avvio di campionato
Domenico Catagnano

Me lo ricordo bene quel Torino-Albinoleffe della rinascita, l'esultanza al gol di Fantini che segnò la liberazione da un incubo. Mi ricordo altrettanto bene la fantastica cavalcata di quell'anno e la pagina della "Stampa" uscita il giorno dopo la fenomenale vittoria col Mantova ai play off con quella bella "A" in granata in evidenza che per anni è stata appesa sul frigo di casa mia (pagina che ovviamente dopo il trasloco non ho buttato ma sarà ancora da qualche parte in uno scatolone). E mi ricordo l'entusiasmo per Cairo, per Papa Urbano, l'uomo della Divina Provvidenza che ci aveva salvato dal baratro e che doveva portarci subito in paradiso.

Sono passati dieci anni e, corsi e ricorsi della storia, l'entusiasmo di quel 2005 è tornato. In mezzo, lo sappiamo, è successo di tutto. E in mezzo a quel tutto Cairo, troppo presto diventato "santo subito", era diventato il presidente meno amato -o più odiato, fate voi- della storia granata. Era, perché oggi, finalmente, si stanno riannodando i fili che in questi anni si erano malamente spezzati tra lui e tutta la tifoseria.

Al presidente è servito un po' tempo per capire come funziona il mondo del calcio. Prima dell'arrivo del tandem Ventura-Petrachi, in cinque anni aveva messo in moto una giostra con ben otto allenatori, si era affidato a direttori sportivi (un paio davvero improbabili) saltati dopo solo un anno di permanenza e aveva acquistato a peso d'oro troppi giocatori bolliti dalla resa impalpabile. Ha sbagliato, come lui stesso ha tranquillamente affermato nelle interviste che ha rilasciato per celebrare il decennale, a fidarsi troppo di se stesso, applicando al calcio le medesime regole che lo hanno portato a diventare un imprenditore di successo nell'editoria e nella pubblicità.

Quello che però ha fatto imbufalire gran parte dei tifosi granata è stata quella sensazione del sentirsi raggirati, di aver dato fiducia a una persona che di granata nel dna aveva ben poco, e che utilizzasse il Toro solo per i suoi interessi.

E' servito un po' di tempo, ma una risposta chiara è arrivata. Dopo dieci anni di presidenza, Cairo ha costruito un Toro che piace ai tifosi e che molti ci invidiano. E in più ha fatto rinascere il settore giovanile e tutto sembra pronto per il nuovo Filadelfia. Il pontificato, chiamiamolo così, di Urbano I si è chiuso lo scorso anno con l'acquisto di Amauri, con quella che sembrava l'ultima presa in giro per i tifosi. Ci eravamo ritrovati senza Immobile e Cerci, ceduto l'ultimo giorno di mercato, con una squadra sulla carta nettamente indebolita piena di scarti altrui e di oggetti misteriosi.

E invece la stagione 2014/15 è stata la più esaltante, la più da Toro" degli ultimi vent'anni, alla faccia di chi -noi compresi- non ci avrebbe scommesso un centesimo bucato.

Quello che adesso ci ritroviamo è un altro Cairo, è Papa Urbano II, un presidente che sa ascoltare più di prima e che ha trovato in Petrachi e Ventura le persone ideali per costruire un progetto importante. Facciamolo lavorare, non dimentichiamo quello che è stato, nel bene e nel male, ma ridiamogli quella fiducia che dieci anni fa avevamo elargito alla cieca. Come non può essersela meritata oggi, dopo un calciomercato di lusso e una squadra che da oltre vent'anni non iniziava la serie A con due vittorie?